Se vi dicessimo che c’è un produttore italiano che molto probabilmente non avete mai sentito nominare, ma che ha già ottenuto un disco di platino in Australia e Stati Uniti – dove, lo ricordiamo, la certificazione prevede la vendita effettiva o equivalente di un milione di copie, a differenza delle nostre 50 mila – oltre che milioni di streaming in tutto il mondo, forse non ci credereste. E se vi dicessimo anche che il produttore in questione ha appena 21 anni ed è nato e cresciuto ad Acerra, nella famigerata Terra dei fuochi, la notizia vi suonerebbe ancora più surreale. Eppure è proprio così: Kina, questo il suo pseudonimo, ha sbaragliato ogni pronostico con la sua Get You the Moon, una malinconica e delicata canzone in bilico tra la musica elettronica e il lo-fi, nata quasi per caso due anni fa.
Grazie al successo di quella canzone oggi è sotto contratto con la Columbia Records americana, un caso più unico che raro in un mercato discografico come quello italiano, che fatica a esportare i suoi prodotti, figuriamoci a coltivarli direttamente oltreoceano. Quando lo raggiungiamo via Zoom a Lisbona, dove ormai vive stabilmente, neanche lui sa spiegarsi esattamente quale sia il suo segreto. «Non ho mai trovato una risposta a quello che mi è successo, anche se ci ho riflettuto tantissimo. È difficile immaginare concretamente che un miliardo di persone abbiano ascoltato una tua traccia». Il numero non è un’approssimazione per eccesso, se ve lo state chiedendo.
Kina ha iniziato a fare musica prestissimo. «Mi sono avvicinato al mondo dell’elettronica già a 4 o 5 anni, quando andavo in macchina con mio padre e lui ascoltava M2O», racconta. «Già a 8 anni ho scaricato il primo software per produrre, FL Studio (all’epoca si chiamava Fruity Loops, nda), che uso tuttora. A 11 ho cominciato a pubblicare su SoundCloud le mie prime canzoni, che erano robe progressive o electro-house. Per me quella piattaforma è come una squadra primavera di calcio: un contesto in cui gli artisti cominciano a caricare le prime cose e procedono per tentativi». Aveva scelto questo sound soprattutto perché gli sembrava che fosse quello che valorizzava di più la figura dei produttori. «Poi, però, ho capito che i miei gusti andavano in altre direzioni, verso il pop o la musica chill: generi in cui il nome del produttore spesso non appare neanche». Così durante le scuole superiori, in un periodo di difficoltà personali e familiari, comincia a esplorare quel tipo di sonorità, «quasi per sfida. Così è nato il progetto Kina».
Curiosamente, Kina parla spesso di sé (o meglio, della sua musica) in terza persona. «È che ho un carattere molto diverso, rispetto a quello che emerge dalle mie canzoni. Nella realtà sono molto timido, ma quando mi metto davanti al computer per produrre è come se mi trasformassi. Kina è uno che ha il coraggio di dire tutto ciò che pensa e prova, non come me. Si esprime in musica, ma riesce a comunicare perfettamente i suoi sentimenti. E mi aiuta a liberarmi».
Quei sentimenti oggi sono nelle cuffie di tutti, e a fare sì che ciò succedesse è stata proprio Get You the Moon, la sua prima hit, nonché la più famosa. «Dopo averla pubblicata su SoundCloud l’ho girata a vari network di YouTube, tra cui The Bootleg Boy, che è un canale molto seguito». Era abbinata a un video di Homer Simpson che guarda le stelle seduto sul cofano della sua macchina, che ormai è diventato quasi un meme. «Da lì è scoccata la scintilla: la gente ha iniziato a innamorarsene. Così ho cercato un distributore per caricare quella canzone e un paio di altre su Spotify e arrivare ad ancora più persone. Non avevo appoggi o contatti, ma all’improvviso mi sono reso conto che i miei brani venivano aggiunti alle playlist editoriali più prestigiose, senza che io avessi fatto niente». Come spesso accade ultimamente, la goccia che fa traboccare il vaso è TikTok: «C’erano challenge su challenge con Get You the Moon in sottofondo, che la portavano a fare anche un milione di play al giorno. Ero morto di felicità e di stupore, non capivo cosa stava succedendo».
A questo punto della storia sono passate un paio di settimane dall’uscita del brano, che è diventato virale. «A quota 21 milioni di streaming circa, ho cominciato a ricevere mail da un sacco di major americane, che volevano mettermi sotto contratto. Ho scelto la Columbia perché il loro roster è quello che ammiro di più: voglio diventare come Harry Styles e Pharrell Williams!», ride. Ha bisogno di un manager e si rivolge a Paola Zukar, perché «è riuscita a portare in Italia un genere musicale che non c’era, il rap, e mi sarebbe piaciuto fare la stessa cosa con il chill pop». Altre sue canzoni bissano il successo della prima, come Can We Kiss Forever?, anche se per ora con risultati meno stratosferici. Quello di Kina, però, resta un percorso in costante ascesa. «Con Can We Kiss Forever? non mi sono limitato a produrre, ma ho scritto anche una parte del brano, mentre per Get You the Moon la parte cantata era stata scritta da Snøw, un artista americano che ho scoperto e contattato tramite i social. Abbiamo collaborato a distanza, in maniera molto spontanea. Per la mia musica è quasi sempre partito tutto da Internet: non mi ero mai spostato negli Usa fino a quando non ho firmato il contratto con la Columbia».
Oggi Kina non guarda più di tanto all’Italia, in termini di potenziale bacino di pubblico. «È chiaro, è il mio Paese e mi resterà sempre nel cuore», esclama. «Purtroppo, però, vedo che qui le cose arrivano sempre dopo, e il mio genere ancora non esiste. Forse l’unico altro produttore italiano che fa quello che faccio io è Fudasca». Ci ha tenuto però ad ambientare nella sua Acerra la mini-serie Asleep in a Dream, disponibile sul suo canale YouTube ufficiale, che racconta la sua storia fino a qui con un breve episodio alla settimana.
«Credo sia Acerra ad avermi dato la carica e lo sprint per raggiungere i miei obbiettivi», riflette. «È la provincia più profonda, ci sono meno stimoli e lavoro, e se nasci lì hai una marcia in più: ti dà una motivazione per andartene e spaccare il mondo, non perché non ti piace il posto in cui sei nato, ma perché vuoi dare qualcosa di più alla tua famiglia e a te stesso». E anche a chi resta, si augura. «Anche se non conto ancora niente, lotterò per cambiare le cose, perché non è normale che in una città di 60 mila abitanti ci siano così poche possibilità. Vorrei che la gente capisse che, anche se vieni dal posto più piccolo e dimenticato da Dio, puoi arrivare ovunque. Devi fregartene di chi ti critica e di chi ti scoraggia, e puntare solo al tuo obbiettivo». Che al momento è quello di pubblicare un album, a cui sta lavorando proprio in questi mesi. «Non posso svelare più di tanto, ma sono davvero emozionato, perché ci sono tante collaborazioni con artisti che ammiro tantissimo». E perché no, in fondo: dopo averci portato la Luna, è legittimo aspettarci che ci porti anche le stelle.