Forse vi ricorderete del Codacons per le sue polemiche con Fedez e le donazioni contro il coronavirus che in realtà non erano contro il coronavirus. Bene, l’associazione di categoria è tornata a far parlare di sé un’altra volta, e ancora una volta l’ha fatto sfruttano in modo inopportuno l’attenzione mediatica che si concentra sul tema del momento. In questo caso, il ritorno in Italia di Silvia Romano dopo la sua liberazione.
Il Codacons ha infatti presentato un esposto alla Corte dei Conti riguardo al “presunto riscatto pagato” per la liberazione di Romano, costituendosi anche “parte lesa in rappresentanza della collettività” nell’indagine aperta dalla Procura di Roma sul caso. “Ovviamente salvare i nostri connazionali è un obbligo per lo Stato Italiano,” spiega il Codacons in un comunicato stampa sul suo sito, “e siamo tutti lieti per la liberazione di Silvia Romano, ma il pagamento di un riscatto in favore dei rapitori potrebbe rappresentare un reato non solo penale ma anche contabile”.
Questo perché, dalle prime dichiarazioni di Silvia Romano “sembrerebbe non sussistere la condizione che il codice penale richiede, ossia reale minaccia di morte imminente. Va accertato poi se la stessa potesse muoversi liberamente nei luoghi dove veniva portata senza che i servizi, pur informati, abbiano mai tentato come fatto altre volte di liberarla, se inoltre la Romano abbia liberamente scelto di abbracciare la religione dei suoi rapitori convertendosi all’Islam, e se vi fossero i requisiti per il pagamento di un riscatto”, prosegue il Codacons. E aggiunge: “In tale contesto, se confermato, il versamento di denaro in favore dei rapitori rappresenta comunque una pesante sconfitta per lo Stato Italiano e possibili reati sia penali che contabili”.
Tradotto: ovviamente salvare i nostri connazionali è un obbligo e siamo contenti per il ritorno di Silvia Romano, ma a quanto dice non stava poi così male in Somalia in mano a dei terroristi, quindi non dovevamo pagare e dovevamo lasciarla lì. Bravissimo Codacons, anche oggi hai fatto parlare di te.
Il Codacons, tramite l’avvocato Giuseppe Ursini, ha inviato alla redazione una breve replica all’articolo. Eccola: