Air Force One (1997) di Wolfgang Petersen
La prima vicepresidente donna, se non della storia, del cinema. O, quantomeno, la più celebre. È Glenn Close a dare il volto a Kathryn Bennett, ovvero il braccio destro del presidente James Marshall (Harrison Ford: anche lui unforgettable) preso in ostaggio da un gruppo di terroristi kazaki sul suo aereo di Stato. Sarà lei a gestire le operazioni di salvataggio dalla Situation Room della Casa Bianca. Mantenendo sempre la calma, nonostante tutto. Kamala può prendere appunti per il futuro: soprattutto quando, nei prossimi mesi, dovrà occuparsi con Joe della questione Donald…
West Wing – Tutti gli uomini del presidente (1999-2006) di Aaron Sorkin
Tra i vice del migliore presidente mai visto sullo schermo, vale a dire Josiah “Jed” Bartlett (Martin Sheen), il primo è quello a cui siamo ancora oggi più affezionati. John Hoynes (interpretato da Tim Matheson) è il senatore texano battuto dallo stesso Bartlett nella corsa alla nomination democratica per la presidenza. Poi, una volta che avrà vinto le elezioni, Jed lo sceglierà come suo “secondo” (nelle prime quattro stagioni: cioè la prima legislatura): resterà un antefatto cruciale, per i loro scambi confezionati dal fenomenale Aaron Sorkin. Fino all’impeachment finale: per questioni di letto, of course.
W. (2008) di Oliver Stone
Nel biopic grottesco (e sottovalutato) che Oliver Stone ha dedicato a quello che, prima di Trump, sembrava il peggior presidente della storia degli Stati Uniti, è il grande Richard Dreyfuss, già premio Oscar nel 1978 per Goodbye amore mio!, a vestire i panni del vice Dick Cheney. Se George W. Bush (Josh Brolin, che ha sostituito le prime scelte Harrison Ford e Christian Bale) è un bifolco salito al potere solo in quanto figlio di papà, Cheney è la figura che sembra più umana e comprensibile, nella compagine sconclusionata (ma per questo più vera del vero) messa in scena. Anche Dreyfuss non era la prima scelta: il ruolo era stato offerto a Robert Duvall, che però lo ha rifiutato. Ma pare che anche Dreyfuss e Stone non abbiano esattamente legato durante le riprese.
Scandal (2012-2018) di Shonda Rhimes
Nel thriller politico by Shondaland sulla fixer Olivia Pope (Kerry Washington) che se la fa con il neo-presidente, di vice se ne susseguono diversi, colpo di scena dopo colpo di scena. In principio fu la bigottissima (e stronzissima) Sally Langston (Kate Burton), che affianca Fitz Grant (Tony Goldwyn) nel primo mandato, assume la carica di presidente pro-tempore quando lui viene ferito e poi diventa la conduttrice di un talk politico. Dopo la conferma alla Casa Bianca, Fitz sceglie l’amico Andrew Nichols (Jon Tenney), amante della first lady nonché dietro il rapimento della stessa Olivia, amante di Mr. President. Molto bene. Poi è la volta della più ruspante Susan Ross (Artemis Pebdani). E vi risparmiamo tutti gli altri twist (e gli altri vice) quando la first lady Mellie Grant (Bellamy Young) diventa Madam President.
Veep (2012-2019) di Armando Iannucci
“Madam Vice President non è più un personaggio di fantasia”, ha twittato Julia Louis-Dreyfus, nel pieno delle celebrazioni per la vittoria democratica. Perché anche nella serialità una vice donna c’è già stata: era la sua Selina Meyer in Veep, per cui l’attrice si è portata a casa ogni premio possibile (tipo sei Emmy consecutivi). La satira, scritta da Armando Iannucci, seguiva la veep nella quotidianità del lavoro mentre provava a volare alto, ma poi restava regolarmente vittima di giochetti di potere di bassa lega. «Selina Meyer odierebbe Kamala Harris», ha detto l’attrice in un’intervista domenica. «Odierebbe la sua intelligenza, sapere quanto piace alle persone, quanto è popolare. Quindi non penso che le darebbe consigli. O forse sì, magari nel cuore della notte e se è un po’ ubriaca…». Ah, poi Selina nella serie diventa presidente. Così, per dire.
House of Cards (2013-2018) di Beau Willimon
La scalata di Frank Underwood da capogruppo di maggioranza al Congresso allo Studio Ovale, passando ovviamente per la vicepresidenza, è storia della tv. E continuerà ad esserlo anche dopo la caduta (nella vita) di Kevin Spacey, che toglietegli pure premi e nomination, ma resta comunque l’unico al mondo a poter interpretare quella sete di potere, quello spietato talento per la manipolazione e a poter rompere la quarta parete, parlando sprezzantissimo con lo spettatore. Cambiare le carte in tavola, corrompere, ferire, uccidere: non c’è nulla che Underwood non sia pronto a fare quando la posta in gioco è la Casa Bianca. E l’algida moglie Claire (Robin Wright) non è da meno. Quando il marito si candiderà alla presidenza, lo ricatterà per diventare il suo vice, fino agli sviluppi della stagione finale. Senza Kevin.
Vice – L’uomo nell’ombra (2018) di Adam McKay
Altro giro, altro Cheney. Cui dà volto (e venti chili in più) Christian Bale, al quale, come dicevamo, era stato curiosamente offerto da Oliver Stone il ruolo di Bush Jr. in W. dieci anni prima. Meglio così (per lui): il ritratto del vicepresidente più contestato della storia recente gli è valso un Golden Globe e una candidatura all’Oscar. Le altre sono andate a Amy Adams, alias la moglie Lynne, a Sam Rockwell (lo stavolta “non protagonista” Bush) e a film, regia (Adam McKay), sceneggiatura, montaggio. Ha vinto ovviamente per il trucco: praticamente un Tale e quale show.