Non mi piace farmi le canne. Salvo una brevissima parentesi liceale, non mi sono mai fatta le canne. Detesto la fattanza – come la chiamiamo a Bologna – che danno le canne. Ciononostante, una delle serate più divertenti della mia vita, in cui ho creduto sarei letteralmente morta dal ridere (lacrime agli occhi, respiro mozzato e dolore acuto alla gabbia toracica: anche le risate pazze possono uccidere), è stata per così dire sponsorizzata da alcuni cioccolatini alla marijuana preparati il giorno prima da un amico.
Non so se Chris Barrett, classe 1973, noto ai più con lo pseudonimo Pizza Pusha, abbia avuto un’esperienza simile alla mia per giungere a un’indiscutibile verità: molti la marijuana preferiscono mangiarla, anziché fumarla. Barrett è il distributore di cannabis più chiacchierato di New York: la sua Stoned Pizza – il cui logo ha giustamente una foglia di marijuana al posto della prima O – è quella che negli Stati Uniti chiamano Sicilian, varietà quadrata, un po’ più alta, perfetta per essere divisa in tranci, che lui condisce nientemeno che con olio d’oliva infuso al THC. Domanda legittima: in una città dove, se ti beccano a bighellonare fuori da un negozio, e fuori da quel negozio c’è un cartello che recita “No Loitering”, ti possono arrestare, un qualsiasi italoamericano può fare tutto ciò? Ebbene, nì. Nell’estate del 2019, il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo ha firmato una legge per depenalizzare le piccole quantità di marijuana a scopo ricreativo, cosa che fino ad allora poteva portare a una pena detentiva e che adesso comporta solo il pagamento di una multa. L’obiettivo di Cuomo è la completa legalizzazione, sulla scia di altri quindici Stati incluso il vicino New Jersey, e non perché al vecchio Andrew piaccia sballarsi: lo Stato di New York annovera un deficit di bilancio di 15 milioni di dollari, che in parte verrebbe colmato dagli introiti della vendita di erba.
Ma torniamo a Barrett, anzi, a Pizza Pusha, che chiaramente ha intravisto un’opportunità in questa specie di “zona grigia” e s’è messo in affari unendo due grandi passioni, sua e della gente in generale: la pizza e la marijuana. Tramite un account Instagram che ogni tanto viene misteriosamente oscurato, Barrett diffonde il verbo: «Consegno Stoned Pizza a personaggi famosi e loro pubblicano video mentre la mangiano e si sballano», lo taggano, e lui chiaramente riposta foto e video. Grubstreet, il canale gastronomico del New York Magazine, gli ha dedicato un lungo profilo: il giornalista Jay Bulger ha trascorso diversi giorni in sua compagnia, e ha poi raccontato una storia che meriterebbe l’attenzione di Netflix, Showtime o HBO.
Partendo da una flotta di autisti con nomi in codice tipo Jay-Z, Nas, Biggie, Q-Tip e Busta Rhymes; da 1.300 dollari di ordini arrivati tramite DM su Instagram nel giro di mezz’ora; da un’offerta che include la Pizza Pusha Stoned Soda (30 milligrammi di THC, 8 dollari), nonché diverse tipologie di pizze (40 mg di THC per fetta; 320 mg totali); da una spaziosa casa in arenaria a Harlem e da un attico a Long Island City. Il viaggio di Barrett verso la pizza alla marijuana inizia nel 2015: desideroso di cavalcare la corsa all’oro dell’erba, ma non sicuro circa il settore sul quale concentrarsi, Barrett da Bensonhurst, Brooklyn, si trasferisce nella capitale americana della cannabis, la contea di Humboldt, in California. Lì affitta un terreno di cinque acri, coltiva le sue piante e quasi contemporaneamente arriva l’illuminazione: «Degli hippy mi hanno invitato a cena, mi hanno servito un pasto gourmet a base di cannabis e ho pensato: “Questo è il futuro, baby. Questo è quello che manca a New York City!”».
Nel 2017 torna a New York ed escogita un piano per avviare un servizio di consegna di pizza a base di cannabis: si procura le migliori provviste e ricette che Brooklyn potesse offrire e impara a cucinare la pizza nel suo minuscolo seminterrato, testando infusi ed ingredienti. L’attività prende a prosperare, e con l’avvento del Covid mandrie di fattoni hanno inondato di DM l’Instagram di Pizza Pusha, nel tentativo di ordinare pizze dopate ai peperoni da 60 dollari (l’ordine minimo è pari a 150). Barrett afferma di essere passato da venti dipendenti a, al suo apice, settanta; oggi una quarantina di membri del team cucina e manda pizze a più di un centinaio di clienti al giorno, sparsi tra New York, New Jersey e Connecticut. Oltre a venire recensita positivamente dai blog specializzati in erba, la Stoned Pizza non è stata disdegnata manco da Adam Platt, critico gastronomico del New York Magazine, che la promuove a pieni voti benché «mi sono svegliato in uno stato di paranoia, la bocca che pareva una moquette. Forse ho un po’ esagerato».
Dopo qualche arresto, pure la NYPD ultimamente ha lasciato perdere, concentrandosi su faccende più importanti: «Siamo nel mezzo della peggiore crisi economica della nostra generazione», commenta Barrett. «Fornisco lavoro. Dollari tassati. Volete vivere nel passato o nel futuro?». Per lui la questione non si pone: nato a Bensonhurst, cresciuto senza padre, quando sua madre, trentenne, ha iniziato a uscire con il ragazzetto ventunenne che portava la pizza a domicilio, ha obiettato: «Senza offesa per i pizzaioli, ma credo di meritarmi di meglio». Scappa a casa degli anziani nonni immigrati italiani, a quindici anni abbandona la scuola e si trasferisce nel seminterrato del suo amico (futuro quasi-famoso) Chris Reda. Lavora in una stazione di servizio finché non comincia a rubare automobili per il famigerato rapinatore di banche Dominick Natoli e – una volta finito in galera Natoli – diventa una sorta di tuttofare per la famiglia mafiosa Colombo, compiendo pian piano la sua personale scalata.
A ventidue anni viene condannato a cinque anni di carcere federale per favoreggiamento nell’uso di un’arma da fuoco, traffico d’armi e altre bazzecole simili: riesce a uscire a ventiquattro, nel 1998, e si trasferisce a San Antonio, Texas. Con i soldi prestati da un amico apre il suo primo negozio di telefoni cellulari Sprint: «All’epoca erano difficili da ottenere, ma sapevo che erano il futuro. Così sono diventato un pusha di cellulari». Sedici negozi in tre anni, ma la concorrenza sgonfia il business: Barrett torna a frequentare Chris Reda, che – prima di intendersela con Scott Disick e apparire regolarmente in Al passo con i Kardashian – organizzava lo spring break primaverile per studenti arrapati. I due lavorano bene, entrano nel giro delle feste a Las Vegas e Pizza Pusha si occupa degli ospiti chiamati a esibirsi, entrando in contatto con molte delle star dell’hip-hop a cui in seguito avrebbe inviato la sua Stoned Pizza. Le cose vanno a gonfie vele fintantoché Rober Maffei, il fratellastro di Barrett, uccide un tizio che sembrava flirtare con la sua ragazza e viene condannato da venticinque anni all’ergastolo.
Barrett, sconvolto, prova ad alleviare i dolori dell’omicida mandandogli un salame e un deodorante, ma entrambi sono respinti dalla prigione in quanto contenenti alcol. Fa un secondo tentativo e niente, ce n’è sempre una, il pacco è restituito. La difficoltà si trasforma allora in concime per una nuova idea e il nostro nel 2009 fonda Send A Package, un servizio per rendere più facile l’invio di pacchi ai prigionieri. Anziché acquistare e spedire articoli acquistati chissà dove, amici e famigliari di un detenuto accedono al sito e hanno a disposizione quasi quattromila articoli diversi, con consegna garantita dall’azienda. Potenzialmente una gallina dalle uova d’oro, eppure dopo alcuni anni la società non è ancora redditizia e un investitore cita in giudizio Barrett per cattiva gestione dei fondi: il creatore nega, fa spallucce e se ne va, spiegando che «avevo bisogno di passare a qualcosa di nuovo. E la marijuana è la mia passione sin dagli anni Ottanta».
Dal 2016 di acqua sotto i ponti ne è passata: cinque anni dopo, Chris Barrett prega ogni mattina, fa jogging, è parecchio attento ai soldi, guida un suv della Tesla, ascolta pop cristiano perché «di ‘sti tempi l’hip-hop fa schifo», può contare su un centro logistico a Williamsburg e ha persino un ristorante nell’East Village inaugurato lo scorso ottobre, il St. Ned («Appena la marijuana diventa legale, aggiungeremo nuovamente la O», puntualizza). Non è affatto preoccupato dalla legalizzazione della marijuana che potrebbe arrivare entro il 2021, o dal fatto che altre (ottime) pizzerie newyorchesi, come Roberta’s o 2 Bros, potrebbero fargli una concorrenza spietata: «La legalizzazione aprirà le porte. Preferisco prendermi un pezzo di torta legale piuttosto che l’intera torta illegale». Una volta tanto pare lungimirante, e io mi auguro lo siano anche le case di produzione con qualche soldo in tasca: sbrigatevi a fare un film o una serie su Pizza Pusha, e se mai – ahinoi – sarà troppo tardi, non dite che non v’avevo avvisato.