Il 20 luglio del 1969 la Rai si apprestava a realizzare una delle imprese più innovative, ambiziose e incoscienti della sua giovanissima storia. La televisione era arrivata in Italia da pochissimo, alla fine del 1954, e per circa 15 anni l’approccio degli spettatori italiani alla “scatola magica” è stato caratterizzato dalla stessa, identica liturgia, quasi un rito pagano: telegiornale, Carosello, camomilla e letto.
Pochi anni dopo arrivarono le prime trasformazioni, su tutte la clamorosa rivoluzione culturale di Alberto Manzi, che con le sue lezioni insegnò a leggere, scrivere e dare di conto a una fetta crescente di popolazione anziana che non aveva potuto farlo perché dilaniata dalle bombe, promuovendo l’alfabetizzazione di un paese ancora fortemente arretrato ma desideroso di migliorarsi sotto ogni punto di vista.
Nessun evento, però, cambiò la storia della televisione nostrana come la cronaca dello sbarco sulla Luna: oltre 25 ore di diretta pressoché ininterrotta hanno monitorato le fasi salienti dell’impresa, regalando uno spettacolo unico a una nazione rimasta col fiato mozzato per l’emozione. Uno sforzo produttivo di proporzioni inimmaginabili per l’epoca, che in Italia è ricordato soprattutto per le voci che hanno avuto l’onore (e l’onere) di raccontarlo: Ruggero Orlando, corrispondente della Rai dal centro della NASA a Houston, e il mezzobusto più celebre del tempo, il giornalista Tito Stagno, che al tempo aveva 39 anni.
Una maratona emozionale infinita, conclusasi con un battibecco destinato a rimanere negli annali della cronaca: Stagno interpretò male le parole degli astronauti, e pronunciò il suo storico “Ha toccato!” con quasi un minuto di anticipo rispetto al momento effettivo dell’allunaggio. A fargli da contraltare un Ruggero Orlando abbastanza scettico che, dal Texas, difendeva strenuamente la sua versione dei fatti, precisando che “no, non ha toccato”. Ebbe inizio un breve battibecco tra i due, che scatenò le risate e gli applausi degli ospiti in studio: altra televisione, altri professionisti, altro pubblico.
Prima e dopo le 25 ore della cronaca dell’allunaggio (che gli valse il soprannome di “astronauta ad honorem”), la carriera di Stagno, testimone privilegiato del “secolo breve” della televisione di qualità, fu legata soprattutto allo sport: nato nel 1930 – come Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins –, dopo una fugace carriera da attore approda nel mondo dell’informazione nel 1955, quando entrò a far parte della redazione del primo telegiornale diretto da Vittorio Veltroni, a Roma. Effettua le sue prime telecronache nel 1956, in occasione delle Olimpiadi invernali di Cortina, alle quali seguono, quattro anni dopo, quelle della pallacanestro e dei Giochi Olimpici di Roma. Nel corso della sua vita da cronista, ha avuto anche la possibilità di seguire in presa diretta l’elezione di due papi (Giovanni XXIII e Paolo VI) e di due presidenti della Repubblica (Antonio Segni e Giuseppe Saragat).
Assieme ad altri volti noti del piccolo schermo italiano, come Gianni Minà, Stagno fu un innovatore anche sul fronte delle interviste video: ha curato personalmente interviste con John Fitzgerald Kennedy, Jawaharlal Nehru, papa Giovanni XXIII, il patriarca Atenagora di Costantinopoli, Dwight Eisenhower, Saddam Hussein e, ça va sans dire, Neil Armstrong, Buzz Aldrin, Michael Collins.
Per tutti questi motivi, la morte di Stagno segna la conclusione di una parte importante dell’immaginario collettivo italiano. “Addio a Tito Stagno – si legge nel ricordo diffuso dal Ministro della Cultura, Dario Franceschini – grande giornalista italiano che ha raccontato con rigore e professionalità i principali eventi del nostro paese e che tutti ricordiamo per l’emozione con cui guidò gli italiani nel viaggio sulla Luna. Mi stringo con affetto al dolore dei familiari e degli amici in questa triste giornata in cui se ne va un pezzo di storia del giornalismo italiano”.