In Italia il “ballo di Maria” va avanti da anni ma negli ultimi tempi, complice il momento storico particolare, il mondo della politica e la giurisprudenza sembrano essersi messi particolarmente di impegno per favorire la confusione che già alberga nella testa dei cittadini. Per ogni passo avanti che viene fatto in Parlamento verso la definizione dei confini legali della cannabis light, per esempio, se ne fanno altrettanti indietro nel giro di mesi, se non settimane, e a fare le spese dell’impasse politico e culturale in cui siamo sprofondati sono gli oltre 10.000 coltivatori di canapa del nostro paese e gli altrettanti esercizi commerciali, che vorrebbero solo chiarezza sul proprio futuro.
Anche dal punto di vista scientifico, però, i segnali che arrivano sono spesso contrastanti. Se per esempio l’efficacia antidolorifica della marijuana in molti ambiti è ormai riconosciuta e la sua assunzione approvata dai medici a scopi terapeutici, la capacità generale della cannabis di migliorare o peggiorare le nostre prestazioni fisiche e mentali è ancora oggetto di studio. La questione interessa in particolare il mondo dello sport dove, non senza molti dubbi, si è deciso di proibire agli atleti l’assunzione di marijuana in vista delle competizioni (ma non come abitudine generale), in qualche modo avvalorando la tesi di chi sostiene che possa avere effetti dopanti.
Videogiocatori in erba
Se la cannabis nel mondo dello sport viene trattata come doping, era scontato che si sarebbe approdati a una simile decisione anche in quello degli eSport, con l’ESL che ha da poco deciso di includerla nell’elenco delle sostanze proibite, in linea con quanto previsto dalla World Anti-Doping Agency.
Tuttavia, al momento non esistono studi scientifici mirati che ci dicano se farsi una canna prima di giocare a Call of Duty possa renderci dei cecchini in erba e sì, stiamo facendo della facile ironia. Al momento gli unici riscontri ci arrivano dalle testimonianze dei videogiocatori presi singolarmente – pertanto dal valore scientifico nullo – e da alcune ricerche in qualche modo correlabili.
Partiamo però dalle conoscenze che ormai possiamo dare per assodate, perché portate alla luce da diversi studi nel corso degli anni. È stato dimostrato più e più volte, per esempio, che tra gli effetti della marijuana sull’organismo c’è quello di favorire il rilassamento riducendo l’ansia e lo stress, andando così a migliorare la fiducia in se stessi e i processi decisionali in generale. Sembrano plausibili, quindi, le dichiarazioni di diversi sportivi e pro-player quando affermano di avere l’impressione che fumare erba migliori le loro prestazioni: che sia effettivamente vero o meno da un punto di vista oggettivo, è molto probabile che si tratti di una loro percezione soggettiva.
Ma mentre i benefici ansiolitici e antinfiammatori sono principalmente legati alle proprietà del CBD (cannabidiolo, una delle sostanze contenute nella pianta della marijuana e che non ha effetti psicoattivi), l’altro principio attivo, ossia il famigerato THC (delta-9-tetraidrocannabinolo), ad alti livelli andrebbe a influire negativamente sulle facoltà cognitive e la capacità di concentrazione. Il THC è anche responsabile della sensazione di sballo causata dall’erba e, tutto considerato, l’effetto positivo che può indurre in combinazione con i videogiochi è l’intensificazione degli stimoli sensoriali, del fattore immersivo e, soprattutto, può farvi sembrare interessante anche la più estenuante e ripetitiva sessione di grinding su un gioco di ruolo a caso.
Un confine (s)fumato
Gli studi ci aiutano anche a capire perché il binomio erba-videogiochi è così popolare, dal momento che entrambi sono mezzi particolarmente validi quando si tratta di evadere dalle costrizioni e dai problemi della vita di tutti i giorni. Non è un caso, infatti, che buona parte della letteratura scientifica metta a confronto l’(ab)uso della cannabis e dei videogiochi (ma anche di Internet e dei social media, tanto per non farci mancare nulla) nell’ambito del discorso più generale sulle dipendenze, in particolare quelle che si sviluppano in età adolescenziale, quando il bisogno di fuggire dalla realtà può farsi particolarmente insistente.
In buona sostanza (e con questo abbiamo ufficialmente esaurito tutti i doppi sensi), per intraprendere una discussione seria sui reali effetti dopanti della cannabis si dovrebbe da una parte abbattere lo spauracchio morale che nel nostro paese, in particolare, impedisce a molti di assumere una posizione decisa nei confronti della questione, dall’altra è necessario ampliare lo spettro di ricerca a un numero di casi che permettano di approfondire meglio le reazioni, apparentemente contraddittorie, che i diversi componenti della marijuana provocano sull’organismo.
Se quindi speravate che fumarvi un paio di canne potesse magicamente trasformarvi in un pro-player di Street Fighter, purtroppo dobbiamo darvi una brutta notizia: per quello serve ancora farsi il culo alla vecchia maniera.