Spesso le grandi cose capitano per caso. Se glielo avessero chiesto personalmente Colapesce e Dimartino di remixare la loro Musica leggerissima probabilmente Cerrone, per qualche gioco della sorte, nemmeno lo avrebbe fatto. Non ha neanche seguito il Festival di Sanremo, trampolino di lancio della hit dei due cantautori siciliani. Invece ecco che un venerdì sera l’etichetta di Cerrone manda a uno dei mostri sacri della disco music la traccia e Marc Cerrone appone la sua firma a un remix che rende ancora più anni ’70, ancora più vintage, ancora più danzereccio, ancora più surreale il tormentone protagonista della stragrande maggioranza dei meme dei giorni del festival e della sua lunga scia.
Marc Cerrone, che si prepara a compiere 69 anni tra qualche settimana, ha fatto tutto da solo. «È così che sono abituato a lavorare, l’ho fatta, l’ho mandata e ho aspettato un feedback», racconta dietro agli occhiali da sole spiegando le origini del remix, del quale gli autori di Musica leggerissima hanno potuto godere a lavoro finito come si gode di un regalo, una piccola sorpresa che è stata l’ennesima soddisfazione arrivata da una canzone che dal suo debutto sul palco dell’Ariston non ha più smesso di crescere e farsi conoscere.
A far scattare la scintilla è stato «quel suono così italiano, quella melodia che arriva così italiana senza bisogno di aver mai messo piede in Italia» che ha attirato l’attenzione della leggenda del dancefloor. «Quando ho ricevuto quella mail dalla mia etichetta in Francia l’ho ascoltata e subito ho chiamato la mia etichetta e ho detto che un giorno avrei voluto proprio fare quella canzone, ho avuto questa forte percezione. Il mio italiano non è abbastanza buono per giudicare il testo ma posso dire che musicalmente è una canzone felice e in questo periodo è fantastico, arriva nel posto giusto al momento giusto». Da lì in poi è stato tutto molto semplice e naturale: «Tutto è accaduto molto velocemente ed è divertente perché ho anche prodotto io la canzone molto rapidamente. Quando hai la giusta energia arriva anche una grande ispirazione. È una buona traccia», ribadisce Cerrone soddisfatto, accennando un mezzo balletto dietro allo schermo ricordandone la melodia, «è proprio una buona traccia».
Come suggerisce il cognome, Cerrone, nato a Vitry-sur-Seine, ha origini italiane, un motivo in più per sentirsi vicino alle sonorità di Musica leggerissima: «Non so se la mia musica sia stata condizionata da questo, ma il mio dna ovviamente è in parte italiano. Direi però che le influenze nella mia musica sono molto ampie, mi piace un sacco di musica, come quella africana o quella nera, non importa se sono bianco e sono cresciuto come un ragazzo bianco. Certamente parlerei comunque di influenze internazionali e non francesi. Non sono per nulla stato influenzato dalla musica francese. Anzi, probabilmente lo sono stato molto di più dalla musica italiana, dalla melodia italiana, rispetto a quella francese».
Di francese Cerrone non segue nemmeno i festival, nemmeno Cannes, spiega. Le rassegne locali non lo toccano, lui sta nel cielo con la musica, dice. Lo stesso motivo per il quale Cerrone non ha acceso la televisione nei giorni del nostro Festival di Sanremo. All’autore di tracce come Supernature, Love in C Minor e Give Me Love importano poco tanto la provenienza quanto il genere della musica che gli passa tra le mani: ad accomunare lavori come Musica leggerissima e i pezzi del musicista e produttore francese è prima di tutto la qualità, spiega. Tutto il resto passa in secondo piano.
«La buona musica va d’accordo in modo molto facile, davvero facile. Voglio dire, quel progetto è arrivato in modo semplice, l’ho prodotto in modo semplice e non ho davvero riscontrato nessuna difficoltà». Se poi nel prodotto finale c’è anche la possibilità di fare interagire disco e cantautorato ancora meglio: «Questo è molto importante. Viene fuori una hit quando i testi e la musica si incontrano e parlano alla comunità. Accade per ogni vera canzone che diventa un successo e credo che questa canzone durerà molto tempo e si farà conoscere sicuramente fuori dai confini italiani».
Per il batterista francese che ha rivoluzionato il concetto di intrattenimento all’interno dei villaggi del gruppo Club Méditerranée la carriera da disc jockey è cosa degli ultimi anni, quando dopo una chiacchiera con David Guetta ha messo da parte gli strumenti musicali lasciando spazio alla consolle e spostandosi in parte dai club ai grandi festival, un contesto molto lontano dalle stravaganze del leggendario Studio 54 ma non meno sensibile al fascino della disco. In una forma o nell’altra, insomma, Cerrone non ha mai smesso di mettere in circolo la sua musica e con essa il suo mondo, nemmeno adesso: «Non importa se la situazione è quella che è e non importa se i ristoranti sono chiusi, sto lavorando per chiudere un nuovo album, sto componendo e producendo». Strumenti sì o strumenti no, Covid o non Covid, l’importante è non fermarsi mai: «Sono felice di fare musica perché ti porta in un altro pianeta e quando torno indietro nel pianeta reale, credimi, sono molto felice di svegliarmi la mattina e tornare ancora nel mio pianeta. Non per dimenticare, ma per avere una visione del futuro».