L’esordio di Billie Eilish When We All Fall Asleep Where Do We Go? era pieno di voci. C’erano la ragazza che guarda in faccia le proprie paure, la virtuosa che osserva il mondo da una certa distanza, la tipa capricciosa e pericolosa, l’adolescente che fantastica sulle relazioni. E c’era una voce vagamente jazz che ricordava le dive d’un tempo filtrate dalla sensibilità contemporanea di Lana Del Rey. Ma se quest’ultima usa quella voce per evocare storie di vulnerabilità tipiche delle cantanti jazz del Novecento, Eilish la utilizza per i suoi racconti più intimi.
È la voce che tira fuori nel nuovo singolo My Future, registrato nello studio casalingo di Finneas e scritto in quarantena nell’arco di un paio di giorni, mentre la pioggia cadeva su Los Angeles. Non che faccia differenza dal punto di vista musicale. Eilish è un’eccezione in un mondo di canzoni costruite in catene di montaggio virtuali con materiali sonori assemblati da produttori, beatmaker, topliner, autori dei testi, facilitatori vari. Non lei. È come se avesse sempre lavorato in quarantena, costruendo il suo peculiare mondo sonoro in casa, col fratello Finneas. Attorno a questo DIY da cameretta ha costruito un mito.
Il lockdown fa la differenza nel tema della canzone. «L’abbiamo scritta all’inizio della quarantena», scrive la cantante in una e-mail indirizzata ai fan. «È una canzone molto personale e speciale. Esprime il mio stato d’animo nel momento in cui l’abbiamo composta: speranzoso ed eccitato, con una gran voglia di riflettere su me stessa e di crescere».
La musica di My Future è riflesso e commento delle parole: inizia quando Eilish attacca e finisce poco dopo l’ultima frase. C’è qualcosa di struggente nel modo in cui Eilish canta. E c’è una sorpresa: a metà canzone il mondo di suoni scuri ed evanescenti che accompagna la voce lascia spazio a un ritmo quasi disco, con tocchi di chitarra appena accennati che fanno molto anni ’70. Ma è una discoteca casalinga e Eilish balla da sola. E si basta: “So che dovrei sentirmi sola, so che dovrei essere infelice senza una persona a fianco, ma non sono io stessa una persona?”.
Ecco cos’è il futuro misterioso e seducente di cui canta Eilish: l’incontro con sé stessa. In un mondo di canzoni d’amore, in cui la felicità è trovata solo nel rapporto con un’altra persona, Billie Eilish canta il potenziale della solitudine. Anche My Future è una canzone d’amore, ma per sé stessi, per il proprio io proiettato nei giorni che verranno. “Sono innamorata del futuro, non vedo l’ora di incontrarla”, canta al femminile. E insomma, Eilish parla di sé: “Sono innamorata, ma non di altri. Voglio solo conoscere me stessa”.
Oltre a essere una canzone sulla virtù della solitudine, sul ballare da soli, sull’innamorarsi di sé, My Future è anche un pezzo motivazionale a cui le circostanze hanno dato un significato collettivo. Evoca un futuro non spaventoso, come quello che siamo abituati a pensare, ma carico di promesse. «Devo continuare a ricordare a me stessa che il futuro è nostro», scrive Eilish in quella e-mail. «Facciamo di tutto per renderlo migliore, per chiunque stia al mondo, per il mondo stesso. Studiamo, diventiamo consapevoli di ciò che ci circonda. Guardiamo avanti. Continuiamo a lottare per ciò che è giusto. Andiamo a votare. Prendiamoci cura della Terra. Lottiamo per le vite dei neri. Non dobbiamo fare altro che essere migliori. Sta a noi cambiare le cose. Non solo per noi, ma per le generazioni future».
Solo, ci vorrà un po’ di tempo. Eilish chiude la canzone con una frase dal significato incerto: “Ci vediamo fra un paio d’anni”. Dopo queste parole, la musica svanisce rapidamente. È un finale spiazzante. Probabilmente vuole essere un messaggio positivo: vedrete che finirà, ci vorrà del tempo, ma finirà. Eppure quel “ci vediamo fra un paio d’anni” lasciato in sospeso ha qualcosa di perturbante. E anche questo fa molto Billie Eilish.