Quando hanno iniziato a circolare i primi comunicati relativi a Kid A Mnesia – la versione unificata dei due album di inizio millennio dei Radiohead – e a una partnership della band con Epic Games, mi è presa un po’ di ansietta. Non vado mai pazzo per le riedizioni speciali in occasione dei pluridecennali dei dischi. Mi mettono tristezza, palesano inequivocabilmente il trascorrere del tempo, sanno di trovata commerciale e di crepuscolo della carriera. Insomma, non è certo la prima cosa che si accosterebbe a una band in salute e in piena attività produttiva.
Oltretutto il ventennale di Kid A ricorreva un annetto fa, avevo trovato encomiabile l’assenza di particolari celebrazioni da parte dei Radiohead, sui quali si specula ormai da un bel po’ sull’arrivo di un nuovo disco e che, in genere, anche quando rimangono in silenzio dicono qualcosa. Invece si trattava solo di adeguarsi a questa specie di discronia globale che la pandemia ci ha imposto facendo slittare celebrazioni di eventi e ricorrenze.
Quando un paio di settimane fa è uscito il triplo disco con i 22 brani originali dei due album più un’altra decina di B side, versioni alternative e un paio di inediti, ho pensato che fosse un’operazione un po’ fiacca e trascurabile.
Come tutte le rare volte che ho sottovalutato i Radiohead, sono stato rimesso al mio posto a chiedere umilmente scusa. Mi sono bastati pochi secondi perso in Kid A Mnesia Exhibition per rendermene conto.
Annunciato come un «upside-down digital/analogue universe» e anticipato da un breve teaser nei mesi scorsi, Kid A Mnesia Exhibition è uscita sugli store di Epic Games, disponibile per Mac, PC e Playstation 5 in free download. Si tratta, in sintesi, di una mostra digitale costruita ad hoc, di un virtual tour, volendo utilizzare un’espressione molto internet 1.0, nell’universo estetico e immaginifico del periodo Kid A e Amnesiac, partorito dalla mente di Stanley Donwood in combutta con Thom Yorke.
Se è vero come è vero che Nigel Godrich è il sesto Radiohead, è altrettanto inconfutabile che Donwood sia il settimo, ultimo ma non ultimo nell’aver contribuito in maniera profonda a definire l’identità della band. È a lui che sono riconducibili tutte le copertine degli album da The Bends in avanti, gli artwork dei libretti interni, così come il logo e l’immaginario dei celebri blips che resero tanto peculiare la promozione di Kid A. Questa esibizione è l’esaltazione digitale di tutto questo.
La prima cosa che ho pensato è che per una roba del genere sarei uscito fuori di testa da adolescente e probabilmente sarei rimasto a vagare per le stanze interattive per intere settimane. Tuttavia anche oggi a distanza di così tanti anni, è difficile non emozionarsi di fronte a un’opera – perché di questo si tratta – che rende come mai prima d’ora così tangibile il mondo parallelo che i Radiohead e l’arte di Donwood hanno costruito attorno a sé, in particolare in quel periodo d’oro di vena creativa ineguagliata. Mai come con quei due album sono riusciti a rappresentare un ecosistema così caratterizzante, nei colori, nei toni, nelle sfumature di ogni dettaglio, rendendoli forse un caso di perfezione unica.
Kid A Mnesia Exhibition è una passeggiata di un’oretta in quell’ecosistema che non esiste e che pure ci è incredibilmente noto. Un antropocene retrofuturista e post apocalittico. La sensazione che si ha girovagando per gli spazi che scandiscono il percorso è che si tratti di qualcosa che c’è sempre stato, da qualche parte, e che oggi semplicemente è accessibile e palese. Come una scoperta archeologica, come un’Atlantide riemersa. Abbiamo trascorso talmente tanto tempo tra quei paesaggi devastati, tra quelle vette ghiacciate, tra quei vulcani in eruzione, che osservarli in questa dimensione è un’epifania potentissima. Abbiamo attraversato l’era glaciale e un milione di umori diversi tra quelle canzoni, per ritrovarci tutti lì, sotto forma di minotauri e umanoidi macrocefali.
In un periodo storico in cui si parla di metaverso, di NTS, di realtà aumentata, di GAN e intelligenza artificiale, i Radiohead ci ricordano che avevano anticipato tutto e ridicolizzato ogni facile entusiasmo dell’era digitale, ma soprattutto, in questo caso, che l’arte è il mezzo per convogliare il messaggio e non il fine.
Kid A Mnesia Exhibition mostra quanto i brani di quel periodo fossero complessi e organici, in grado di innestarsi come funghi in uno spazio alieno e costruire reti che interagiscono con l’ambiente circostante. Di questo si tratta, la musica è la costante di ogni stanza nell’esibizione ed è viva, risponde agli stimoli esterni, è arte incompiuta nel senso di aperta e disposta a prendere nuove forme.
Per la prima volta dopo tanti anni possiamo riascoltare questi brani con un rinnovato vigore e non c’era regalo più bello che potessimo ricevere.