L’Oversight Board di Facebook ha finalmente deciso: Donald Trump non potrà tornare sulla piattaforma – per il momento. Il comitato indipendente istituito l’anno scorso per dirimere le tantissime controversie legate alla moderazione dei contenuti su Facebook, ha dato ragione alla piattaforma, affermando che il rischio di violenza rappresentato dalla presenza dell’ex presidente sul social ne giustifica la sospensione.
“I post di Trump durante la rivolta del Campidoglio hanno gravemente violato le regole di Facebook e incoraggiato e legittimato la violenza”, hanno affermato.
The Board has upheld Facebook’s decision on January 7 to suspend then-President Trump from Facebook and Instagram. Trump’s posts during the Capitol riot severely violated Facebook’s rules and encouraged and legitimized violence. https://t.co/veRvWpeyCi
— Oversight Board (@OversightBoard) May 5, 2021
L’ex presidente degli Stati Uniti era infatti stato rimosso dalla piattaforma social più utilizzata al mondo a inizio anno, come conseguenza dell’attacco al Campidoglio del 6 gennaio, in cui centinaia di suoi simpatizzanti hanno interrotto la sessione congiunta del Congresso riunita per contare i voti e formalizzare la vittoria di Joe Biden.
Nel giustificare la decisione presa da Facebook, Mark Zuckerberg aveva affermato che “i rischi di consentire al presidente di continuare a utilizzare il nostro servizio sono semplicemente troppo grandi”, aggiungendo che il blocco dei suoi account Facebook e Instagram sarebbe durato almeno fino al completamento della transizione pacifica del potere.
Una decisione drastica, considerato il fatto che per anni l’azienda aveva chiuso un occhio anche sui post più controversi di Trump, senza mai sospendere il suo profilo, come è pur accaduto per molto meno a migliaia di altri utenti. Il motivo, ripetuto da Zuckerberg a più riprese dal 2015, era la “notiziabilità” dei post del leader repubblicano, che di fatto creavano un’eccezione alle linee guida della piattaforma permettendo ai post di rimanere online perché avevano un valore di interesse pubblico. Sebbene il social network preferito dell’ex presidente fosse, notoriamente, Twitter, i suoi messaggi venivano spesso pubblicati contemporaneamente su entrambe le piattaforme.
I fatti del 6 gennaio, però, “hanno cambiato fondamentalmente il contesto, dato che implicano l’uso della piattaforma per incitare un’insurrezione violenta contro un governo democraticamente eletto”, ha spiegato Zuckerberg.
Quella di oggi non è però una vittoria assoluta per l’azienda di Menlo Park: l’Oversight Board ha infatti aggiunto che la decisione di Facebook di sospendere l’account di Trump a tempo indeterminato “non è appropriata” e violerebbe il regolamento stesso della piattaforma, che prevede soltanto la cancellazione definitiva dell’account o una sospensione a tempo determinato. La scelta di sospendere Trump a tempo indeterminato, di conseguenza, “non risponde a criteri chiari e dà a Facebook totale discrezione su quando imporlo o revocarlo”, secondo il consiglio. Facebook ora avrà sei mesi per scegliere se cancellare l’account o ripristinarlo.
Fino ad ora la Oversight Board si era espressa su nove casi di singoli post rimossi dalla piattaforma per motivi che vanno dalla disinformazione alla nudità, ma quello di Trump è un caso più unico che raro: non a caso, il comitato ad aprile aveva deciso di prendersi del tempo aggiuntivo per decidere cosa fare dei profili di Trump in base al diritto internazionale e ai termini d’uso dell’azienda, dopo aver ricevuto 9mila commenti sul caso.
A prescindere dall’estrema specificità del caso di Trump, però, la possibilità che le gigantesche aziende della Silicon Valley potessero decidere se permettere o meno a leader politici di postare sulle proprie piattaforme ha preoccupato diversi leader mondiali, tra cui Narendra Modi e Angela Merkel. “Molti sostengono che le aziende private come Facebook non dovrebbero prendere queste grandi decisioni da sole”, ha scritto il vicepresidente degli Affari Globali di Facebook Nick Clegg a gennaio. “Siamo d’accordo.”
Proprio per questo Facebook ha deciso di affidarsi all’Oversight Board – che si definisce una parte terza indipendente e neutrale – non solo per decidere del singolo caso Trump, ma anche per ottenere osservazioni e raccomandazioni su come gestire possibili altri casi controversi legati a leader politici in futuro.
“Questo caso ha conseguenze drammatiche per il futuro delle discussioni online perché il pubblico e le altre piattaforme stanno osservando attentamente la gestione da parte della Oversight Board di quella che è una controversia difficile, che sorgerà di nuovo in tutto il mondo”, ha commentato il professore di Stanford Nate Persily al New York Times. “Trump si è spinto oltre i limiti di ciò che è consentito dire su queste piattaforme”, ha aggiunto. “Chi non è disposto a denunciarlo sta avallando una grande quantità di incitamento all’odio e disinformazione online”.
Osservando come la decisione di quello che è sostanzialmente il comitato consultivo privato di un’azienda sia stata vissuta – giustamente, considerate le conseguenze a livello globale – con la stessa gravità che si dedica, normalmente, al verdetto particolarmente storico di una Corte Suprema, le domande da farsi sono però anche altre.
E le ha articolate alla perfezione Casey Newton, uno dei più famosi giornalisti a coprire la Silicon Valley: “Trump dovrebbe rimanere bandito da Facebook? Anche se, in effetti, correrà ancora per la presidenza nel 2024? Facebook dovrebbe avere qualche influenza sul modo in cui gli indiani stanno protestando? Il sito dovrebbe avere voce in capitolo su come un Paese reagisce a un controverso processo penale? Non è il genere di domanda che dovremmo trovarci a fare ad un’azienda. E, sebbene l’Oversight Board sia un modo utile per iniziare a intaccare passivamente l’influenza di Facebook, sembra impossibile apportare qualsiasi tipo di cambiamento significativo fintanto che l’azienda può continuare a diventare sempre più grande”.