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Cosa sta succedendo in Ciad?

Lunedì il presidente del Ciad Idriss Deby ha vinto per la sesta volta le elezioni. Martedì è stato ucciso in circostanze misteriose da un gruppo armato ribelle. Adesso quello che era considerato l'unico Paese affidabile in una delle regioni più instabili del mondo rischia di precipitare nel caos

Cosa sta succedendo in Ciad?

LUDOVIC MARIN/AFP via Getty Images

Martedì scorso, il 20 aprile, il presidente del Ciad Idriss Déby – al potere dal 1990 – è morto. Stando a quanto ha detto il portavoce dell’esercito in tv e via radio, sarebbe stato ucciso durante uno scontro a fuoco mentre visitava il fronte della guerra civile contro un gruppo ribelle, ma non si conoscono ancora i dettagli. Il giorno prima, Déby aveva vinto ancora una volta le elezioni con l’80% dei voti e stava per iniziare il suo sesto mandato da presidente del Paese. 

Questa circostanza fa abbastanza impressione, e fa ancora più impressione se si pensa in che contesto è avvenuta la morte di Déby. Primo: il Ciad, Paese dell’Africa sahariana a sud della Libia e schiacciato tra Niger e Sudan, è relativamente stabile ma di una stabilità che fino a questo momento si è basata sull’autoritarismo – il governo di Déby è infatti stato protagonista di comprovate violenze sulla popolazione civile e uno scarso rispetto per i diritti umani. Secondo: il Ciad ha avuto un solo leader eletto democraticamente (François Tombalbaye nel 1960) ma è allo stesso tempo un forte alleato dell’Occidente, soprattutto di Francia e Stati Uniti. Terzo: il Ciad combatte battaglie cruciali per gli equilibri della regione, sia contro il FACT, il Fronte per l’Alternanza e la Concordia in Ciad – un gruppo ribelle formato da ex militari oppositori di Déby che occupa il confine con la Libia – sia contro i jihadisti di Boko Haram, attivi anche in Mali, Niger, Nigeria e Camerun. 

Il governo di Deby aveva una grande importanza strategica soprattutto per questa funzione antijihadista e di controllo di parte del Sahel, l’enorme fascia semidesertica in cui si combatte l’ascesa del fondamentalismo islamico in Africa. Il motivo è che l’esercito ciadiano è uno dei meglio preparati della regione e non a caso è a N’Djamena, la capitale del Ciad, che ha sede “Barkhane”, l’operazione militare in cui sono impegnati oltre 5mila uomini francesi.

Nonostante l’attualità parli chiaro sulla scarsa stabilità del Ciad, fino a pochi giorni fa era comunque considerato il Paese più affidabile della regione. Il che può sembrare strano ma ha perfettamente senso se consideriamo che a nord del Ciad c’è la Libia – priva di un vero governo da ormai un decennio, cioè da quando a Sirte venne ucciso Gheddafi. E che a sud c’è la Repubblica Centrafricana – uno degli stati meno stabili di tutto il continente – e a est la regione sudanese del Darfur, preda di mai risolti conflitti civili. 

In questo contesto, Déby era al potere da 30 anni, ma non certo in tranquillità. Di ribellioni e tentativi di rovesciarlo ce ne sono stati diversi, tutti falliti anche grazie al supporto della Francia – che ha fatto sì che rimanesse in carica anche a costo di schierare militari francesi nella regione. La volta in cui il potere di Déby è stato più a rischio è stato nel 2008, quando i ribelli hanno assediato il palazzo presidenziale e quasi conquistato la capitale, venendo respinti dopo quattro giorni grazie – appunto – a un intervento militare francese.

Sulle precise circostanze della morte violenta di Déby ci sono diverse cose che non tornano. Stando al comunicato dell’esercito, il presidente sarebbe morto “per le ferite subite mentre era sulla linea del fronte contro i ribelli”. Ma  perché mai un presidente appena eletto e ormai quasi settantenne si sarebbe esposto al pericolo? I presidenti fanno spesso visita ai propri eserciti, avviene di continuo in tutto il mondo per il valore simbolico che hanno queste visite. Ma è rarissimo che un presidente sia esposto al fuoco, sono situazioni che vengono accuratamente evitate. 

Anche ammettendo che il presidente Déby sia morto in questo modo ci sono solo due ipotesi in cui sarebbe potuto avvenire, e tutte e due sono particolarmente bizzarre. La prima è che per un colpo di fortuna i ribelli siano riusciti a colpire il presidente, il che pare strano. La seconda è che qualcuno abbia fornito loro informazioni molto accurate in modo da consentirgli di colpirlo, e di nuovo ci sarebbe da chiedersi com’è possibile.

Per uccidere il presidente ciadiano in visita al fronte infatti bisognava conoscerne la posizione e i tempi degli spostamenti. Bisognava sapere che l’esercito del Ciad non aveva momentaneamente a disposizione i suoi elicotteri militari (in riparazione in Georgia). E soprattutto, c’è un’altra cosa sospetta: di solito la Francia dà man forte alle operazioni militari ciadiane, mentre questa volta non è intervenuta. Perché? Una risposta sta forse nel fatto che i ribelli del FACT, responsabili della morte di Déby, sono supportati dal generale libico Khalifa Haftar, a sua volta supportato dalla Francia.

Ad ogni modo, la morte di Déby elimina un presidente sì autoritario ma che ha saputo tenere insieme il Paese per 30 anni creando ulteriore instabilità nella regione. I militari hanno risposto alla sua scomparsa violando le procedure costituzionali, che avrebbero previsto il passaggio dei poteri al vicepresidente: invece hanno nominato un Consiglio militare di transizione presieduto dal figlio di Déby, Mahamat, che ha sciolto il governo e il Parlamento, imposto il coprifuoco, chiuso le frontiere e promesso il ritorno alla democrazia nel giro di un anno e mezzo.