Lo scorso 29 aprile, l’Italia ha nominato Mario Vattani come suo nuovo ambasciatore a Singapore. Non sarebbe una notizia, eppure sulla nomina si è scatenato un polverone: Lia Quartapelle, capogruppo del PD in Commissione esteri, ha chiesto al ministro degli Esteri Luigi Di Maio di riconsiderare la nomina e il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo ha pregato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella di non firmare il decreto di nomina, facendo appello sulla “sensibilità democratica” del Capo dello Stato affinché “questo sfregio, questa nomina incomprensibile e dannosa per l’immagine del nostro Paese all’estero sia bloccata con la massima urgenza”. Questo perché Vattani è un neofascista. In modo proprio esplicito.
Mario Vattani non ha mai nascosto le sue simpatie fasciste. Figlio d’arte (suo padre Umberto è stato ambasciatore e due volte segretario generale del Ministero degli affari internazionali durante la Prima Repubblica), nella sua biografia, accanto a un background accademico di assoluto valore – carriera diplomatica in giro per il mondo per conto del Ministero degli Esteri, consigliere del sindaco di Roma Gianni Alemanno nel 2008 e approdo, nel 2011, ai vertici del consolato di Osaka – è facile incrociare il suo altrettanto ricco curriculum da fascista del terzo millennio.
Nella notte tra il 9 e il 10 giugno del 1989, Vattani si rese protagonista di un raid neonazista davanti all’entrata del cinema Capranica di Roma. A ricordare l’accaduto è stato il giornalista di La 7 Andrea Sesti, che ha raccontato come quella sera, assieme al militare di leva Gianmario Trovato, fu circondato da una quindicina di naziskin che lo massacrarono a suon di sprangate e colpi di bottiglia. Ricoverato in rianimazione all’Ospedale San Giovanni, Sesti dovette subire due operazioni al cranio. Per quell’aggressione, tra gli altri, finì agli arresti domiciliari proprio Mario Vattani. “Certo che c’era anche il Vattani Mario: ho ancora ben impressa l’immagine di lui mentre ci rincorre con la cinghia”, ha raccontato Sesti al Fatto Quotidiano. “Lo dichiarai anche in atti e non fui mai smentito, come è altrettanto vero che in trent’anni non ho ricevuto da lui scuse o segnali di pentimento”.
La fissazione di Vattani per lo squadrismo organizzato e le ronde non è solo una specie di “bravata giovanile”. Nella sua vicenda personale, la militanza fascista rappresenta una costante: Vattani è stato per anni il frontman del gruppo musicale “identitaria” SottoFasciaSemplice, la cui discografia ospita brani dai titoli evocativi come Bandiera nera, La canzone del mercenario e Squadristi, in cui Vattani canta: “Non mi stupisce che lo squadrista e, badate bene, intendo quello anni ’20. Furgoncino, fez e manganello, il punk dell’inizio del secolo!”. Nella canzone Ancora in piedi racconta di quando, dopo essere stato malmenato nella facoltà di Scienze Politiche, a Roma, si è vendicato dei suoi aggressori: “Siamo tornati col Matto e con Sergio, siamo passati dalla porta di dietro. Vicino ai cessi dalla parte dell’aula quarta c’era il bastardo che mi aveva aggredito. L’abbiamo messo per terra e cercava di scappare, ma è rimasto appeso a una maniglia. Gli ho dato tanti di quei calci, ed era tanta la rabbia, che mi sono quasi storto una caviglia”.
In tempi più recenti, il diplomatico ha ostentato senza troppi problemi la propria vicinanza a CasaPound – il movimento che più di ogni altro ha stravolto le modalità di aggregazione tipiche dell’estrema destra italiana, importandovi le dinamiche organizzative proprie della sinistra extraparlamentare italiana come concerti, occupazioni, creazione di centri sociali, rappresentazioni teatrali, tentativi di egemonia culturale attraverso la vendita di merchandising e marketing editoriale. Un legame che è rimasto ben saldo fino al 2011 quando il 45enne Vattani – che negli ambienti della controcultura di destra è conosciuto con lo pseudonimo di “Katanga” – partecipò con i SottoFasciaSemplice a un evento dal vivo organizzato da CasaPound, all’insegna di rimandi ai fasti della Repubblica Sociale Italiana, glorificazioni degli squadristi, bandiere nere e insulti ai partigiani italiani. L’episodio consegnò a Vattani il poco invidiabile titolo di “Console fascio-rock”, oltre a un ammonimento disciplinare e una sospensione di quattro mesi dal servizio senza stipendio (ai tempi, era da poco stato promosso e svolgeva la funzione di console generale d’Italia a Osaka).
La nomina di Vattani – che fa il palio con quella dell’ex militante di Forza Nuova Andrea Bacciga, nuovo presidente della Commissione Sicurezza – è l’ennesima dimostrazione di uno spirito fascista che, nonostante le leggi Mancino e Scelba e la natura formalmente antifascista della nostra Costituzione, è ancora ben lungi dal venire soppiantato; al contrario, gode di ottima salute, continua a sopravvivere e a reincarnarsi nelle sedi istituzionali.