Ci sono brani che, al primo ascolto, ci piacciono più di altri. Aurelia dei Tersø è uno di questi. Con la sua produzione elettronica dosata e una costruzione melodica e testuale che si inscrive nel filone decennale dell’indie italiano, Aurelia è un brano che funziona, che gira, mettendo in mostra la densità stilistica dei Tersø (Marta e Alessandro).
«Aurelia è un racconto personale che abbiamo cercato di riportare in maniera più ampia, in modo da parlare a diverse esperienze e persone. Ora riesco a emozionarmi anche per cose più semplici. È come se, con l’andar del tempo, io sia sempre più spinta verso la semplicità», ci racconta in videochiamata Marta, voce e autrice del duo.
A livello testuale Aurelia e i Tersø sono l’evoluzione di un percorso iniziato dieci anni fa con artisti del panorama indie come L’Orso e L’Officina della Camomilla (per intenderci il mondo che ruotava attorno a Garrincha Dischi) e che aveva fatto dell’utilizzo colloquiale della quotidianità post adolescenziale un escamotage narrativo fruttifero. È in questo percorso, con la dovuta distanza temporale, che i Tersø raccontano i loro brani come «rivoluzioni sussurrate all’orecchio con le Nike consumate ai piedi».
Il video di Aurelia, diretto da Marco Jeannin, gioca è un post moderno gioco di contrasti, su una narrazione a più livelli dove un performer all’interno di uno spazio vuoto e oscuro balla tra proiezioni in scena e sovrapposizioni in post produzione. «Il video è un mix di riprese che abbiamo fatto noi in vari momenti, all’aperto, quando si poteva stare senza mascherina e respirare. Il regista invece ha montato queste nostre riprese sulla performance di un performer in uno spazio chiuso, buio, come a indicare il momento di chiusura totale. Abbiamo giocato su questo contrasto».
Aurelia è il primo estratto del nuovo disco della band, Iperfamiglia, in uscita il 29 gennaio per Vulcano. «Iperfamiglia è una parola che è stata molto utilizzata durante il primo lockdown quando c’è stata quella discussione pubblica sui congiunti, su chi fossero e quale grado di parentela dovessero avere. Iperfamiglia è l’insieme di quei legami che abbiamo nella nostra vita, ma che non sono per forza legami di sangue. È una parola che ci ha colpito molto, che racconta una realtà importante e che forse in Italia finora era stata sottovalutata».
L’album è compendio di quotidianità indie e monoliti elettronici, «otto brani che raccontano storie non necessariamente grandiose, ma quotidiane, vere», in cui la semplicità è eletta a filo portante dell’opera. Se Aurelia ci ha colpito, ora non ci resta che attendere l’uscita di Iperfamiglia.