In Italia, su un campione di 389.219 registrazioni musicali, i casi in cui l’interprete principale è donna sono poco più dell’8%. Le musiciste rappresentano il 14,1% degli artisti presenti nelle classifiche di Spotify nel nostro Paese e nelle prime 20 posizioni dei dischi più venduti in Italia nel 2021 c’era una sola artista, Madame. Fra i primi 100 ce n’erano solo altre tre italiane: Annalisa, Alessandra Amoroso, Elisa.
Non va meglio tra autrici e produttrici, in Europa e nel mondo. Considerando gli iscritti alle principali società di collecting europee, le prime rappresentano in media il 16%. I dati sono ancora più bassi per le produttrici: sono presenti solo nel 2,6% delle 100 canzoni di maggiore successo tra il 2012 e il 2020, considerando la classifica americana di Billboard.
Sono i dati diffusi oggi da Italia Music Lab (qui la pagina su diversità e inclusione), l’hub della Siae dedicato ai giovani talenti che ha annunciato alcune iniziative per ridurre gender gap e discriminazione nella musica italiana tra cui una partnership con Equaly, che si occupa di parità di genere nel nostro music business (ne abbiamo scritto qui) e che è entrata nel comitato consultivo sui temi della diversità e dell’inclusione, e il finanziamenti dei programmi di formazione dell’iniziativa europea Keychange, che è come del resto Italia Music Lab fra i partner istituzionali di Mission Diversity, «progetto dedicato alla rappresentazione e alla valorizzazione delle diversità di genere all’interno dell’industria musicale».
Ai bandi lanciati da Italia Music Lab ha partecipato il 23,3% di artiste donne, che rappresentano però il 51,9% dei vincitori. Nei prossimi bandi è stato inserito un contributo per i genitori (musicisti o professionisti) che devono portare il proprio figlio in tour all’estero o che hanno bisogno di assistenza per la cura in Italia. Non solo: le graduatorie terranno conto tra le altre cose anche del bilanciamento di genere.