Da questo lunedì la società cinese torna a funzionare a pieno regime dopo le lunghe vacanze – prolungate di dieci giorni – per il capodanno lunare. Intanto, il bilancio continua a salire (siamo a 1016 morti e oltre 40mila infezioni) ma gli sforzi del governo per impedire la diffusione del virus sembrano funzionare, con la malattia che rimane contenuta nella provincia dell’Hubei.
Ieri il presidente cinese Xi Jinping è comparso in pubblico con una mascherina, si è fatto misurare la temperatura e ha pronosticato una “piena vittoria” sul coronavirus, assicurando che l’epidemia non comprometterà il mercato del lavoro né costringerà il governo a rivedere le proprie priorità in termini di stabilità economica e sociale.
Dietro queste affermazioni c’è però una questione che finora è stata poco affrontata: l’impatto che l’epidemia di coronavirus in Cina avrà sull’economia globale. L’aspetto sanitario dell’emergenza, infatti, già grave di per sé e ulteriormente aggravato dal panico e dagli allarmismi delle ultime settimane, è solo un lato del problema.
Stando quanto riporta il New York Times, moltissime grandi aziende multinazionali che hanno la produzione in Cina o che fanno affidamento sul mercato cinese per le vendite si stanno già accorgendo dei rischi. Apple, Starbucks e Ikea sono state costrette a chiudere temporaneamente i loro negozi in tutta la Cina. I centri commerciali cinesi sono deserti, le fabbriche automobilistiche di marchi come Toyota e General Motors posticipano le scadenze di produzione, le compagnie aeree internazionali cancellano i voli per la Cina – la compagnia aerea di Hong Kong Cathay Pacific ha messo 27mila dipendenti in una “licenza” non pagata di tre settimane.
Stando a una previsione di Oxford Economics, per colpa del virus la crescita dell’economia cinese nel 2020 sarà del 5,6% e non del 6,1% come ci si aspettava. La crescita globale rallenterà dello 0,2% assestandosi su un modestissimo 2,3% – il valore più basso dalla crisi economica del 2008. Lo scorso 2 febbraio, alla riapertura dei mercati dopo le vacanze per il capodanno lunare, la borsa cinese è calata dell’8% e la banca centrale cinese è stata costretta a iniettare 173 miliardi di dollari di liquidità d’emergenza nel sistema finanziario.
Anche se da un punto di vista sanitario il nuovo coronavirus sembra essere relativamente meno pericoloso della SARS, il suo impatto economico rischia di essere decisamente peggiore. Questo perché rispetto al 2002, quando le fabbriche cinesi erano la manifattura del mondo e producevano tonnellate di beni di consumo a basso costo per le esportazioni, la Cina oggi è diventata uno dei centri dell’economia globale, dominando la produzione di componentistica più avanzata per le industrie di smartphone, computer e automobili. Allo stesso tempo, la Cina è diventata anche un enorme mercato con un miliardo e mezzo di clienti.
La nuova emergenza arriva inoltre sulla scia della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, le due più grandi economie del mondo. Diverse multinazionali hanno cercato di evitare i dazi statunitensi spostando la produzione in altri paesi come il Vietnam. Finora l’impatto del coronavirus è stato limitato dal fatto che l’epidemia è esplosa durante il capodanno lunare cinese, quando molte aziende sono chiuse per ferie, ma se dovesse continuare con la stessa intensità potrebbe paralizzare il mercato del lavoro cinese e il trend potrebbe accelerarsi – con tutte le conseguenze del caso sulla già fragile economia mondiale.
“Se questa cosa va avanti per altri quattro mesi, stiamo parlando di un grosso problema”, ha detto al New York Times Jim Silver, direttore di TTPM, un sito di ricerche di mercato. Dopo la SARS l’economia cinese aveva rallentato per diversi mesi prima di riprendersi in modo rapido e netto. Non c’è ancora modo di dire se succederà di nuovo una cosa del genere, ma una cosa è certa: le conseguenze di ciò che succederà in Cina saranno sentite in tutto il mondo.
Per quanto riguarda l’Italia, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha detto che “al momento è difficile fare delle stime”. Come riporta la La Stampa, ieri mattina il premier Giuseppe Conte si è incontrato con diversi ministri (della Salute, dell’Economia, degli Esteri e degli Interni) per affrontare sia il lato sanitario che il lato economico dell’epidemia. Sono a rischio 13 miliardi di esportazioni ed è già stato annunciato un piano per sostenere l’export con un fondo da 300 milioni di euro.