Vivere a Los Angeles nel 2019 significa che ogni due settimane vieni invitato in un posto dove vivono solo coyote e produttori esecutivi, e lì ascolti l’ultima cosa che Kanye West ha imparato studiando la Bibbia. Questa volta è il Libro di Daniele; questa volta è un’opera lirica; questa volta ci sono cani anti-bomba portati da un’azienda che promette “Protezione da Rischi con Gravi Conseguenze”. Riuscirò a dare un senso al sogno che ho vissuto?
Domenica sera l’Hollywood Bowl si è riempito di spettatori paganti e centinaia di performer reclutati da West, giovani uomini e giovani donne vestiti in abiti color crema. Nelle ore che precedevano lo show, alcune comparse si sono messe in fila nel parcheggio, dove hanno ricevuto delle Yeezys distribuite da un camion bianco in movimento (una donna armata di cuffiette grida numeri di scarpe: “39! 40! 41!”), altre hanno mangiato in un tendone ricoperto di cartelli che dicevano:
NON È CONSENTITO portare via il cibo.
NON È CONSENTITO chiedere una seconda porzione.
Il programma: Nebuchadnezzar (in italiano Nabucodonosor, ndt) un’opera concepita da Kanye West e messa in scena da una collaboratrice storica, l’artista italiana Vanessa Beecroft. Come prevedibile, il coro del Sunday Service è la spina dorsale della performance insieme ad alcune sezioni strumentali; la storia è mimata da attori vestiti esattamente come i musicisti, con l’eccezione di Sheck Wes, il rapper e modello, che indossa un abito blu e interpreta il ruolo del Re. West non sale sul palco prima dell’ultimo inchino e legge alcune sezioni del Libro di Daniele sottolineate nella sua Bibbia personale. L’evento è trasmesso in streaming in esclusiva su Tidal.
reading from the book of Daniel pic.twitter.com/GHmLTWa7iS
— ye (@kanyewest) November 25, 2019
Il Nabucodonosor delle scritture è Nabucodonosor II, re di Babilionia per più di 40 anni tra il VI e VII secolo avanti Cristo. Nel Libro di Daniele è dipinto come un sovrano arrogante che si sottomette al potere di Dio dopo che tre prigionieri ebrei si sono salvarti da una cremazione in una fornace, per poi sprofondare nella follia. Il materiale stampa che Def Jam ha inviato prima dello show dice che la storia racconta “la caduta di Nabucodonosor, da re autoproclamato e arrogante a vero credente che trova salvezza nella fede”.
Tredici anni fa, Kanye West era sulla copertina di Rolling Stone USA, il volto ferito e insanguinato, sulla testa una corona di spine. La foto venne scattata da David LaChapelle; l’immagine venne scelta al posto di una in cui “Kanye, vestito con un abito di seta, è in piedi accanto a Pamela Anderson a cavallo in topless mentre un clown svenuto indossa una maschera di George W. Bush e stringe una bottiglia di Jack Daniels”. Il titolo era La passione di Kanye West. L’articolo raccontava cosa è successo all’artista nelle settimane che precedevano i Grammy 2006, dove suonerà due canzoni e vincerà tre statuette: Kanye chiedeva a Macy Gray di cantare su un brano che stava registrando per la colonna sonora di Mission Impossible III; raccontava della sua dipendenza dal porno; descriveva la fama come “una serie di trovate alla David Copperfield”; mangiava zuppa di zucca; insoddisfatto, chiedeva a Keyshia Cole di reincidere la parte di Macy Gray per MI: III. L’immagine di copertina – cioè il parallelo con Gesù – non è mai stata nominata.
È davvero possibile ammirare l’opera messa in scena da West e concludere che il rapper sia così sottomesso al potere di Dio da convertire anche il più potente dei non credenti; è difficile, però, guardare lo spettacolo senza fare neanche un parallelo tra West e Nabucodonosor stesso. (È altrettanto difficile ascoltare Daniele 2:2 – “Il re fece chiamare i magi, gli incantatori, gli indovini e i Caldei perché gli spiegassero i suoi sogni” – e non pensare a Kid Cudi in volo per le Hawaii per registrare tracce-guida di voce).
Lo spettacolo, comunque, ha obiettivi impressionanti, ma è più facile ammirare il palco e i musicisti che immergersi nella storia; la messa in scena era statica e con un ritmo strano, e la lunga e improvvisata prima metà viene goffamente oscurata dal finale pieno di colpi di scena. Le porzioni musicali, come in tutti i progetti religiosi di Kanye, sono ben fatte e occasionalmente straordinarie; il rapper usa la musica del suo catalogo con giudizio, trasformando Say You Will e la sua coda orchestrale nel tema ricorrente dell’opera, e sistemando una volta per tutte Wolves.
Per quanto riguarda il rap, non sembra che West abbia provato più di tanto le sue rime: suonava più come un attore che aveva studiato la parte a memoria, suggerendo la giusta intonazione emotiva e cercando, contemporaneamente, di convincere il pubblico a credere alle sue parole. L’effetto complessivo è intrigante, forse perché la maggior parte delle voci registrate sugli ultimi dischi sembravano piatte e distanti.
È difficile sovrastimare quanto tutto questo sembrerà assurdo in futuro: il musicista più esposto e scrutinato del secolo, diventato povero acquisendo i diritti dei campionamenti e poi ricco vendendo scarpe, ha affittato una nota location all’aperto per mettere in scena un’opera che era poco più che una lettura del Vecchio Testamento, uno spettacolo a cui ha a malapena partecipato. Nebuchadnezzar non è un’opera d’arte efficace in senso stretto: troppo diluita per funzionare come spettacolo teatrale, troppo lineare per un’installazione da museo. Nemmeno la vendita del merchandise, un aspetto fondamentale di tutte le apparizioni di Kanye del 2019, sembrava particolarmente a fuoco.
Quando l’opera è finita, tra il pubblico c’era chi messaggiava e commentava quanto aveva visto, e anche chi apriva le braccia al cielo e si abbandonava alla preghiera. West non è il primo musicista talentuoso a rivoluzionare la sua carriera dopo un’illuminazione religiosa, ma le opere influenzate dalla fede di Dylan e di Prince non erano realizzate in modo tanto strano e confuso.