Musicians on Musicians: Miley Cyrus & Mickey Guyton
La più rock delle popstar e una delle poche cantanti nere di Nashville si confrontano su come liberarsi dalle catene del country tradizionale, fregarsene delle aspettative altrui e non accontentarsi di essere considerate le migliori
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Quando la scorsa estate ha registrato il suo concerto speciale per il Pride Month, Miley Cyrus ha fatto una cosa insolita persino per lei. Invece di arruolare altre pop star, si è diretta alla sua città natale, Nashville, nel cuore della Bible Belt, e ha assoldato un gruppo di cantanti country che non aveva paura di sfidare lo status quo. Tra gli altri, c’era Mickey Guyton, la cantante che insieme a Cyrus si è esibita sul palco del Ryman Auditorium per trasmettere un messaggio musicale di amore, accettazione e orgoglio gay.
«È stata una settimana folle per la musica country», commenta Cyrus mentre parla con Guyton dalla sua casa di Los Angeles in una call su Zoom.
Il loro duetto sul palco del Ryman – una versione twangy del successo dei Blondie Heart of Glass – è diventato un inno alla perseveranza. Cyrus si sta facendo strada in un settore tradizionalmente dominato da uomini, il rock, mentre Guyton, una delle poche donne nere ad avere un contratto con una major a Nashville, bussa insistentemente alla porta di un genere che ha cercato sistematicamente di tenerla fuori. «Voglio che nel country abbondino le artiste nere», afferma Guyton, che ha pubblicato il suo album di debutto Remember Her Name a settembre. «Sto cercando di abbattere questo sistema vecchio e maschile dove contano solo le conoscenze».
Miley Cyrus: La parte più frustrante delle interviste è che raramente uno riesce a parlare di un suo progetto, specialmente quando quello che rappresenti è considerato più interessante di quello che sei come artista. Non passa giorno in cui non mi venga chiesto di parlare della mia rivoluzione, della mia sfrontatezza, del mio coraggio, della bandiera che sventolo ogni giorno senza vergogna. Oggi invece volevo concentrarmi sul tuo disco. Ti va di parlarmene?
Mickey Guyton: E io volevo invece riconoscerti i tuoi meriti, del modo in cui sai essere con le persone e della tua voce. Parliamo della tua voce. Sei camaleontica.
Cyrus: Grazie. Quando dico che voglio parlare del tuo album e del tuo sound, è proprio a questo che mi riferisco. Mio padre dice sempre: «Non pensare fuori dagli schemi, perché gli schemi non esistono». La consapevolezza dell’esistenza di un modello in cui non rientri non fa altro che nutrire quello stesso modello. Prendi me ad esempio: sono notoriamente un’artista provocatoria, quindi se sorpasso un limite, non mi concentro mai sul limite, ma sull’azione di andare oltre.
Guyton: Esatto, qual è il limite?
Cyrus: Proprio così, sono gli altri a tracciare la linea.
Guyton: La definizione di follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. E io sono stata folle per tantissimo tempo. Esiste un modello preciso a cui le donne che vogliono fare musica country devono adattarsi. Ma quando sei nera, le maglie diventano sempre più piccole. Mi è stato dato uno spazio minuscolo e non dovevo alzare troppo la voce. Era soffocante. Vedevo artiste come te o Kacey Musgraves che senza rimorsi dicevano: «Io ho intenzione di fare questo, che lo accettiate o meno. Prendere o lasciare».
Cyrus: «O lasciare» forse è la parte più importante.
Guyton: Esatto. Non avevo niente da perdere, perché la scena di Nashville non mi aveva mai davvero accettata. Ho avuto uno scambio molto onesto con mio marito in cui gli ho chiesto perché secondo lui non riuscissi a sfondare nella musica country. E lui mi ha detto che stavo reprimendo tutto quello che mi rendeva diversa. Mi ha messa di fronte alla dura realtà ed è stato un pugno allo stomaco. Cercavo in tutti i modi di comportarmi come ogni altro artista country, mi vestivo e pettinavo in un certo modo, anche se per me era tossico. Questo album rappresenta la liberazione dalle catene che mi stavo mettendo da sola. Non mi interessava dove sarebbe arrivata questa musica. Mi hanno chiesto se desideravo che il mio album fosse trasmesso da emittenti radio country. E io ho risposto che visto che il circuito radiofonico non mi ha mai supportata, non ci facevo molto affidamento.
Cyrus: Quando ci si mette nelle mani delle radio, o si spera nella lealtà delle persone, ci si rende molto vulnerabili. Il mio motto è fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
Guyton: Mai fidarsi.
Cyrus: Preferisco chi mi promette meno e mi offre di più, piuttosto che il contrario. Con le radio succede spesso che tu vada a presentare un tuo pezzo e che ti dicano: «Molto interessante, è bellissimo», e poi non lo trasmettono mai. Se fai affidamento sulla radio ti rendi vulnerabile.
Guyton: Assolutamente sì. Con questo album volevo scrivere musica country dalla prospettiva di una persona nera ed essere fedele a me stessa. Il mio country è molto diverso da quello di altri. Billie Jean King mi ha detto che dovevo smetterla di accontentarmi delle briciole. E di briciole ce ne erano pochissime. E tu quando hai smesso di accontentarti?
Cyrus: Ieri. In realtà è un lavoro che devo fare ogni giorno. A volte sono ancora strainsicura.
Guyton: Anch’io.
Cyrus: Sono una persona molto sicura di sé e molto determinata. Ma sono anche umana. Dopo 15 anni di carriera, ci sono ancora giorni in cui appoggio la testa sul cuscino la sera e penso: «Come ho fatto ad accettare una cosa del genere?». Qualche giorno fa, in una session che stava andando male, sono riuscita a farmi valere e mi sono sentita potente. Non mi capita più così tanto spesso di trovarmi in situazioni in cui sono vulnerabile. La massima vulnerabilità che mi darò il permesso di avere è di innamorarmi, perché il dolore che ne può derivare è un dolore che vale la pena sopportare. Ma tutto il resto, no.
Guyton: Amen.
Cyrus: Artisti più giovani mi hanno chiesto: «Com’è possibile che qualcuno si azzardi ancora a trattarti male?». Ma gli stronzi esisteranno sempre. Dopo il Lollapalooza ho avuto una rivelazione. Ritrovarmi davanti a 200 mila persone dopo un anno e mezzo lontano dal palco mi ha fatto capire la misura del mio impatto e del mio potere. Non ne capisci l’importanza finché non lo perdi. E io avevo dimenticato chi fossi.
Guyton: Per capire il tuo potere, ragazza, basta vedere cosa sei riuscita a costruire. Ricordo bene il momento in cui ho visto nascere questa nuova Miley. Ho visto una donna dall’eleganza di una modella twerkare sul palco con Juicy J e non riuscivo a credere ai miei occhi.
Cyrus: E come te, tutti gli altri.
Guyton: Mi hai steso. Ero sconvolta. Come è possibile che quella ragazzina riesca a scuotere il sedere così? Le tue performance sono fuori di testa, Miley. C’è una frase di Maya Angelou che amo particolarmente: la gente potrà anche dimenticare ciò che hai detto e fatto, ma il modo in cui l’hai fatta sentire rimarrà indelebile. E tu, Miley, sei l’incarnazione di queste parole. Tu dai speranza alle persone.
Cyrus: Ti ringrazio davvero tantissimo.
Guyton: Quello che sei riuscita a fare nel corso della carriera – e ti giuro che non riesco a credere che qualcuno si permetta di trattarti male in studio – fa di te un punto di riferimento, non solo come artista ma anche come cantante. È straordinario come tu riesca ad adattare la tua voce a qualsiasi tipo di musica. Sei imprevedibile… Qual è la tua prossima mossa, il jazz?
Cyrus: In effetti ci sei andata vicina. Credo di poter fare molto di più, ed è con questa intenzione che mi dedicherò al prossimo album. Non mi basta essere considerata una delle migliori cantanti rock del momento, perché c’è pochissima competizione. Forse mi puoi capire, immagino che anche tu non voglia essere l’unica cantante nera nella scena country, no? Voglio condividere il mio talento, ma amo la competizione. Mi piace sapere di essere circondata da persone simili a me, perché solo così posso essere sicura di essermi meritata il mio posto, e so che se voglio mantenerlo devo combattere. Questa è la mia mentalità. Non voglio essere la migliore, perché voglio poter sempre migliorare. Così come sono sicura che tu non voglia essere la migliore solo perché sei l’unica.
Guyton: Esatto. Nella storia della musica country c’è stato Charley Pride, e poi nessun altro artista nero fino a Darius Rucker, se non qualche eccezione qua e là. E se parliamo di donne nere, prima di me ci sono state solo Linda Martell e Rissi Palmer. Ho capito che per sfondare quella porta non basta essere se stesse, non basterà mai.
Cyrus: Ed è esattamente per questo che ho pensato che la nostra esibizione al Ryman fosse importante. Lo scopo era l’autenticità, essere se stesse. Io sarò me stessa, e tu farai altrettanto, indossando quello che ci rappresenta. Mio padre è stato offeso tantissimo negli anni ’90 solo perché portava le Reebok invece che gli stivali da cowboy come ogni buon cantante country.
Guyton: Oggi è diverso: hanno tutti le Air Force 1 e una catena d’oro. E poi diciamolo, gli stivali da cowboy sono parecchio scomodi.
Cyrus: Le serate degli award per me sono super noiose. «Quello è il cantante di talento, l’altro è l’artista apertamente gay». Come se ci fosse un solo rappresentante per ogni categoria. Tante volte mi sono sentita scelta in qualche nomination non tanto per il talento, ma per l’aumento di share che una mia esibizione poteva comportare, e questo mi fa male. L’obiettivo non dovrebbe essere di avere quanti più spettatori possibile, per me è importante che siano interessati ad ascoltare ciò che ho da dire. A volte mi sono detta: «Se accendete la tv solo per vedere cosa farò, sappiate che sono qui per cantare». In certi momenti devi mostrare solo un lato. Ed è proprio quello che dicevi tu, riguardo al nascondersi.
Guyton: Esatto.
Cyrus: Stai aprendo una porta e vuoi che questa porta rimanga aperta per altri. Per essere più forti, dobbiamo fare numero. Apriamo la porta e che il gioco abbia inizio.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.