Blizzard è finita nelle ultime ore al centro di una grossa polemica per aver sospeso e penalizzato un pro-player di Hearthstone durante l’ultimo torneo Grandmasters dopo che questi aveva espresso il suo sostegno alle proteste di Hong Kong.
Il giocatore cinese Chung “Blitzchung” Ng Wai si è presentato in una diretta streaming del post partita indossando una maschera antigas e pronunciando la frase: “Hong Kong libera! La rivoluzione dei nostri giorni!”. Originario della città cinese che da numerose settimane è teatro di violenti scontri tra la polizia e i cittadini che protestano contro il governo del paese, Blitzchung si è visto revocare il suo premio in denaro guadagnato nel torneo e si è beccato una sospensione per un anno dalle competizioni eSportive di Blizzard. Non solo: l’azienda avrebbe anche cessato la collaborazione con i due streamer che lo stavano intervistando, che avevano rapidamente interrotto la trasmissione in seguito alla dichiarazione del giovane.
Anche se i termini del regolamento degli Hearthstone Grandmasters danno a Blizzard un virtuale potere di vita e di morte sui partecipanti, che può decidere di rimuovere dai tornei a sua totale discrezione, la reazione del web alla notizia della cacciata di Blitzchung è stata rapida e agguerrita.
Su Twitter è subito partito l’hashtag #BoycottBlizzard, che molti giocatori stanno usando in queste ore per annunciare la cancellazione dei loro account di Hearthstone, World of Warcraft e altri giochi dell’azienda. Il malumore serpeggia anche all’interno degli uffici della stessa, e alcuni dipendenti hanno coperto uno dei motti presenti nel cortile d’entrata della sede di Irvine che recita “Ogni voce conta”.
Oltre a un atto censorio nei confronti di una libera opinione di un giocatore, molti vedono nelle azioni di Blizzard l’ombra della mano di Tencent, azionista dell’azienda al 5%, e del governo cinese.
Questo senza contare che proprio in questi giorni la parent company Actvision sta cercando di ottenere i permessi necessari per lanciare Call of Duty: Mobile in Cina il che rende ancora più chiaro quali siano le ragioni (e la posta in gioco) dietro al comportamento della multinazionale americana.