Questa settimana ho seguito una masterclass sulla galanteria nei rapporti eterosessuali. Da bisessuale con un passato etero disastroso, non ho mai avuto tanta fortuna con le donne e, proprio per questo, ho sentito il bisogno di un aiuto concreto da parte di professionista dell’argomento.
Girovagando nell’internet, tra suprematismi e bomberismi, ho intuito che per raggiungere risultati con la specie femminile è necessario emanciparsi a vero uomo, figura mitica a cui vengono conferiti poteri fisici ed economici sovrannaturali e privilegiati. E soprattutto, biologici. Nelle mie continue ricerche antropologiche ho inteso che la trasfigurazione di questa figura nella società odierna è il (t)rapper. Il (t)rapper è l’archetipo della nuova mascolinità, eternamente ribadita dall’ostentazione materiale di automobili, denti d’oro, orologi diamantati. E femmine. Per questo era evidente che il mio maestro avrebbe dovuto essere un (t)rapper.
Una pagina Instagram di meme. Il fotogramma di una ragazza sbigottita con la caption “Quando siete fuori e lui ti dice: “Sarebbero 26,50 a testa, ma dammi 25 e basta dai”. Sotto il commento del mio futuro mentore, con oltre 16 mila like e 1200 commenti di risposta: “Comunque la parità dei sessi penso si riferisca ai diritti, ciò non può essere a discapito della galanteria. Pagate la cena alle vostre donne, zecche”. Buongiorno Emis Killa, salve maestro.
Da qui il flash: ero forse un uomo-zecca? Ho indagato quindi l’atteggiamento che si cela nel termine cardine della filosofia del mio mentore, la galanteria. Secondo il dizionario Treccani, la galanteria è gentilezza ostentata e cerimoniosa verso le donne, dimostrata nelle parole, nell’atteggiamento e nei gesti, come comportamento occasionale o abituale. Ostentata e cerimoniosa non sono i termini migliori per descrivere la personalità dell’archetipo (t)rapper? Tutto tornava con facilità.
Continuando nei miei studi, sono quindi giunto al Galateo overo de’ costumi, il primo trattato sulle norme convenzionali per il comportamento sociale, redatto nel 1558 da un uomo di chiesa, monsignor Giovanni Della Casa. Un non-zecca deve quindi seguire la parola del Signore? Infondo il mio stesso maestro, il Saggio Killa, in una sua story ribadiva che – nonostante le polemiche – non avrebbe cambiato idea su quell’ormai celebre commento “nemmeno davanti a Dio”, schierandosi anche lui con il più grande amico e sostenitore del sesso femminile: Dio.
E così venne il verbo: “Sono sconvolto da tutti i taccagni che mi stanno prendendo a parole. La vostra donna vi mollerà per un vero uomo, mezze seghe. Buona giornata.”. Poco da fare, l’uomo vero ha da puzzà e da pagà! Solo seguendo queste indicazioni sarei potuto diventare un vero uomo, figura mitologica a metà tra il primate e l’Übermensch nietzschiano. Dal girone delle mezze seghe sarebbero stati esentati solo “i marmocchi che vivono con la paghetta e al limite possono andare al McDonald’s”, mentre per tutti i peccatori, rei di non aver pagato ogni cena alla propria donna di proprietà, il destino era l’inferno, l’inbox del Supremo Killa: “tutti gli altri hanno la loro tipa che mi sta scrivendo nei DM, dissandoli per i braccini”.
Forse però quello che ho sbagliato in tutti questi anni è stata proprio la tipologia di femmina. Il Grande Killa avverte che la sua filosofia si adatta solo “quando una femmina è meritevole”; non c’è rispetto per le grattone per le quali il Sommo prova solo rancore, avvisando noi discepoli con parole limpide e cristalline che non lasciano spazio all’interpretazione, “[alle grattone] non dovete offrirgli manco la scorza del grana”. No formaggi alle grattone, chiaro.
Penso di aver imparato abbastanza in questa mia prima masterclass tenutasi nei commenti del libro sacro di Instagram, nel vangelo secondo @PastoriziaNeverDiesReal. Ho compreso che il maschio deve ambire ad essere vero uomo perché altrimenti nel suo essere mezza sega perderà la propria donna nel girone informale dei messaggi privati del Killa. Il vero uomo possiede, ordina, gestisce, esprimendo la propria superiorità. Il vero uomo dimostra per non essere scambiato per zecca. E la donna è accessoria al successo del vero uomo poiché ne è un possedimento; non può emanciparsi in questa relazione. Affermandosi renderebbe l’uomo un non-vero-uomo, quindi mezza sega, quindi zecca. Un disastro per il cuore di questa filosofia. Pregherei dunque la specie femminile di non scombussolare questo pensiero, sarebbe un discreto sbattimento dover imparare un’altra scuola di pensiero in queste bollenti settimane d’agosto. Anche perché i ruoli son chiari e non si devono variare, “se smezzate il conto sei un taccagno, tanto vale che se scoppia una rissa ti difenda la tua ragazza.”
Ora il mio problema è solo quello di fare un pacco di soldi, questa filosofia mi sembra costosa nonostante la prima lezione online totalmente gratuita. Speriamo che qualcuno verrà ad offrirmi la cena, altrimenti faticherò a pagarmi il pacchetto delle prossime lezioni di galanteria. E se pensate che seguendo il verbo del t(rapper) io abbia preso una deriva patriarcale, citerò le parole che l’Eterno ha pronunciato per liberare le menti da altre possibilità apparizioni di verità: Non rompetemi i coglioni, zecche.