Quando parliamo di realismo o immedesimazione in relazione a un videogioco, spesso ci stiamo esprimendo per suggestioni. Difficilmente chi si lancia in affermazioni di questo tipo tenendo un pad tra le mani sa davvero cosa significhi scendere in campo per una finale di Champions a San Siro, cercare manufatti antichi nella jungla del Borneo o ritrovarsi tra i proiettili che fischiano sul campo di battaglia. Ora, nel caso dei primi due esempi dovremo continuare a fidarci di chi parla di immersione, spesso gli stessi sviluppatori in fase di promozione; per quanto riguarda il terzo esempio invece, ovvero il rapporto tra realtà e giochi bellici, oggi ne sappiamo un po’ di più grazie al panel “Call of Duty: Modern Warfare: tra finzione e realtà” che ha visto protagonisti Bernardo Antoniazzi, sviluppatore per Infinity Ward, e Claudio Spinelli, ex incursore italiano.
Vestito per uccidere
Il rapporto tra realtà e finzione riguarda da vicino il lavoro di Bernardo, che si occupa dei sistemi di cattura e della creazione dei personaggi per la serie Call of Duty. Il suo ruolo, tuttavia, non si limita all’acquisizione dei dati di realtà da trasformare in elementi digitali, ma va molto più in là: inventando, ad esempio, nuovi strumenti tecnologici per svolgere sempre meglio il suo lavoro. Uno di questi è quella che ha battezzato “camera dei fotogrammi”, presente alle sue spalle nell’immagine di apertura: una cupola costellata da 160 macchine fotografiche che scattano all’unisono consentendogli di acquisire all’istante la raffigurazione tridimensionale del soggetto o dell’oggetto al suo interno. A quel punto, tuttavia, il lavoro è solo all’inizio. Arriva poi il turno della sfera di luce, che si occupa di rilevare conformazione e illuminazione dei materiali, quindi è il momento della fotogrametria, dopo di che altri strumenti di cattura applicano sporcizia e usura conferendo agli oggetti quell’aspetto vissuto che ci si aspetterebbe di osservare su un campo di battaglia.
Il risultato deve essere davvero incisivo se persino Claudio Spinelli, uno che di veri campi di battaglia ne ha calcati parecchi, ha ammesso di faticare a distinguere tra riprese reali e le sezioni giocate di Modern Warfare, mostrate in occasiona della conferenza nel pieno del loro splendore grafico su macchine munite di schede grafiche Geforce RTX 2080 Super fornite da Nvidia. Secondo l’ex militare italiano, i giochi moderni ambientati in zone di conflitto hanno invece ancora qualche problema dal punto di vista della narrativa. Il canovaccio, sulla base di quanto ha avuto modo di vedere, girerebbe ancora troppo intorno alla figura dell’eroe, del singolo militare che risolve la situazione. Un’eventualità quella del lupo solitario che non si verifica quasi mai nella realtà, dove nessuno si sognerebbe di mettere consapevolmente a rischio la vita di qualcuno senza fornire adeguato supporto. E quando si verifica un’azione eroica, spesso più per caso che per volontà, il protagonista è sempre pronto a dividere la gloria e i premi con i suoi commilitoni.
Adoro l’odore del napalm di primo mattino
Un limite di cui in Infinity Ward sono ben consapevoli e che, assicura Bernardo, provano costantemente a superare. Negli anni, il narrative team ha acquisito sempre più importanza all’interno dello studio e la parte di lavorazione che riguarda la stesura di una storia credibile, moderna e fondata sui presupposti della realtà si è fatta sempre più imponente. Per questo Infinity Ward si circonda di consultant, quasi tutti ex componenti delle forze speciali statunitensi, che contribuiscono non solo alla realizzazione delle trame, ma anche alla definizione delle situazioni e alla modellazione dei personaggi, del loro abbigliamento e del loro comportamento. Perché, pur non volendo essere un gioco politico, CoD: Modern Warfare di fatto lo è, e la geopolitica è un elemento da tenere in considerazione quando si inizia a sviluppare un gioco destinato a raggiungere la sua forma definitiva non prima dei tre anni: motivo per cui questa ultima incarnazione si svolge in Urzekistan, paese fittizio, ma che consente al team di sviluppo di dialogare ugualmente con i temi di attualità.
In chiusura di confronto, l’ex incursore Claudio Spienlli riflette su ciò che tuttora manca ai giochi bellici per riuscire a trasmettere le sensazioni che si provano in una zona di guerra e si concentra sull’olfatto. La guerra è fatta di odori, come quelli caratteristici del paese in cui si trovano, del cibo, della polvere, ma anche delle armi, della polvere da sparo, di ciò che brucia e di ciò che è bruciato. E poi l’adrenalina, che impregna i corpi: secondo Spinelli i soldati, in situazioni in cui non ci può certo fare docce o cambiarsi d’abito con frequenza, assorbono presto l’odore del luogo in cui combattono. Un’osservazione che ha colto di sorpresa Bernando Antoniazzi, che si è detto interessato alla possibili implicazioni, benché Infinity Ward non stia facendo ricerca in questo campo.