Sul senso critico, l’intelligenza e la passione politica di Cosmo avevamo pochissimi dubbi: il suo (strepitoso) discorso pronunciato in occasione degli Stati Popolari in Piazza San Giovanni a Roma, trasformatosi in un vero e proprio manifesto politico e scandito da critiche al libero mercato e alla meritocrazia ed echi di Mark Fisher («Riprendiamoci le strade, riprendiamoci il futuro»), è forse l’esempio più palese delle sue spiccate doti da agitatore culturale.
Anche il suo impegno in prima linea per il comparto della musica dal vivo è un indice evidente di questo suo tratto distintivo: lo dimostra la lettera rivolta alla presidenza dell’Emilia Romagna pubblicata a settembre, in cui il cantautore prese le difese dei colleghi e dell’intero settore, pubblico compreso, evidenziando che «è ora di creare aggregazione senza lo stigma dell’irresponsabilità o dell’untore».
Insomma, Cosmo è per natura un cantautore “partigiano”: non ha paura di schierarsi, rifugge da ogni forma di ignavia democristianeggiante e, quando possibile, affonda il colpo nella maniera più feroce possibile. Come accaduto in occasione del Festival di Sanremo, quando ha sfruttato il – brevissimo – spazio televisivo che gli è stato concesso per urlare «Stop al greenwashing», lanciando un messaggio forte e chiaro ai vertici Rai, alla più importante fra le aziende statali italiane e agli attivisti che, fuori dall’Ariston, esponevano striscioni di protesta con slogan come «Eni inquina anche la musica» e «Basta pubblicità di aziende inquinanti».
Per chi fosse poco avvezzo alla questione, ecco un riepilogo: lo sponsor principale della 72esima edizione del Festival è stato Plenitude, una nuova compagnia di Eni che sarà quotata in borsa sul mercato e che dovrebbe immettere sul mercato una quota che è stata stimata tra il 20 e il 30% del capitale. In molti hanno letto nella scelta di Eni un tentativo di ripulire la propria immagine, presentandosi con un volto green e sostenibile nel palcoscenico più importante della televisione italiana.
Tra le voci critiche ha pesato soprattutto quella di Greenpeace, secondo cui l’accordo tra Eni e i vertici Rai ha rappresentato l’occasione giusta per una gigantesca campagna di greenwashing – termine molto in voga nelle cronache degli ultimi anni e che indica una pratica ingannevole, usata come strategia di marketing da alcune aziende per dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente con l’obiettivo di catturare l’attenzione di quei consumatori più attenti alla sostenibilità che oggi, grazie a una coscienza ambientale mai così diffusa e radicata, rappresentano una grossa fetta di pubblico.
Pochi giorni prima dell’inizio del Festival, il quotidiano Domani aveva lanciato un appello per invitare gli artisti a lanciare dei messaggi che potessero stimolare una discussione pubblica sul tema, ad esempio lanciando hashtag coniati ad hoc per l’occasione – come #Sanreni e #lebugiedieni – per fare il verso al FantaSanremo.
L’invito ha avuto ben poche adesioni, ma Cosmo non si è tirato indietro, portando a compimento quello che è stato a tutti gli effetti il gesto più politicamente impegnato dell’intera kermesse. La volontà di accendere i riflettori sulla catastrofe ambientale in corso era già stata palesata dagli stessi artisti con cui Cosmo si è esibito: il testo di Ciao ciao, la canzone de La Rappresentante di Lista, presenta diversi richiami piuttosto espliciti all’emergenza del riscaldamento globale (“La fine del mondo è una giostra perfetta / Mi scoppia nel cuore la voglia di festa / La fine del mondo, che dolce disdetta / Mi vien da star male, mi scoppia la testa”); il che suggerisce che il featuring con l’autore de La terza estate dell’amore fosse (anche) indirizzato a questo scopo.
Per l’ennesima volta, Cosmo non ha avuto paura di schierarsi; e forse dovremmo imparare a imprimere nella nostra memoria momenti come questi, liberandoci una volta per tutte dall’inutile rumore di fondo dei ciondoletti a forma di marijuana, del cachet di superospiti e delle canotte un po’ sbarazzine di un cantautore partenopeo.