È considerato il padre della patria, avendo traghettato la Spagna dal regime franchista all’egida costituzionale. Ma Juan Carlos di Borbone, re emerito e padre dell’attuale sovrano Felipe VI, negli affari di cuore è stato un traditore sin dalla prima ora. A farne le spese la mite Sofia, nata principessa di Grecia, impalmata ai tempi dell’esilio, alla quale si unì in un fastoso matrimonio ad Atene, il 14 maggio 1962. Millecinqucento avventure ha collezionato el rey, secondo una stima redatta dalla biografa Pilar Eyre: si annoverano nobili e showgirl – pare che Juan Carlos abbia corteggiato anche Raffaella Carrà, che però lo respinse – donne comuni, cantanti e principesse. L’ultima accreditata, la bionda Corinna zu Sayn-Wittgenstein, era la sua ombra nei costosissimi safari in Africa.
Da quelle avventure, in tre occasioni sarebbero nati altrettanti eredi illegittimi, che da anni invocano risposte e intentano azioni legali – per ora finite nel nulla – contro la Zarzuela. I protagonisti di questa puntata sui figli illegittimi delle corti europee sono Marie Josée de La Ruelle, la nobile decaduta, Albert Solà, il cameriere di Girona, e Ingrid Sartiau, la fisioterapista belga. Tutti si dichiarano figli di Juan Carlos. Alcune delle loro pretese potrebbero oggi avere l’onore dell’esame giudiziario, dopo ciò che è accaduto in Belgio: i legali dell’ex re Alberto II hanno ammesso, dopo anni di battaglie, che il sovrano emerito è il padre biologico di Delphine Boël. Chissà se questo nuovo approccio, basato sulla trasparenza, farà da apripista.
Marie Josée de La Ruelle è una donna di 65 anni, portati senza la pretesa di invecchiare lentamente. L’età, se le sue parole rispondessero al vero, la trasformerebbe nella prima figlia assoluta di Juan Carlos e, fatto clamoroso, di Maria Gabriella, terza figlia dell’ultimo re d’Italia, Umberto. La signora oggi vive a Tolosa e crede fermamente nella verità che le hanno raccontato: è lei il frutto di un amore acerbo tra l’allora erede al trono spagnolo e la principessa di casa Savoia, che in effetti vissero una storia giovanile. «Sono nata il 16 aprile 1954 in Algeria, all’ospedale militare di Bilda, per i documenti figlia di nessuno», ha dichiarato Marie Josée in un’intervista esclusiva rilasciata a Gente nel 2014. «Mi diedero il nome di Brigitte Odile e mi avvolsero in biancheria con lo stemma reale». La donna ha raccontato di essere stata cresciuta da una coppia umile, il meccanico Marcel e la moglie Margherita, ma in agi e comodità che i due certamente non potevano permettersi. I denari arrivavano da un uomo che lei chiama zio Josè, un ricco pasticcere che vantava un’amicizia con il conte di Parigi, erede al trono di Francia, intimo dei Savoia. Fu lui, secondo il racconto che Marie Josée ha affidato alla stampa, a chiedere il favore: bisogna trovare una famiglia discreta per la creatura che Maria Gabriella, all’epoca poco più che 14enne, ha dato alla luce in gran segreto. Follia? Alcune tempistiche combaciano. Non v’è traccia di un viaggio della principessa in Algeria, ma durante i mesi della supposta gravidanza la figlia di re Umberto interruppe gli studi alla Scuola italiana di Madrid – anche Juan Carlos, sedicenne all’epoca dei fatti, viveva in un collegio della capitale – per tornare in Portogallo, dove la sua famiglia viveva in esilio. La liaison tra i due rampolli ebbe come collante proprio il Portogallo, dove anche i Borbone, allontanati dal trono, avevano stabilito la residenza. La storia fu interrotta per volere del Generalissimo Franco che già aveva individuato nel principe il suo successore e non vedeva di buon occhio una parentela italiana. Ma torniamo a Marie Josée. Per lei gli anni duri iniziarono con l’infanzia: in Algeria scoppiò la guerra e lei fuggì in Francia con i genitori che nel frattempo l’avevano adottata – e che le hanno instillato la certezza di ascendenze reali – e che morirono poco dopo, lasciandola sola. Passano i lustri, Marie Josée si sposa, mette al mondo due figli. Sa che è troppo difficoltoso mettersi in contatto con Juan Carlos. Poi incontra un avvocato, che la convince a scrivere ai Savoia. La presunta figlia desidera la prova del Dna, ma la legge francese vieta agli adottati di cercare i genitori. Lei non si arrende. Va a citofonare Maria Gabriella. Le viene detto di lasciar perdere, che la principessa non l’avrebbe ricevuta. Maria Gabriella smentisce qualunque, anche parziale, veridicità della vicenda. E la ricerca di Marie Josée si arena. Restano le somiglianze, incredibili. Soprattutto con Maria de la Esperanza, sorella della madre di Juan Carlos, la sua fotocopia. Ma non basta.
Se di somiglianze parliamo, questo l’asso di Albert Solà, identico a Juan Carlos. Vive a Girona e fa il barista. La sua storia è finita sui giornali e in Tv. Amici e colleghi lo chiamano Monarca: da primogenito maschio dell’ex re potrebbe vantare pretese sul trono. Nel 1956 viene abbandonato, frugoletto di due settimane, alla Casa de Madernidad. Sull’atto di nascita compare una dicitura particolare: chupete verde, ciuccio verde. Uno storico gli dirà poi che si tratta del simbolo apposto per segnalare i figli reali illegittimi. Il piccolo Albert viene affidato a una coppia con cui vive cinque anni sull’isola di Ibiza. Tornato più avanti sui luoghi dell’infanzia per ricostruire la sua storia, gli sarà raccontato che tutti i mesi una donna portava una busta con 900 pesos per il suo mantenimento. Una cifra considerevole per l’epoca. Morti i due affidatari, il bimbo viene riportato a Barcellona, finisce in una casa elegante dove «ricorda le coccole di una donna anziana», per poi essere adottato da due persone perbene, umili contadini che vivono nelle campagne di Girona e non avrebbero potuto permettersi auto e moto, che invece il giovane Solà riceve. Le anomalie in quella che doveva essere un’esistenza anonima proseguono: una strana licenza militare durante la leva per salvaguardarlo da pericolose esercitazioni; e poi, risultati contradditori sull’identità della madre. Un detective assoldato dall’uomo, mette un punto: Albert è figlio di Ana Maria Bach y Ramon, erede di una famiglia di potenti banchieri, che lo ha creduto morto, perché un neonato senza vita le fu messo tra le braccia dopo il parto. «Albert, probabilmente suo padre è un membro della famiglia reale», conclude l’investigatore. Solà ci vuole vedere chiaro. Nel 2001 presenta la prima istanza. Racconta che un giudice, davanti a testimoni, gli comunica la verità: è figlio di Juan Carlos di Borbone. Solà comincia a inviare lettere alla Zarzuela. Dalla residenza reale gli arriveranno, negli anni, anche 12 telefonate: un uomo, rimasto anonimo, lo chiama di tanto in tanto chiedendogli notizie e curiosità sulla sua vita. Albert sa che la Costituzione spagnola prevede l’inviolabilità del sovrano: non si può fare causa al re di Spagna. Ma i contatti rimangono. Nel 2007 l’uomo dice di essere stato prelevato dai servizi segreti catalani. Gli viene detto che suo padre lo ha sempre protetto, benché a distanza. Ma hanno bisogno di un documento audio in cui Albert si impegna a rinunciare a qualunque pretesa sul trono di Spagna. «Dissero anche che mio padre, senza mai farne il nome, aveva depositato il suo Dna, anonimo, per la prova della paternità. Risultato: compatibilità al 99 per cento».
A questo punto della storia entra in gioco Ingrid Sartiau, dieci anni più piccola di Albert. Nel 2012, in una sera qualunque, davanti alla Tv, scopre da sua madre che il re di Spagna è il suo vero padre. Una notte d’amore, una sola, durante una vacanza della donna in Costa del Sol, estate 1965, basta per concepire Ingrid. La donna, che sostiene di non aver avuto altri incontri sessuali fino alla nascita della bambina, aveva depositato a suo tempo una memoria presso un notaio raccontando la storia. Le prime ricerche su Internet portano Ingrid a contattare Albert. Fanno fronte comune. E intentano due cause parallele, dopo aver fatto il test del Dna da cui risultano, con altissime probabilità, fratelli da parte di padre. Ma la storia di Ingrid è apparsa più convincente ai giudici, tanto che lei ha potuto proseguire la vertenza, mentre la domanda di Solà è stata rigettata. Un secondo test del Dna smentisce però il primo esame. E allontana i due. Solà preferisce proseguire la vertenza. Per Ingrid si parla di un accordo con la casa reale per mettere a tacere la questione.
Dopo l’abdicazione di Juan Carlos, nel giugno del 2014, i giochi sembrano riaprirsi: caduta l’inviolabilità del sovrano, Juan Carlos potrebbe essere citato in giudizio. Condizionale d’obbligo: non vi sono precedenti. E i giudici spagnoli decidono di estendere l’immunità anche al sovrano emerito. La battaglia di Albert resta in piedi, ma è solo macchiettistica. Si è spinto troppo oltre: la vicenda del figlio segreto intriga, quella del re – barista rasenta la farsa.