C’è Donald Trump seduto su un water dorato all’inizio del secondo atto di The Central Park Five, l’opera che ha vinto il Pulitzer 2020 per la musica. Scritta dal compositore Anthony Davis con un libretto di Richard Wesley, The Central Park Five è stata premiata in quanto «opera lirica coraggiosa, caratterizzata da una scrittura vocale potente e da un’orchestrazione delicata, che trasforma abilmente un famigerato caso d’ingiustizia in una storia di empatia e speranza».
Rappresentata per la prima volta nel giugno 2019 alla Long Beach Opera, The Central Park Five racconta la storia vera dei cinque ragazzi, un afroamericano e un ispanico di età compresa fra i 14 e i 16 anni, che nel 1989 furono accusati ingiustamente di stupro e aggressione di una donna che faceva jogging a Central Park. La jogger, Trisha Meili, 28 anni, restò in coma per 12 giorni. Il caso fece scalpore e l’allora immobiliarista Donald Trump fu protagonista una chiassosa campagna mediatica per chiedere l’introduzione della pena di morte per i cinque. Comprò una pagina sui principali quotidiani newyorchesi e andò in tv a dire che li odiava e che non se ne vergognava perché l’odio avrebbe portato a prendere decisioni giuste.
Le confessioni dei ragazzi furono estorte dalla polizia. Nel 2002 uno stupratore seriale confessò il delitto e la prova del dna scagionò gli accusati. Le condanne furono annullate e alcuni anni dopo i cinque hanno ricevuto un indennizzo. La vicenda è al centro anche di un documentario di Ken Burns e della serie Netflix di Ava DuVernay When They See Us del 2019 che ha riportato il caso sui media americani. Interrogato a proposito da un giornalista, l’anno scorso Trump si è detto ancora convinto della colpevolezza dei cinque di Central Park.
Anthony Davis non è nuovo a lavori che affrontano temi contemporanei. Tra le sue opere ci sono X: The Life and Times of Malcolm X e Tania, ispirata al rapimento di Patty Hearst. Nella sua musica è particolarmente evidente l’influenza della musica jazz, che in The Central Park Five si fonde al modernismo. Davis era una pianista classico quando si è innamorato del jazz. È accaduto a Torino, dove insegnava il padre professore universitario, ascoltando un disco di Thelonious Monk. “Stando in Italia ho capito che cosa significa essere afroamericano e ho compreso la nostra musica. Ho capito che la musica classica per pianoforte che suonavo era scritta da bianchi europei. Ho preso coscienza di voler essere quel che ero”.
La storia del compositore si è brevemente intrecciata con quella di una grande rock band. Nel 1971 Davis era uno studente a Yale che la sera suonava con un gruppo jazz influenzato da Bitches Brew di Miles Davis. I Grateful Dead lo videro suonare e gli chiesero di entrare nel gruppo. I genitori gli imposero di continuare a studiare e perciò rifiutò malincuore l’offerta.