Il caso scoppiò nel 2017, quando un servizio sulla CNN sollevò la questione che riguardava certi atteggiamenti di Kevin Spacey sul set di House of Cards; atteggiamenti che si riferivano, in particolare, ad approcci con alcuni membri della troupe. Da quel momento la carriera dell’attore subì uno stop e una “cancellazione” inaspettati.
Ne seguì la denuncia del collega Anthony Rapp di avergli rivolto delle avance sessuali quando lui aveva soltanto 14 anni negli anni ’80 e, in seguito, altri uomini puntarono il dito verso il 62enne due volte premio Oscar accusandolo di molestie, con conseguenti cause legali annesse. Spacey, dal canto suo, disse di non ricordare e si scusò per eventuali atteggiamenti discutibili.
Ma ora, dopo due anni di battaglia legale, un arbitrato ha stabilito che Spacey dovrà pagare 31 milioni di dollari ai produttori di House of Cards per aver violato le regole di condotta relative proprio a quelle molestie sessuali. Il verdetto dell’arbitrato è stato depositato da Mrc, la società di produzione, presso la Superior Court di Los Angeles.
Nella serie Netflix, l’attore interpretava il presidente Frank Underwood, ma era anche tra i produttori esecutivi. Per questo, nell’arbitrato si sostiene che Mrc ha subìto danni su vari fronti per via della condotta di Spacey.
Nello specifico, viene segnalata la necessità di fermare la sesta stagione, riscrivere la sceneggiatura e abbreviarla da tredici a otto episodi per rientrare nei tempi di programmazione. Nell’ambito delle audizioni, a parte una, tutte le altre testimonianze sono state giudicate credibili.
E così, i giudici hanno ritenuto sussistenti le responsabilità di Spacey, sia per il danno verso la produzione di House of Cards sia per violazione del contratto di recitazione e produzione esecutiva.
Per ora l’attore e il suo entourage non hanno rilasciato dichiarazioni, mentre la società Mrc ha diffuso una nota nella quale afferma di voler proseguire con le azioni legali a tutela della “sicurezza dei dipendenti, dei set e dell’ambiente di lavoro”.