Kublai è un disco nuovo, ma fuori dal tempo. È un concept album i cui protagonisti sono due amici, forse il Kublai e il Marco Polo che appaiono nel video di Orfano e Creatore. Alla fine, uno dei due si toglie la vita.
È l’album d’esordio di Kublai, il nuovo progetto di Teo Manzo, autore di testi e musiche. Ha esordito come solista nel 2015 con Le Piromani e ha partecipato allo spettacolo De André 2.0. Nel disco è affiancato da Filippo Slaviero, co-autore delle musica e produttore. Kublai è un ibrido tra canzone d’autore ed elettronica, con echi di progressive. È cantautorato progressive, se vi piace la definizione.
Il disco uscirà domani, 4 dicembre. Lo potete ascoltare qui in anteprima. Sotto, trovate la copertina e un testo in corsivo di Teo Manzo, che descrive l’album come «fieramente inautentico, artificiale, agli antipodi rispetto all’inflazione di sincerità della musica contemporanea». Buon ascolto.
Due amici escono di casa e passano una notte insieme. Come il Kublai Khan e il Marco Polo di Calvino, parlano fittamente, forse tra i fumi dell’alcol, forse in una città non diversa da Milano. Alla fine di questa nottata uno dei due deciderà di togliersi la vita.
Quando iniziai a scrivere questo album (a quattro mani con Filippo Slaviero) lo feci pensando a un amico, che all’epoca stava molto male. In molti mi hanno chiesto se questo disco fosse autobiografico, se parlasse di suicidio, e perché mai una scelta tanto lugubre e deprimente. La mia risposta è rimasta sempre la stessa: i dischi non parlano! La musica, quand’è appiattita sulla sola comunicazione, quando parla e straparla addosso all’ascoltatore, non mi interessa più.
La voce di questo disco, piuttosto, si rivolge a qualcuno che sta all’interno del disco stesso, per accusarlo, poi perdonarlo, poi supplicarlo di restare con lui, di non abbandonarlo. Ci sono senz’altro elementi autobiografici ma, da un punto di vista artistico, Kublai è un disco fieramente inautentico, artificiale, agli antipodi rispetto all’inflazione di sincerità della musica contemporanea. Non vuole dire la verità, vuole dire la bugia più bella possibile, quella che si dice a qualcuno che amiamo quando sta male.
Ma poi, soprattutto, Kublai è tutt’altro che un disco lugubre. È un disco frizzante e magmatico, è palingenesi. È l’inizio di un percorso, nel ricordo di un amico.