È una Olivetti Tropical, chiamata così perché prodotta nello stabilimento brasiliano della fabbrica italiana, l’immagine più ricorrente tra le opere di Pete Doherty esposte nella mostra The Fantasy Life of Poetry and Crime inaugurata a dicembre alla Galerie Chappe di Alexandre Gilbert, a Parigi, e aperta fino a marzo 2021.
Doherty, oltre a essere uno dei musicisti e parolieri più rappresentativi della sua generazione, è anche poeta, designer e albergatore. Non finisce qui: da anni è anche un affermato artista visivo, con all’attivo varie mostre tra la capitale francese e Londra. Già nel 2008 bazzicava Parigi (vi ho parlato della sua affezione per la Flèche d’Or qui). Decise di esporre in una mostra tra le altre cose un ritratto di Kate Moss fatto con sangue e rossetto chiamato Who Needs Blood When You’ve Got Lipstick? proprio alla stessa galleria di Montmartre.
Si tratta della galleria più rock della città. Negli ultimi quindici anni ha organizzato delle esposizioni di abiti di Lady Gaga e dei costumi di Sebastien Tellier, è stata venue di alcuni concerti intimi di Jarvis Cocker, Gonzales e Au Revoir Simone tra gli altri e si è avvicinata al mondo del cinema organizzando rassegne su Wes Anderson e Michele Placido.
Il lavoro di Pete esposto nel 2008 evidenziava la necessità di esprimere la sua irrequietezza in un nuovo media “fisico”. C’erano frammenti di poesie, collage e foto rilavorate dei suoi eroi come Antonin Artaud o Marilyn Monroe che gli erano affini per l’attitudine auto-distruttiva. «In un certo senso, sono tutti autoritratti, anche se solo uno tra i quadri esposti era un autoritratto quando ho iniziato a lavorarci e alla fine è diventato qualcosa di diverso», ha dichiarato a Love Love Magazine, una fanzine di poesia.
La nuova mostra è composta da circa 50 opere: sticker, collage, disegni a matita, calligrafia, richiami alla graffiti art, un mix di tecniche che restituiscono al visitatore la fragilità e la complessità dell’artista e la sua inesauribile creatività. Decine tra queste hanno come protagonista proprio la passione/ossessione del musicista per le macchine per scrivere. E non è difficile capire perché: veri e propri oggetti feticcio, con tanti aneddoti da raccontare.
In decine tra le opere esposte in The Fantasy Life of Poetry and Crime ci sono riferimenti a questo oggetto. Stencil, caratteri slegati incisi (compongono una parola?), in alcuni casi sembra di vedere una fotografia della scrivania dell’atelier di Doherty in Normandia con il disegno del piano di lavoro e un collage – quasi un rebus sullo stato d’animo dell’artista – composto da etichette di bottiglie bevute, un braccialetto della Thailandia, pellicole fotografiche sviluppate solo nella camera oscura della nostra fantasia.
Le macchine per scrivere sono lo strumento per antonomasia di scrittori e poeti d’altri tempi, forse è per questo legame con il mondo della poesia e della letteratura che Doherty ne è rimasto tanto affascinato da averne una collezione di 149 esemplari. Un vero guilty pleasure, come ha raccontato durante un’intervista all’apertura dei lavori a Parigi.
Non è semplice incontrarlo in questo periodo, vive e crea nel suo atelier in Normandia dove si dedica alla creazione delle opere e ovviamente alla musica ma, ha dichiarato anche alla scrittura di un suo romanzo autobiografico, così come lo sono tutte le sue opere. «Ci siamo conosciuti perché me lo ha presentato Richard Mirando AKA SEEN, la leggenda della street art di New York, che tra l’altro è originario di Napoli. Dividevano la stessa Galleria a Portobello», racconta il gallerista Alexandre Gilbert. «Un giorno è entrato alla Galerie Chappe. Si è creata subito una magia, abbiamo passato un po’ di tempo insieme e siamo andati la sera stessa a fare delle tag su un palazzo abbandonato di Montmartre che era stato inaugurato durante l’Esposizione Universale del 1900. C’era anche Katia, la sua compagna e tastierista nei Pete Doherty and the Putas Madres, la cosa incredibile è che le nostre madri erano amiche à Étretat, in Normandia, durante gli Swinging Sixities… un segno del destino».
The Fantasy Life of Poetry and Crime sembrerebbe quasi un omaggio nei confronti di Maurice Leblanc, il padre di Lupin tornato ora alla ribalta per la serie su Netflix con Omar Sy. Viste tutte insieme, le opere raccontano la storia di un uomo d’altri tempi, un poeta, un talento fuori dall’ordinario, romantico, teso a creare sempre qualcosa di nuovo, pieno di poesia.