Palma di Maiorca, bellissima. Caldo, mare, energia. Non solo una città per le vacanze, ma un luogo dove nascono campioni su due ruote. Negli ultimi anni quell’isola si è trasformata nella culla dei talenti del Motomondiale dando i natali a Jorge Lorenzo, Luis Salom e Joan Mir, il nuovo campione del mondo di MotoGP.
La stagione del maiorchino è stata incredibile: ha vinto un mondiale alla sua seconda apparizione nella massima categoria delle due ruote e soprattutto a soli 23 anni, meglio di lui in pochi. Ma il vero fenomeno di questa vittoria non è Joan Mir, o meglio, il pilota ha sempre una grande fetta di meriti perché la moto a 300 km all’ora e con il naso che odora l’asfalto ce lo mette lui, ma c’è un personaggio che dietro le quinte ha lavorato duramente per arrivare a questo risultato. Un uomo che sa come si vince e sa come si gestisce un team che lotta per quell’obiettivo. Un uomo che per tanti anni ha goduto, ha rischiato, ha vinto insieme a Valentino Rossi. Il team manager che è riuscito a interrompere l’egemonia Honda proprio con il Dottore e che oggi si ripete con Mir, il mago di queste impresa è il brianzolo Davide Brivio.
Senza nulla togliere a Joan Mir, il vero protagonista di questa vittoria mondiale è il team manager Davide Brivio che ha preso poco più di una manciata di stagioni fa la Suzuki sotto la sua ala con unico obiettivo: crescere. Certo, la crescita non prevedeva un titolo mondiale così presto sul ruolino di marcia, ma è arrivato nell’anno più strano, più difficile e meno prevedibile che la storia del Motorsport ricordi. E per questo non deve essere identificato come un titolo fortunato, immeritato, ma anzi deve ancor più farci capire come la grande capacità di Brivio di accettare le grandi sfide e poi di vincerle. Nessuno, e davvero, nessuno. Avrebbe mai puntato un euro sulla vittoria della Suzuki – se non come battuta, come momento di ilarità – che invece torna sul gradino più alto del podio vent’anni dopo l’ultima volta. Quando a vincere il titolo dell’allora classe regina, la 500, fu l’americano Kenny Roberts Junior, davanti a un giovanissimo Valentino Rossi.
Vent’anni dopo è cambiato tutto. È cambiato il mondo, anche quello delle moto. Dalla 500 alla MotoGP, passando per l’egemonia Honda e poi quella di Yamaha, con Brivio e con il sempre vincente Valentino Rossi. Poi l’arrivo di Jorge Lorenzo, Marc Marquez e oggi, il Motomondiale celebra un altro spagnolo, Joan Mir. Una scuola, quella iberica, che sta diventando sempre di più quella da battere. In MotoGP, ad esempio, l’ultimo a vincere il Motomondiale a non essere nato su suolo spagnolo è stato Casey Stoner, il fenomeno australiano, nel 2011. Nove anni di egemonia spagnola, in pista, ma nei box un po’ di italianità c’è sempre stata e anche in questa stagione dietro le quinte la bandiera che sventola è quella tricolore, aspettando, con grande passione che altri grandi campioni italiani possano essere all’altezza dei fenomeni spagnoli, ma fino a quel momento, applaudendo i vari Rins, Espargaro, Marquez e ovviamente Mir, ci godiamo un po’ questo brianzolo dall’animo buono, il viso allegro, l’occhio lucido, la passione che freme e in bocca la completa assenza di polemica. Godiamoci Davide Brivio, la vera stella della MotoGP.