C’è una foto dell’insurrezione di ieri al Campidoglio degli Stati Uniti che mostra un uomo con un cappello di pelliccia e la faccia dipinta in piedi nell’aula del Congresso. L’uomo si chiama Jake Angeli, è un aspirante attore dell’Arizona, ed è noto come “lo sciamano di QAnon”. È uno dei complottisti più famosi del giro di QAnon, e si presenta regolarmente alle manifestazioni pro-Trump vestito in quel modo. QAnon – per chi ancora non lo sapesse – è una teoria del complotto secondo cui un anonimo esponente di alto livello dell’amministrazione Trump posta su internet spiegando che esiste una cabala di pedofili legati al Partito democratico che controlla il Paese e che Trump sta cercando di far arrestare e giustiziare.
Il significato della foto in questione è ben chiaro a chi ha passato anni a seguire l’ascesa dell’estremismo su internet, guardando con orrere mentre una serie di narrative bizzarre molto diverse tra loro – l’adrenocromo che ringiovanisce, il traffico di bambini, la resurrezione del figlio di JFK – si mescolavano e contribuivano a generare un clima prono alla violenza reale. “QAnon ha motivato e guidato i fatti di oggi”, ha scritto su Twitter Travis View, host del podcast QAnon Anonymous, postando la foto di Angeli fiero nell’aula del Senato, senza maglietta e con un’aria di trionfo. Il reporter del New York Times Kevin Roose ha fatto eco a questo sentimento, sottolinendo che anche se non tutte le persone che hanno fatto irruzione nel Campidoglio ieri erano adepti della teoria del complotto, “tutto questo non sarebbe successo senza QAnon, i politici e le figure dei media che gli hanno dato credito e le piattaforme che l’hanno amplificato”.
The Q Shaman's real name is Jake Angeli.https://t.co/ZclUgnPMcy
— Travis View (@travis_view) January 6, 2021
Ora l’immagine di Angeli – un uomo che fino a ieri era considerato un pazzo isolato che credeva a una teoria del complotto assurda – sta andando virale su quelle stesse piattaforme dopo che ha preso il controllo di uno dei luoghi simbolo degli Stati Uniti. Se non altro la foto è stata la prova (per tutti tranne che per i supporter di QAnon, si intende, che stanno affermando che quanto avvenuto ieri sia stato opera di Antifa infiltrati) che finora abbiamo sbagliato a considerare Angeli e quelli come lui come personaggi marginali e folkloristici. La sicurezza troppo rilassata di fronte al Campidoglio, le piattaforme come Twitter e Facebook che per anni non sono state in grado di prendere provvedimenti contro le teorie del complotto, il discorso di Trump di mercoledì ccon cui ha incoraggiato apertamente la folla a insorgere: tutto questo è personificato nella foto di Angeli, che mostra a milioni di americani che non è lui quello strano – siamo noi.
Da quando è emerso come variante della teoria del complotto di estrema destra del Pizzagate alla fine del 2017, QAnon si è evoluto in modo complesso – tanto che c’è chi lo considera non come una teoria del complotto ma come una nuova religione. Ciò è in parte dovuto alla pandemia e all’isolamento che ha causato, costringendo le persone a stare in casa e esponendole a contenuti complottisti su internet – spesso passati nel mainstream in forme occultate come la campagna #SaveTheChildren della scorsa estate, in cui un hashtag contro il traffico di bambini è stato trasformato nel veicolo di diffusione delle teorie del complotto. Ma è anche dovuto all’atteggiamento del presidente Trump e al suo rifiuto (reiterato) di condannare QAnon, al suo aver amplificato più volte sui suoi canali social influencer legati al movimento, al suo aver appoggiato politici come Marjorie Taylor Greene, eletta al Congresso ed esponente della teoria complottista.
Nei giorni successivi alle elezioni, mentre i risultati diventavano sempre più sfavorevoli a Trump, molti si sono chiesti se i sostenitori di QAnon – la cui fede ruota tutta intorno al fatto che Trump rimarrà presidente per distruggere i suoi nemici di sinistra – avrebbero reagito con la disillusione e abbandonando il movimento. È successo l’esatto opposto, in parte grazie allo stesso Trump che ha promosso la falsa idea che le elezioni siano state falsate. Per usare il linguaggio degli stessi sostenitori di QAnon, che spesso si riferiscono a loro stessi come a persone che fanno luce su mali a lungo nascosti dalla società, di fronte alla luce della realtà gli estremisti di destra che popolano il movimento hanno scelto di non andarle incontro ma di girarsi e sprofondare ancora di più nelle tenebre – e Trump ha contribuito a farli optare per questa scelta.
Ci sono diversi responsabili a cui addossare le colpe degli eventi di ieri. I gruppi estremisti cripto-fascisti come i Proud Boys, il cui leader è stato arrestato lunedì; la polizia che proteggeva il Campidoglio e che, come hanno fatto notare in molti, avrebbe agito in modo molto diverso se si fosse trovata di fronte i manifestanti di Black Lives Matter; e ovviamente il presidente stesso, la cui reazione iniziale all’insurrezione violenta è stata quantomeno blanda. “Andate a casa. Vi vogliamo bene. Siete molto speciali. So come vi sentite. Andate a casa in pace”, ha detto Trump ai manifestanti.
Ma la vera responsabilità non è di una persona o di un gruppo di persone, ma di un’idea. L’idea che si possa considerare una falsa credenza come qualcosa di stupido che rimane confinato alle bolle social o a qualche angolo oscuro di internet. Per anni, mentre QAnon cresceva nell’oscurità, alcuni membri dei media erano cconvinti che parlarne apertamente avrebbe solo consentito agli adepti di trovare una piattaforma per diffondere le loro idee. Era meglio, si pensava, lasciare che restassero nei loro angoli di internet finché non fossero scomparsi. Ma il fatto che un’idea sia falsa non vuol dire per forza che scomparirà. Che non ispirerà persone a rapire bambini, attaccare la diga Hoover, assaltare il Campidoglio. Qui non si tratta di chiedersi se abbiamo il lusso di ignorare idee come QAnon – i buoi sono già belli che scappati. Trump potrà avere ancora solo 14 giorni da presidente, ma aveva già detto che avrebbe fatto buon uso del potere che gli rimaneva. Era solo questione di tempo prima che persone come Angeli rispondessero alla chiamata.
Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US