Il 3 febbraio del 1971 – ormai 50 anni fa – il detective Frank Serpico, immortalato da Al Pacino nell’omonimo film Serpico, si è preso una pallottola in faccia. Il proiettile è passato sotto il suo occhio e si è conficcato nella sua mascella. Solo un anno prima, Serpico aveva reso pubbliche delle scioccanti prove di corruzione all’interno della polizia di New York, umiliando diversi colleghi e costringendo l’allora sindaco John Lindsay ad aprire un’indagine.
Così, durante un’operazione a casa di uno spacciatore, Serpico aveva bussato a una porta, la porta si era aperta e mentre l’agente si girava per far cenno ai suoi colleghi, gli avevano sparato. È possibile che l’agguato sia stato organizzato da qualche poliziotto corrotto, ma non ci sono prove. L’unica cosa sicura è che l’avevano lasciato lì mentre chiedeva aiuto e che probabilmente sarebbe morto se non fosse stato per un anziano che aveva chiamato un’ambulanza.
Nonostante abbia quasi perso la vita, Serpico non ha rimpianti. “Non avevo molta scelta. Se mi fossi dimesso, avrei tradito tutti i miei principii”, racconta a Rolling Stone. “Avrei umiliato la giustizia”.
50 anni dopo, la corruzione e la violenza nella polizia americana non se ne sono andate – anzi, sono più evidenti che mai e sottoposte a uno scrutinio senza precedenti, grazie alla sensibilità dell’opinione pubblica sul tema e all’onnipresenza dei cellulari che consentono di fare video degli abusi in divisa. Se un tempo un caso di violenza indiscriminata poteva venire derubricato dalle autorità a una questione di “poche mele marce”, oggi non è più così – movimenti di protesta come Black Lives Matter si spingono fino a chiedere la riforma e il definanziamento della polizia se non proprio la sua abolizione.
E Frank Serpico – che adesso si fa chiamare con il suo nome di battesimo, Francesco, come atto di rivolta di un uomo di 84 anni nei confronti delle suore che da bambino glielo avevano fatto americanizzare in Frank – ha molti consigli da dispensare su questi temi. Rolling Stone ha parlato con lui in una serie di scambi di email e di telefonate condotte con la sua voce dal forte accento di Brooklyn, esattamente quella dei detective newyorkesi dei film. Frammenti del proiettile che si è preso 50 anni fa sono ancora nel cranio di Serpico, che ogni tanto va in “cortocircuito” come dice lui, per l’infortunio e per la sindrome da stress post-traumatico.
Secondo Serpico, da quando ha portato alla luce il cosiddetto “Pad” – una rete di agenti corrotti della polizia di New York che conduceva estorsioni nei confronti dei sospettati e che era nota a tutti nel dipartimento – le cose non sono cambiate poi molto. Le accuse di Serpico avevano costretto il sindaco di New York a costituire la Commissione Knapp, che all’inizio era un comitato investigativo di cinque membri ma che poi sarebbe diventata una commissione di inchiesta pubblica, di fronte a cui avrebbe testimoniato lo stesso Serpico oltre alle vittime delle estorsioni.
Il rapporto Knapp avrebbe poi documentato l’estensione della corruzione nella polizia di New York. Gli agenti di polizia erano classificati come “vegetariani” o “carnivori”. I primi accettavano mance e doni per chiudere un occhio di fronte al mercato nero o alle scommesse clandestine; i secondi ricattavano tossicodipendenti, sex worker e papponi per centinaia di dollari. Un anno dopo che Serpico era stato aggredito e si era preso il proiettile in testa, la commissione d’inchiesta avrebbe raccomandanto di compiere una serie di riforme per migliorare lo screening degli agenti di polizia, assicurare la responsabilità degli ufficiali e cambiare le procedure del dipartimento. Nella sua testimonianza finale di fronte alla commissione, Serpico aveva auspicato l’arrivo di un “cambiamento culturale” che facesse emergere i poliziotti onesti rispetto a quelli corrotti.
Quel cambiamento non c’è stato. Anzi, secondo Serpico, oggi la polizia americana è anche peggio. “La brutalità, gli omicidi e i tentativi di insabbiarli sono più frequenti. Penso che questo sia dovuto in parte alla sostituzione dei revolver di ordinanza con armi semiautomatiche e all’assenza di corsi per usarle in modo corretto, vedi il caso di Amadou Diallo”, dice, riferendosi all’omicidio di un immigrato proveniente dall’Africa occidentale nel Bronx nel 1999, a cui la polizia aveva sparato 41 volte. “Quello che non è cambiato, come avevo detto nella mia testimonianza finale di fronte alla commissione Knapp, è l’atmosfera per cui i poliziotti onesti devono avere paura di quelli corrotti e non il contrario”.
Sindacati di polizia potenti assicurano ai poliziotti che commento gravi crimini una sostanziale immunità. La Civilian Complaint Review Board, un’entità indipendente che si occupa di monitoriare gli abusi di polizia e di raccomandare azioni disciplinari contro gli autori, è virtualmente ignorata. I commissari di polizia hanno l’ultima parola quando si tratta di punire agenti che compioni crimini. Secondo Serpico, la corruzione arriva fino in cima. “Sono i giudici, i procuratori distrettuali, i sindaci, i governatori, i commissari di polizia”, afferma, aggiungendo che ogni presidente, Democratico o Repubblicano, dovrebbe dare la priorità a una commissione per estirpare la corruzione in polizia. Nel frattempo, Serpico crede che le scuole dovrebbero insegnare ai bambini a difendersi dagli abusi della polizia. “Bisogna raggiungere le persone quando sono giovani”, dice, “Come dico sempre: siamo a mollo, se smettiamo di lottare affoghiamo”.
Ma non va tutto male. Serpico vede del potenziale per un cambiamento positivo. “Bisogna incoraggiare i giovani”, sottolinea. “Serve davvero tanto. Lo stiamo vedendo con Black Lives Matter. La cultura di corruzione della polizia sta venendo portata alla luce. Una cultura fatta di brutalità e menzogne. I poliziotti vengono trattati con i guanti rispetto alle persone normali”.
Il movimento per definanziare la polizia vuole dare ai servizi sociali fondi che andrebbero alle forze dell’ordine. Serpico ha capito qual è la direzione in cui il movimento intende andare e supporta cambiamenti drastici al modo in cui gli Stati Uniti gestiscono l’ordine pubblico. “I servizi sociali e altre istituzioni sono in grado di risolvere problemi sociali e di salute pubblica meglio della polizia. Devono essere loro la priorità, specialmente per quanto riguarda la droga e i crimini non violenti, senza vittime. I fondi dovrebbero anche usati per insegnare a usare meglio le armi da fuoco agli agenti”, dice, “Si vedono troppo spesso armi quando non ce ne sarebbe bisogno”.
Ma è anche preoccupato che questi sforzi possano fallire nel loro scopo, perché non vanno a colpire abbastanza la cultura della polizia americana. “Non sono i singoli agenti, buoni o cattivi, il problema”, dice. “È tutta la cultura. La polizia è un’organizzazione quasi militare che è incaricata di far rispettare gli editti del governo spesso contro persone povere o senza possibilità”. E i critici del movimento sono comprensibilmente preoccupati che se i dipartimenti di polizia dovessero davvero cominciare a perdere soldi potrebbero reagire sfogandosi sulle comunità in cui lavorano. “Il che potrebbe causare maggiori quote di arresti (che la polizia dice che non esistono), più violenza, più multe per sopperire ai fondi tolti”, avverte.
La polizia americana, secondo Serpico, fraintende completamente quello che dovrebbe essere il suo ruolo. “La polizia non riesce a capire che i poliziotti sono dipendenti pubblici incaricati di mantenre la pace. Dovrebbero fornire un servizio civile, far rispettare le leggi senza discrezionalità e senza fare preferenze. Devono capire che non hanno immunità o privilegi speciali e soprattutto che sono responsabili delle cose che fanno, che non devono comportarsi come giudice, giuria e boia. Mentre fin troppi agenti si comportano così”.
Invece, dice Serpico, la cultura prevalente nella polizia americana la incoraggia a comportarsi come un esercito di occucpazione. “L’uso di armi militari e di protezioni progettate per zone di guerra porta i poliziotti a sentirsi come se fossero in guerra con le comunità che dovrebbero proteggere. E che la società che hanno giurato di proteggere e servire sia invece un nemico”.
50 anni dopo essersi preso un proiettile in testa, Serpico – che negli anni ha continuato a ricevere minacce di morte – non ha paura di parlare. “Ho 84 anni, di cosa dovrei preoccuparmi?” Non ha paura di andare contro la polizia. “Mi so proteggere da solo. E se vogliono farmi fuori, almeno avrò la possibilità di portare con me qualche poliziotto corrotto”.
Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US