Immagina che il mondo venga oscurato per un momento. E quando tutto torna alla normalità, ti ritrovi in una linea temporale in cui John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr non hanno mai formato i Beatles. Potresti provare a rintracciare il quartetto di Liverpool e sperare che quel fulmine colpisca ancora. Oppure potresti usare quest’occasione per riscrivere il catalogo completo dei Fab Four e rivendicarlo come tuo, guadagnando fama, fortuna e la possibilità di essere considerato il più grande cantautore di tutti i tempi.
Questa è la premessa di Yesterday, un prodotto leggero, divertente ed evasivo per gentile concessione di due pezzi grossi, il regista Danny Boyle e lo sceneggiatore Richard Curtis. Nella storia, il musicista in difficoltà Jack Malik – interpretato dall’attore britannico Himesh Patel, al suo esordio – subisce uno strano incidente mentre torna a casa in bicicletta da un altro concerto fallito nel Sussex. Quando le luci si spengono per 12 secondi, un autobus colpisce Jack, mandandolo in ospedale con due denti mancanti. Al suo risveglio all’appello però mancano anche i Beatles. Quando Jack chiede alla sua fedele, improbabilmente magnifica manager, Ellie (Lily James), “Will you still need me, will you still feed me, when I’m 64?“, lei risponde, sconcertata, “Perché 64?”.
E così via, con Curtis (Love Actually, Notting Hill) che fa affidamento sulla sua caratteristica miscela di sarcasmo e sentimentalismo. Jack tappezza la parete della sua camera da letto con post-it di ogni canzone dei Beatles che ricordi. E presto inizia a spacciare per suo il più grande canzoniere della storia della musica pop. Segue la superstardom, ma anche il senso di colpa.
Il film è grazioso quando Jack non riesce a ricordare i testi complicati di Eleanor Rigby, e i suoi genitori si annoiano davanti alla sua interpretazione di Let It Be. E punge quando Jack canta Yesterday e un amico discute che la ballata di McCartney sia la più bella canzone d’amore mai scritta. (“Non sono i Coldplay”, dice, poco impressionato. “Non è Fix You“). Scene del genere ti fanno desiderare che la sceneggiatura di Curtis abbia approfondito l’effetto che la musica dei Beatles avrebbe avuto sui millennial che la ascoltano per la prima volta. Eppure è un piacere quando Ed Sheeran interpreta se stesso, meravigliandosi davanti al talento cantautorale di Jack. Sfida il nuovo ragazzo in città a una competizione su chi riesce a scrivere una melodia in 10 minuti. Quindi Jack se ne esce con The Long and Winding Road e l’autoproclamato ginger geezer getta la spugna in maniera esilarante.
Tutto questo esercita parecchia pressione su Patel, che vince la sfida con modestia e innegabile talento. L’attore ha una voce dolce, più McCartney che Lennon, ed evoca i Beatles senza imitarli in modo pedissequo. Ad esempio la sua versione di di Help! ha in sé una disperazione che parla della situazione di Jack, e dice che sia lui che Ellie sono insegnanti di talento trascinati in carriere musicali per cui nessuno dei due è tagliato.
Patel e James interpretano la storia d’amore con toccante convinzione, ma mantenere alto l’interesse è un compito arduo. Ed è qui che arriva Boyle. Il regista premio Oscar, che si è fatto le ossa con film spigolosi come Trainspotting, dà al lungometraggio un’energia muscolare quando le cose minacciano di diventare troppo sdolcinate. Con l’aiuto del direttore della fotografia Christopher Ross (Black Sea) e del montatore Jon Harris (127 Hours), Boyle dà vita a quella che sarebbe potuta essere una tela statica. Il film fa alcune scelte sbagliate, come un terribile cameo a sorpresa verso la fine e una discussione inesplorata sul fatto che imitare i Beatles sia meglio di non avere i Beatles. Yesterday ha il suo cuore saldamente al posto giusto, ma manca la sfida di portarlo al livello successivo.