Sta facendo (un po’) discutere un articolo di Rolling Stone USA in cui la nostra rivista consorella nota che le charts americane del primo semestre 2020 mostrano un pronunciato calo di ascolti per gli album incisi da femmine (con l’astuto giro di parole: “Le donne sono sottorappresentate”, che tende a scagionare il pubblico).
In Italia la situazione è così da un bel po’ e ce ne siamo (quasi) fatti una ragione. Se negli USA c’è perlomeno una donna in top 10 (Billie Eilish), l’unica ragazza presente nella nostra top 10 semestrale di quest’anno è rigorosamente accompagnata dal fidanzato: è Sofì dei Me Contro Te, con il loro fortunato Fantadisco. L’anno scorso nessuna donna è entrata nella top 10 degli album più venduti, e solo Giordana Angi ed Emma Marrone sono state al primo posto, per un totale di 50 n. 1 maschili in un anno. In questo 2020, per soli sette giorni c’è stato un n. 1 femminile, quello di Lady Gaga. Per fare un confronto, la Francia ha visto tre donne nella top 10 complessiva del 2019 (Angèle, Lady Gaga, Aya Nakamura, per tacere della componente femminile del duo Vitaa & Slimane). Sempre tre donne nelle prime dieci posizioni nel Regno Unito (Lady Gaga, Billie Eilish e Ariana Grande), e due in Germania (Sarah Connor e Andrea Berg). In Italia il calo dei cd e la crescita dello streaming hanno da tempo mascolinizzato le vendite, e inevitabilmente molte artiste italiane a fronte del lockdown hanno preferito rimandare l’uscita per non rischiare di rimanere schiacciate.
Il dato affascinante è però quello degli stranieri. Qualcuno glielo deve dire: non sanno più fare musica. Dev’essere per questo, evidentemente, che gli italiani ascoltano solo i loro connazionali. Siamo in una situazione che ricorda gli anni prima del rock’n’roll, i 50s di Nilla Pizzi e Achille Togliani. In questo primo semestre non c’è l’ombra di un forestiero nella top 20 FIMI degli album più ascoltati. E non è una particolarità del particolarissimo 2020: l’anno scorso nella top 20 di fine anno c’erano solo due nomi non tricolori: Queen al n. 10 e Billie Eilish al n. 15 con When We All Fall Asleep, Where Do We Go? che è ancor oggi il primo degli album non indigeni, al n. 21 della graduatoria semestrale.
Negli USA al contrario nella classifica omologa sventolano due bandiere canadesi (chi conosce gli americani, sa quanto la cosa li irriti), una sudcoreana (BTS) e volendo, una portoricana (Bad Bunny). Quello del Regno Unito è un caso a parte: finché si canta in inglese si è ben accetti, quindi una top 20 piena di americani e canadesi non stupisce molto, e in questo modo persino qui i BTS sono riusciti a strappare un n. 20: da noi, chi non parla italiano non ha niente da dirci.
Apparentemente, l’Italia è insieme alla Francia il Paese più in linea con le stime della major più grande del pianeta, la francese Universal Music Group, che in questi giorni ha rivelato che nel 2019 i suoi proventi sono stati generati per il 61% da artisti “local” – anche se, curiosamente, l’album più venduto del 2019 in Francia secondo la SNEP è della belga Angèle. La percentuale indicata dalla casa discografica del gruppo Vivendi è in aumento costante ma era già al 59% nel 2016. Universal è per la cronaca anche il gruppo che per primo ha sollecitato le proprie filiali europee a spingere il rap locale, quindi il tutto contiene anche un che di profezia autoavverante. In questo momento, nove dei primi dieci album nella nostra classifica sono italiani e l’unico straniero, come nel più beato dei sogni sovranisti, è uno straniero morto (Juice WRLD). Nel 2019, nella top 100 italiana c’erano solo sedici artisti internazionali (e altrettanti nella metà inferiore). Per completezza, aggiungiamo che di quei 100 album, più della metà (il 52%) era pubblicata o distribuita dal gruppo UMG.
Per quanto riguarda i singoli, in compenso, la tendenza è meno pronunciata: nel 2019 ci sono state due canzoni straniere nella top 10 annuale, entrambe portoricane: Calma e Con calma, come a sottolineare che c’è un’esigenza diffusa di calma, ma il nostro popolo nervosetto non ne produce. Nel primo semestre 2020 però ci sono addirittura cinque brani internazionali tra i primi venti, guidati da Blinding Lights di The Weeknd. Va detto che nessuno dei cinque è uscito quest’anno, e questo è il dato dal quale traspare con maggiore evidenza la già ricordata peculiarità del 2020. Comunque, l’arrivo delle hit estive sistemerà tutto: già il podio dei singoli in questo inizio di luglio è costituito da tre di quegli azzeccatissimi tormentoni italiani dei quali tutta la nazione va fiera.