L’ascesa di Adam Driver | Rolling Stone Italia
Interviste

L’ascesa di Adam Driver

Non solo Kylo Ren nell'attesissimo capitolo finale di 'Star Wars', ma anche le prove magistrali in 'Storia di un matrimonio' e 'The Report': Adam Driver per Scorsese è il miglior attore della sua generazione. Senza dubbio è l'interprete dell'anno

Foto: Carlos Serrao per Rolling Stone USA

Era lì, l’attore che Martin Scorsese avrebbe poi descritto come “uno dei migliori, se non il migliore, della sua generazione”, vestito come uno spaventapasseri intergalattico, e si faceva strada su quello che sarebbe stato il set più grande che avrebbe mai visto (se solo fosse riuscito a vederlo attraverso l’elmo). Per Adam Driver, il privilegio di essere passato da vivere nel provinciale Indiana a lavorare al fianco di registi di film che un tempo noleggiava implica l’obbligo di “mettere tutte le tue energie in ciò che stai facendo”. Vuole valutare attentamente ogni opzione possibile, fare qualunque cosa serva a far sentire vivi i propri personaggi. Quel giorno di metà 2014, però, mentre girava la sua primissima scena per Star Wars: Il risveglio della Forza, Driver dovette rivedere le proprie ambizioni un po’ al ribasso.

Ai Pinewood Studios di Londra, circondato da uno squadrone di attori vestiti da Stormtrooper e da un X-wing Fighter Prop a grandezza naturale e con la vista quasi completamente ostruita da una versione del tutto sperimentale della maschera di Kylo Ren, Driver fu costretto a concentrarsi perlopiù su un problema pratico: non causare ferite mortali a una leggenda di Hollywood di ottantacinque anni. «La prima cosa che dovevo fare era uccidere Max von Sydow», spiega Driver, che avrebbe dovuto colpire violentemente la star dell’Esorcista con la sua spada laser. «Avevo in mano questa lunga spada e non vedevo nulla. Era il mio primo giorno e non volevo far fuori Max von Sydow. Per come la vedevo io, quella sarebbe stata la fine del film. Lo mancai per puro caso, perché mi muovevo praticamente alla cieca».

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Così andò il primo giorno da star del cinema di Driver. Da lì in poi, la strada è stata praticamente sempre in discesa e a tutta velocità, anche se dalle ore che passa ad allenarsi e dalla sua preparazione maniacale si direbbe che continua a sentirsi come uno che si muove alla cieca. «La cosa bella di fare l’attore è che non si smette mai di imparare. Ho 35 anni e non so ancora nulla di nulla», dichiara Driver.

Non è certo facile trovare un attore che sta vivendo un 2019 migliore. Driver ha passato la primavera e l’estate a Broadway, dove di sera perdeva le staffe in modo divertente e al tempo stesso straziante al fianco di Keri Russell in un revival di Burn This, opera teatrale molto prolissa degli anni ‘80, e chiuderà l’anno con tre film di seguito: The Report, in cui Driver interpreta Daniel J. Jones, che ha condotto un’indagine accusatoria sull’uso della tortura nei confronti di sospetti terroristi negli Stati Uniti; Storia di un matrimonio di Noah Baumbach, nel quale Driver interpreta un regista teatrale che vive un brutto divorzio dalla moglie Scarlett Johansson (andata a vivere sull’altra costa degli Stati Uniti) e la conseguente battaglia per la custodia del figlio; e Star Wars: L’ascesa di Skywalker, tra i più attesi di sempre, che lo vede concludere la trilogia nei panni di Kylo Ren.

Per Driver non è facile comprendere fino in fondo questo periodo trionfale, o forse lo fa apposta a non dare troppo peso alla cosa. «Spesso penso che da qualche parte ci sia qualcuno con una specie di acchiappamosche gigante. Sto aspettando che la realtà mi colpisca», dichiara l’attore. Si concentra in maniera pressoché maniacale sul suo lavoro e cerca sempre il modo più difficile di fare le cose (forse perché gli manca l’ambiente pieno di rischi della sua carriera di Marine). Per The Report, come spiega il regista Scott Z. Burns, ha «divorato» le 500 pagine della versione pubblica del documento che dà il titolo al film: «Non avrebbe detto una singola parola se non avesse saputo esattamente per quale motivo la stava dicendo». Baumbach, che collabora spesso con lui, afferma che Driver rende le sue battute «ancora più belle» e che gli ricorda «i caratteristi che sono diventati delle star negli anni ’70, come Pacino, Hoffman, De Niro. Insomma, i migliori attori di sempre».

Nessuno di loro ha mai pilotato un’astronave, ma Driver è se stesso al cento per cento anche nei panni del figlio di Han Solo e Leia Organa, ruolo per cui ha persino recitato un monologo all’elmo di Darth Vader. J.J. Abrams, regista del Risveglio della Forza e L’ascesa di Skywalker, e grandissimo fan di Driver, spiega che l’atteggiamento dell’attore tra una scena e l’altra «a volte può risultare sgradevole, perché è così concentrato che è davvero difficile trovare il modo di parlargli. È perché sta pensando, non perché è di cattivo umore». A quanto si dice, una volta, durante le riprese dello Star Wars originale, Mark Hamill si è lamentato perché Leia, Han e Luke avrebbero dovuto avere i capelli bagnati e in disordine nelle scene successive alla loro fuga dal compattatore di rifiuti della Morte Nera. Harrison Ford ha sorriso e gli ha detto: “Senti, non stiamo girando un film di quel tipo”. Per Driver, ogni film è “di quel tipo”.

Il martedì successivo il Labor Day, Driver è tornato a casa, nel quartiere newyorkese di Brooklyn Heights, dopo aver passato il fine settimana al Telluride Film Festival, dove ha ricevuto un Silver Medallion da Scorsese in persona. Ci incontriamo sul lungofiume, dove Adam si presenta con un cane marrone al guinzaglio. «Lui è Moose», dice a mo’ di presentazione ufficiale. Moose è un incrocio tra un rottweiler, una razza misteriosa e un pit bull, di cui il suo padrone è un tenace difensore. «Sono dei cani fantastici. Il problema è che hanno dei padroni di merda. Ecco perché sono cattivi», dichiara l’attore.

Cercando di descrivere l’aspetto fisico di Driver si potrebbe creare un sottogenere letterario. La definizione migliore l’ha data uno dei personaggi di Girls dicendogli che sembra “un criminale d’altri tempi”. La descrizione più cattiva e lontana dalla realtà l’ha fatta lo stesso Driver, che ha detto che da adolescente sembrava “un topo”. La cosa più sorprendente dei tempi in cui l’attore compariva perennemente a torso nudo in Girls è rimasta invariata: un corpo scolpito in contrasto con un viso che appare più “grezzo”, più soggetto al cambiamento; sembra quasi la bozza di una faccia, che si completa solo quando l’attore interpreta un personaggio.

Adam Driver. Foto: Carlos Serrao per Rolling Stone USA

Ho parlato con Driver diverse volte negli anni, l’ultima delle quali a luglio, nel backstage di Burn This. Quel giorno si sentiva quasi frastornato, perché a Broadway andava in scena l’ultima di una serie di acclamatissime repliche. Oggi, in un momento rubato tra vari festival e le riprese di un film a Bruxelles, lui e Moose se ne stanno tranquilli. Sono stravaccati davanti al panorama dell’East River e di Lower Manhattan, Driver su una panchina e Moose per terra con occhio vigile (a quanto pare è alla ricerca di cani bianchi, per i quali prova un certo disgusto). Driver ha degli occhiali da sole, una maglietta bianca con un taschino, un paio di pantaloni Dickies al ginocchio e delle Adidas basse. È visibilmente dimagrito rispetto a luglio: fa parte del cambiamento per la sua prossima parte.

La sua agenda piena di impegni comincia a farsi sentire: con la crescita del figlio, gli fa sempre più male lasciare lui e la madre Joanne Tucker, con cui Driver è sposato da sei anni. «Sto cercando di non lavorare tanto», dichiara l’attore. «Ora la posta in gioco è diversa: deve davvero valerne la pena, perché c’è da stare lontano per tanto tempo». Driver ha «problemi con il multitasking: mi concentro su una cosa e ne sono ossessionato finché non la porto a termine». Andava bene finché non è diventato padre, ora si sforza di trovare il tempo per «essere una persona».

Secondo Driver questa concentrazione «a volte può essere d’aiuto, ma consuma anche un sacco di energia». Il premio ottenuto al Telluride e le parole di stima di Scorsese l’hanno reso «felice», ma quando ne parla sembra quasi giù di corda. «Ho pensato subito: “Adesso devo dimostrare di essermelo meritato”».

Sia The Report sia Storia di un matrimonio hanno un significato personale per Driver. I suoi genitori hanno divorziato quando aveva sette anni e sua madre si è risposata con un uomo che poi è diventato un predicatore battista, ragion per cui Driver è cresciuto con sentimenti contrastanti sulla sua educazione e ha problemi con il padre ai quali preferisce alludere anziché affrontarli. The Report, invece, ha un punto di contatto sorprendente con la biografia di Driver: si è arruolato nei Marines dopo l’11 settembre, con l’intenzione di combattere proprio nella guerra degenerata nell’uso della tortura per gli interrogatori, tema sul quale il suo personaggio indaga per tutto ilfilm.

«Quando mi sono arruolato, non pensavo minimamente alla politica», spiega Driver. «Come tanti altri, avevo una gran voglia di fare qualcosa. Il nemico era nella mia testa, ma non aveva un volto. Sapevo solo di voler ripagare con la stessa moneta chiunque ci avesse attaccati. Venivo da un mondo che aveva fiducia nel governo e io ho riposto la mia nelle istituzioni. Non era troppo tardi per prendere una posizione».

Driver ha dovuto interrompere la sua carriera militare per aver tirato la corda al punto da restarci quasi secco. Una mattina, durante un periodo di addestramento a Camp Pendleton, a San Diego, l’attore e un suo amico saltarono l’allenamento fisico e il capitano ordinò loro di andarsene e di allenarsi da soli. Driver si era comprato una mountain bike e non ci mise molto a cadere da una scogliera. «È così che i marines passano il loro tempo libero», dichiara l’attore. «La maggior parte degli infortuni si verifica al di fuori della base. Vai a Oceanside e ti metti a fare a pugni, ti trovi a Tijuana con la guardia nazionale che ti dà la caccia, mentre sei al volante ubriaco come sempre. È un lavoro che richiede un sacco di adrenalina, così la sfoghi in altri modi». Si stava divertendo un sacco su quella scogliera, finché non ha preso una buca e il manubrio gli ha sbattuto violentemente contro al petto. Si è lussato lo sterno, che è andato a finire contro il pericardio, la membrana che circonda il cuore. Dopo l’infortunio Driver ha cercato di portare avanti la sua carriera militare, ma alla fine è stato congedato con onore. Si è sempre sentito in colpa per l’accaduto, ma poco tempo fa ha ricevuto un messaggio da un amico marine, che gli ha detto di smetterla di tormentarsi. «Mi ha aiutato a iniziare a non pensarci più», dichiara Driver.


Dopo il congedo dai marine, l’attore ha iniziato a frequentare la Juilliard School e un bel giorno si è presentato alle audizioni per una serie tv di HBO intitolata Girls. La creatrice Lena Dunham è rimasta affascinata dalla sua totale tranquillità. «Pensai: “A questo non frega un cazzo”, mi ha rivelato una volta Dunham. «È una persona eccentrica che non segue le classiche regole e al quale non interessa vivere secondo i principi altrui».

Pur non essendosi comportato esattamente da studente modello, in un certo senso Driver si è divertito alla Juilliard. «Eccome se mi drogavo», mi rivela quando gli faccio notare quanto sia divertente la sua entrata in scena sotto gli effetti della cocaina in Burn This, quando in realtà sembra una persona che non si è mai drogata in vita sua. «A vent’anni lo facevo, ma ora non più. Mi stanco solo a pensarci».

Adam Driver. Foto: Carlos Serrao per Rolling Stone USA

A febbraio, Driver era su un aereo che da Londra lo portava a casa e sembrava così intontito e stressato che un assistente di volo gli ha chiesto se stesse bene. L’attore ha risposto di sì, ma non ha spiegato a che cosa stava pensando: aveva appena finito di girare una delle ultime scene della trilogia di Star Wars – e quella che pensava fosse la scena finale dell’Ascesa di Skywalker nei panni di Kylo Ren – ed era corso subito all’aeroporto. «Tutti gli altri passeggeri dormivano, mentre io mi sentivo ancora frastornato», spiega Driver. «Questi film hanno fatto parte della mia vita per sei anni e, con tutta la strada che ho fatto, è difficile mettere la parola fine».

In più, come sempre, lo tormentava la paura di non aver fatto abbastanza riprese. «Sono pensieri assillanti. Sei finalmente seduto su un aereo e hai sei ore per pensare alla tua ultima scena. L’ho recitata bene? La battuta era giusta?».

Nel 2015, Driver mi spiegò che non aveva accettato subito di entrare nell’universo di Star Wars. «Ho dovuto pensarci un po’», raccontò l’attore. «Il fatto di poter rifare un film o rivisitare un mondo non implica necessariamente che lo si debba fare. Ho visto un sacco di produzioni ad altissimo budget sacrificare personaggi e storie in nome del puro e semplice spettacolo. Non avevo ancora letto la sceneggiatura, ma le prime parole di J.J. sono state sui personaggi e sulla storia. Questa cosa mi ha rassicurato, eppure mi restava comunque qualche dubbio. Sarò all’altezza? Sono un fan della saga, perciò non voglio mandare tutto a puttane. Paradossalmente sono state proprio le mie paure a convincermi a girare il film».

Allo stesso tempo, Driver non aveva ben presente il livello di notorietà che stava per raggiungere. Deve ancora capacitarsene e sta cercando di imparare da Bill Murray, il collega con cui spesso ha diviso il set, a sentirsi a proprio agio nei panni del divo. «Murray non lascia che la percezione che la gente ha di lui influenzi il suo modo di vivere», dichiara Driver, che odia essere perennemente al centro dell’attenzione. «Ha trovato il modo di non farsi condizionare dalla celebrità».

In ogni caso, a Driver non crea alcun problema il fatto che i bambini che abitano nel suo palazzo gli dicano “Buongiorno, Kylo Ren”, tanto da essersi portato a casa il suo costume, che conserva in una scatola nella stanza degli ospiti. «Se mi annoio a morte, me lo metto e faccio il giro del quartiere», scherza l’attore.

Kylo Ren è più giovane di Driver, e il fatto che la sua formazione non sia ancora completa contribuisce a renderlo un personaggio affascinante. Un ragazzo confuso e pieno di rabbia, radicalizzato da forze potenti ed erede di un trauma generazionale causato da un’epoca di guerra perenne, rappresenta una minaccia fin troppo credibile. Ma quando si percepiscono degli sprazzi di Ben Solo, prima del passaggio al Lato Oscuro, si intravede anche un personaggio inaspettatamente sensibile. Si vede dal momento in cui sembra sul punto di piangere quando ordina alla sua armata di scagliarsi con le proprie spade contro Luke Skywalker.

«È meglio avere un antagonista un po’ più vulnerabile», dichiara Driver. «È più facile immedesimarsi in lui, perché risulta più umano rispetto a uno psicopatico». Alcuni dei momenti migliori di Driver nei panni di Kylo sono caratterizzati dal silenzio, dal fatto che gli si legge il dolore negli occhi. «Le sue espressioni giocano un ruolo fondamentale», dichiara Kathleen Kennedy, presidente di Lucasfilm, che è stata la prima a fare il nome di Driver per il ruolo dopo averlo visto in una piccola parte sul set di Lincoln di Steven Spielberg, di cui lei era produttrice. «Kylo Ren è un personaggio davvero complesso: dà l’impressione che tutto quello che ha passato l’abbia danneggiato a livello psicologico».

Driver è così protettivo nei confronti del suo personaggio che, dopo l’intervista, mi ha telefonato per obiettare al fatto che avessi definito il suo personaggio “petulante”. Anche Kylo Ren ha un fascino oscuro, sebbene sia leggermente diverso da quello di Darth Vader. «È l’eroe che voglio vedere in film del genere», dichiara Baumbach. «Nonostante sia in un certo senso il cattivo, è stato eroico nella stanza rossa». Si riferisce alla scena de Gli ultimi Jedi, in cui Kylo affianca per breve tempo Rey, la Jedi alle prime armi interpretata da Daisy Ridley, sconfiggendo otto nemici in un battibaleno. «Non è tanto il personaggio, quanto piuttosto l’interpretazione e la presenza scenica», aggiunge Baumbach.

In scena c’è un’intesa innegabile tra Driver e Ridley, che lascia intuire un certo collegamento, forse perfino romantico, tra i loro personaggi. Per questo i fan sono impazziti, tanto che è nato un gruppo di promotori di una relazione tra i due, i cosiddetti Reylo. Un’obiezione comune, che sottopongo a Driver, è che Kylo ha fatto cose orribili: ha ucciso la maggior parte dei suoi compagni di addestramento Jedi, ha ucciso suo padre, ha quasi fatto fuori sua madre, ha ordinato agli Stormtrooper di ammazzare degli innocenti. E se ne andava persino in giro a torso nudo indossando dei pantaloni a vita alta! «Comprendo perfettamente le sue ragioni ma, pensandoci bene, uno che uccide tutti i compagni di addestramento non è il tipo di fidanzato che una ragazza presenterebbe ai genitori», spiega Driver. A dire il vero anche i Reylo riconoscono che Kylo deve redimersi prima che l’amore possa sbocciare.

Forse non si tratta di una vera e propria redenzione, ma Kylo Ren ha un destino ben preciso, l’ha sempre avuto. A tal proposito, Driver rivela che all’inizio lui e Abrams hanno parlato di un cambiamento interiore del personaggio che, almeno in parte, si realizzerà nell’Ascesa di Skywalker. «Kylo assomiglia a un bambino ricco e viziato che deve crescere» spiega Driver. «Segue il suo cammino alla ricerca di se stesso. Potresti essere stato costretto a uccidere tuo padre metaforicamente, o in questo caso letteralmente, per scoprire chi sei. Ma, per essere completamente te stesso, a un certo punto te la devi vedere da solo». L’attore abbozza un sorriso. «In fondo, però, non riusciamo mai a capire davvero chi siamo».

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