Pochi giorni fa, le autorità sanitarie della Mongolia hanno diffuso la notizia che due persone – un pastore e un ragazzo di 15 anni – si sono ammalate di peste bubbonica, in una zona al confine tra Mongolia, Russia e Cina. Subito sono scattate procedure sanitarie quali l’isolamento delle persone che sono state a contatto con gli ammalati e il divieto di cacciare e mangiare le marmotte, ritenuti il possibile ospite del batterio che causa la peste.
Successivamente, un caso di peste è stato segnalato anche in Cina – nella regione della Mongolia interna. In questo caso, come riporta il Post, il malato è un pastore residente nel villaggio di Bayannur, al confine con la Mongolia, che attualmente si trova in isolamento in ospedale ed è in condizioni stabili. Anche in Cina sono scattati i protocolli sanitari, con 146 persone messe in quarantena e un’allerta di terzo livello che durerà fino a fine anno.
Ovviamente, vista anche la pandemia di coronavirus in corso in tutto il mondo, le notizie su questi pochi casi di peste sono stati accolti dai media e dall’opinione pubblica italiana con una certa preoccupazione. Complice anche la storia della peste, che nella percezione è l’epidemia per antonomasia dopo che nel ‘300 ha ucciso circa 50 milioni di persone in tutto il mondo. La realtà nel 2020 però è molto meno preoccupante: in primis perché la peste oggi è curabile con una diagnosi veloce e dei comuni antibiotici, in secondo luogo perché non è che la malattia sia mai veramente sparita. Casi sporadici hanno continuato a esserci nel corso degli anni, senza per questo portare mai a un’epidemia vera e propria.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 2010 al 2015 si sono registrati nel mondo oltre 3mila casi di peste bubbonica, con 584 morti. I Paesi dove la malattia è più diffusa – in cui è praticamente endemica – sono Madagascar, Repubblica Democratica del Congo e Perù, ma compare anche di tanto in tanto in Paesi più sviluppati. In media ogni anno se ne registrano 7 casi negli Stati Uniti. Trattandosi di una malattia portata dalle pulci di roditori e altri animali di piccola taglia la sua incidenza è maggiore dove questi sono più presenti.
Anche in Mongolia (e nella regione cinese della Mongolia interna) la peste non è così rara. Solo lo scorso maggio in Mongolia una coppia era morta di peste dopo aver mangiato il rene crudo di una marmotta, a cui sono attribuite proprietà terapeutiche. E le marmotte sono proprio la fonte principale di contagio di peste nella regione: almeno uno degli ultimi due contagiati in Mongolia potrebbe aver contratto la malattia da questo animale.
In conclusione, almeno per ora e nonostante tutte le precauzioni del caso già prese dalle autorità sanitarie, per il momento non c’è rischio di una nuova epidemia di peste bubbonica che ci costringa a chiuderci nelle ville in campagna a raccontarci novelle come nel Decameron.