Un mese di quarantena che è stato pesante e ci sta facendo cedere mentalmente, fuori è primavera, la fase 2 con le prime riaperture che potrebbe cominciare a breve: è normale che si inizi a pensare a cosa succederà dopo – e in questo caso “dopo” c’è l’estate, quindi il pensiero diventa: ma allora andremo al mare? E se andremo al mare, come?
Oggi è arrivata una prima, possibile, parziale risposta: inscatolati come filetti di tonno in scatole di plexiglass che circondano ogni singolo ombrellone.
È il progetto di un’azienda di Modena che, ci informa il Corriere della Sera, in questi giorni “rimbalza nelle chat dei titolari degli stabilimenti balneari della Riviera Romagnola” insieme a una serie di render di quello che dovrebbe essere il risultato finale che sono sinceramente distopici, usciti da un romanzo di Orwell in cui al posto del Grande Fratello c’è Capitan Findus.
“L’idea nasce con il duplice scopo di proteggere ma anche di far ripartire le attività. Secondo noi può funzionare. Già siamo al lavoro per realizzare gli schemi per banche, farmacie e così abbiamo pensato di estendere il lavoro anche alle attività commerciali”, ha spiegato a Repubblica Claudio Ferrari, proprietario dell’azienda Nuova Neon Group 2 che si è inventata questa cosa.
La buona notizia è che è però improbabile che il progetto veda la luce – almeno a giudicare da quello che è stato il pacato commento di chi nelle spiagge ci lavora, come il presidente regionale del sindacato degli operatori balneari dell’Emilia-Romagna Simone Battistoni, a cui cederei la parola perché ha detto tutto quello che c’è da dire al riguardo: “Questa è pura follia. Se una persona vuole andare in carcere fa una rapina piuttosto che venire al mare in uno di quei box”.