Nato povero, Burt Lancaster (1913-1994) fa molti mestieri, fra questi l’acrobata insieme a un amico, Nick Cravat. I due, in seguito, appariranno insieme in un paio di film. Si sa di certo che è in guerra, in Africa e in Italia. Un produttore della Paramount si scontra con lui entrando in ascensore, è la fine del ’45, l’anno dopo Lancaster è già protagonista de I gangsters, da Hemingway, ed è un successo. Definisce in pochi anni il suo primo personaggio, l’eroe più buono che cattivo del genere noir. Diventa uno dei più credibili protagonisti in quel senso, con personaggi come Bogart, Mitchum e Ladd.
Lancaster è una vera forza della natura: molto alto, atletico, biondo, occhi cerulei, faccia da canaglia, sorriso irresistibile, migliora nella recitazione di film in film. È anche un uomo avveduto, e intelligente, riuscendo presto a liberarsi dei pesantissimi vincoli contrattuali che le major imponevano e diventando anche un produttore indipendente. Quando il noir tramonta, Lancaster sceglie il western e l’avventura. Nel ruolo del pirata del Corsaro dell’isola verde e di una sorta di Robin Hood ne La leggenda dell’arciere di fuoco dà corpo e volto a personaggi nuovi, complessi e ironici, un passo avanti rispetto al grande “avventuriero” Errol Flynn. Una delle più belle istantanee generali dell’attore viene da quei due film.
Ne L’ultimo apache Lancaster anticipa la stagione dei western dalla parte degli indiani, e non era piccola intuizione nel 1951. Due anni dopo, in Da qui all’eternità, titolo da otto Oscar, gareggia in bravura con Montgomery Clift, profeta dell’Actors Studio ritenuto un genio della recitazione. Quel film presenta la più bella scena di erotismo – nelle possibilità di allora – del cinema: quando Lancaster e Deborah Kerr si avvinghiano sulla risacca. Nel 1955 si adegua all’emotività di una Magnani, che vince l’Oscar come migliore attrice protagonista, ne La rosa tatuata. Lancaster si pone orizzonti sempre nuovi, non si ferma mai su un cliché. È sempre più bravo.
Nel 1956 decide di produrre e interpretare un film che gli aderisce alla perfezione, Trapezio, nella parte di un trapezista –uno dei tre – che è stato capace di eseguire un triplo salto mortale. Vicino a lui Tony Curtis, giovane acrobata predestinato, e Gina Lollobrigida, ormai adottata da Hollywood. Burt esegue personalmente molte delle scene acrobatiche. L’anno dopo, accanto a Kirk Douglas, da sempre suo grande amico, disegna un Wyatt Earp silenzioso e intenso in Sfida all’O.K. Corral. Capolavoro del genere. Lancaster è ormai pronto per l’Oscar, che arriva nel ’60 con Il figlio di Giuda. Il film, diretto da Richard Brooks, è tratto da un romanzo del grande scrittore Sinclair Lewis. Lancaster è un istrione affascinante che approfitta del suo carisma per sedurre la predicatrice Jean Simmons e gli adepti di un movimento cristiano.
Eccolo affrontare nuovi ruoli, impegnativi e complessi come quello del giudice nazista Ernst Janning in Vincitori e vinti. Ed ecco una nuova evoluzione, davvero importante. Siamo nel 1963, Goffredo Lombardo, produttore, propone a Luchino Visconti Burt Lancaster per il ruolo del principe di Salina nel Gattopardo. Il regista è perplesso: “Ha fatto il gangster o il pistolero. Come può fare un principe borbone?”. Invece lo fa. Come nessuno lo avrebbe fatto. Quando con la Cardinale balla il valzer di Verdi, nasce una sequenza da antologia.
Visconti richiamerà Lancaster per il ruolo del professore di Gruppo di famiglia in un interno. Legittimato dunque da uno dei massimi autori europei, Lancaster è ormai uno dei più grandi attori del cinema del mondo. Continuerà ad alternare ruoli, anche d’azione, fino alla tarda età, tornerà in Italia, con la Cavani, per La pelle. Lancaster ha mostrato una capacità straordinaria di aderire a qualsiasi tipo di personaggio, al massimo livello. Nessuno è stato altrettanto duttile e credibile. Per la magnifica presenza, per la simpatia, per quel quanto non misurabile che produce un divo fuoriclasse, per l’irresistibile identificazione che sapeva generare, Burt Lancaster ha riempito il cinema come pochissimi altri.