‘La prima festa dell’amore’ di Cosmo è la ripartenza della musica o una bella utopia? | Rolling Stone Italia
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‘La prima festa dell’amore’ di Cosmo è la ripartenza della musica o una bella utopia?

Lo abbiamo chiesto all'organizzatore delle due date a Bologna, annunciate come le prime in Italia in piedi e senza distanziamento. «Si può fare. Sarà un concerto diverso, un'esperienza immersiva»

‘La prima festa dell’amore’ di Cosmo è la ripartenza della musica o una bella utopia?

Cosmo

Foto: Chiara Lombardi

Alla fine è successo: qualcuno ha finalmente annunciato delle date italiane in piedi, senza distanziamento sociale e con protocolli di sicurezza che si usano in Europa e Stati Uniti come l’ingresso consentito esclusivamente a possessori green pass e tamponi negativi. Quel qualcuno è stato Cosmo e non è un caso che sia stato proprio lui, coadiuvato da DNA Concerti, a lanciare un doppio evento che sembra anche come un messaggio politico molto diretto volto a smuovere e punzecchiare le istituzioni addormentate. La prima festa dell’amore, la prima doppia data che segue l’uscita de La terza estate dell’amore, il nuovo disco dell’artista eporediese, si terrà l’1 e 2 ottobre all’Arena Parco Nord di Bologna (la seconda data è già sold out).

Come si può organizzare un concerto “normale” oggi, in un periodo in cui le regole non lo consentono, né lo consentiranno quelle in vigore dal 6 agosto? Quali sono i rischi? Qual è stata la reazione delle istituzioni, degli addetti ai lavori e del pubblico all’annuncio delle date? Abbiamo posto queste domande a Pietro Fuccio, fondatore di DNA Concerti, l’agenzia di booking che ha creduto in questa idea e che (si spera) ci porterà a ballare nella prima festa dell’amore.

La prima festa dell’amore è stato annunciato come il primo concerto italiano senza distanziamento sociale e senza posti a sedere. Quindi si può davvero fare?
No, oggi no, non si potrebbe fare. Fortunatamente però oggi non è l’1 o il 2 ottobre.

Quindi questo annuncio è anche un messaggio politico affinché qualcosa si muova nell’ambito concerti nei prossimi mesi?
Sì, esattamente. È una speranza basata su dei fatti, non campata per aria. In gran parte dell’Europa, oramai, eventi del genere hanno luogo e non solo in termini di test. Penso a Belgio, Austria, Olanda, Inghilterra, Danimarca. Ci sono Paesi che da mesi dicono che con il green pass e tamponi si possono fare concerti senza limiti di capienza, senza obblighi di distanziamento, senza sedute. La speranza non è che da un giorno all’altro il Covid sparisca, ma che nei prossimi tre mesi ci siano le condizioni e la volontà di superare questi limiti e che il quadro normativo possa diventare compatibile con quello che vogliamo fare. D’altro canto vorremmo anche che questo annuncio smuovesse le acque dopo 12 mesi in cui si è parlato di interlocuzioni positive con istituzioni e CTS che però non hanno prodotto alcun risultato. Forse è il caso di cambiare approccio dopo questi mesi di stasi. La nostra iniziativa potrebbe quindi essere qualcosa in grado di smuovere il processo di ritorno alla normalità.

Siete stati contatti da altri promoter, organizzatori, booking dopo questo annuncio?
Ci hanno contattato coloro che ci avevamo provato senza riuscirci, in particolare volevano capire come avessimo fatto. In questi mesi non siamo stati gli unici a pensare a questa soluzione.

E secondo te qual è il motivo per cui voi siete stati i primi a portare fino in fondo questo progetto?
Forse siamo stati più incoscienti. Ma non è incoscienza intesa come mancanza di rispetto delle regole: nessuno vuole fare cose nella illegalità, nessuno vuole farsi le regole da solo, nessuno vuole fregarsene delle leggi. Incoscienza nel senso che ci stiamo prendendo un rischio importante. Abbiamo deciso di lavorare in questa condizione di rischio imprenditoriale. Non vogliamo fare qualcosa che non sia sicura, non solo a livello medico-scientifico, ma anche a livello legislativo. Ma c’è una grande voglia di fare questo evento. Certo, ci siamo chiesti: cosa succederebbe se questa cosa non andasse in porto? Cosa succederebbe se, come tutto ciò che è successo in questi anni, dovessimo rimandare?

Immagino che da qui nasca la necessità di essere completamente trasparenti, già dall’annuncio, sulla modalità eventuale di rimborso in caso di rinvio.
Sì, abbiamo voluto essere molto chiari e trasparenti sul tema rimborsi. Nel caso l’evento fosse da rimandare, il rimborso sarà totale per chi ne farà richiesta, altrimenti il biglietto rimarrà valido per la nuova data programmata. Per questi concerti non stiamo scommettendo con i soldi dei biglietti che stiamo incassando, stiamo scommettendo su di noi: è un rischio di impresa. Non è scommessa sulla legalità, sulla salute pubblica, sulla pandemia o sulla campagna vaccinale, ma una scommessa in positivo nella speranza che le cose possano andare meglio a livello epidemiologico e nell’attenzione del governo verso queste iniziative. È una situazione atipica: nuovi problemi richiedono nuovi strumenti, tamponi, tracciamento, green pass.

Quando e come è nata quest’idea?
Abbiamo iniziato a pensarci a settembre dello scorso anno e abbiamo da subito pensato che poter garantire concerti coi tamponi e senza restrizioni, in piedi, senza distanziamento, avrebbe potuto condurre un certo pubblico a tener un certo tipo di comportamento adeguato. È lo stesso tipo di ragionamento che, negli ultimi giorni, sta rimbalzando dalla Francia e di cui discute anche negli States, ovvero vaccinazioni e tracciamento. Il pubblico di Cosmo, un pubblico tra i 20-40, avrebbe un pretesto ancor maggiore a vaccinarsi. Capisco che a molti non possa piacere questa imposizione, ma ora sembra davvero la soluzione più logica verso cui convergere per tenere le persone e il virus sotto controllo.

C’è stato un dialogo con esponenti dell’ambiente medico-scientifico?
Certo, ci siamo consultati con persone dell’ambito medico-scientifico, medici e virologi. Non vorrei che si pensasse che abbiamo preso certe decisioni facendoci le nostre regole dopo aver sfogliato qualche pagina di giornale. Inoltre gli studi finora condotti hanno dimostrato che un concerto senza distanziamento non è un rischio.

Poco più di due mesi che vi separano dal 1° ottobre. Come la state vivendo? Iniziano ad arrivare le prime ansie o siete tranquilli?
Siamo sereni perché siamo convinti di fare qualcosa di cui conosciamo i rischi. Naturalmente da qui a ottobre avremo il magone per ogni possibile cambio legislativo. Tra l’altro noi abbiamo avuto uno scambio con il Comune e la Regione, anche di segno positivo, ma purtroppo è finita lì: capisco che sia un momento difficile per loro per poter dare certi via libera. In questo momento siamo come dei piloti di Formula 1, sappiamo che a questa velocità qualcosa potrebbe andare storto, ma noi possiamo solo continuare a fare il nostro lavoro al meglio.

Pietro Fuccio. Foto: Stefano Mattea

Questo spettacolo non sembra solo un messaggio politico, ma anche l’occasione di sfruttare la situazione per dare libero sfogo alla creatività. Insomma, questa storia del circo ci ha reso curiosi. Come dobbiamo aspettarci da questo spettacolo?
Non è un solamente un concerto senza distanziamento e con green pass, ma uno sforzo creativo importante. Questo show parte da un’idea di Cosmo di qualche anno fa, un’idea di spettacolo nuova. Non vorrei spoilerare troppo, ma vorrei utilizzare questa espressione: esperienza immersiva. Vogliamo immaginare come se tutta la location del concerto potesse diventare palco. Punteremo ad azzerare non solo la distanza tra le persone, ma anche quella tra chi è sul palco e chi no. È uno spettacolo innovativo come lo sono sempre stati quelli di Cosmo, come dimostrato al Forum di Assago. L’idea è di sfruttare la location per tentare di far qualcosa di mai visto.

Sarebbe stato possibile pensare a tutto questo con un altro artista?
No, onestamente no. Non penso sarebbe venuta l’idea di far questo con gli altri artisti con cui lavoriamo. Cosmo è l’artista perfetto per superare questo stato di passaggio, è l’eletto, sai, come nei film fantasy. È il ponte tra la musica pop e la musica elettronica, tra i concerti e la discoteca. Oltretutto, anche da un punto di vista del messaggio, pare che Marco avesse captato qualcosa perché, già prima della pandemia, aveva iniziato a fare dei discorsi molto lucidi sulla necessità di riprendersi libertà, piacere, godimento. Ripartiamo da questo.

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