Voce indolente, ritmi incalzanti e uno spiccato senso dell’umorismo: ascoltare le Wet Leg serve innanzitutto a capire qual è la ricetta corretta per risultare immediatamente cool nella musica indie dei nostri giorni. Nelle 12 tracce del loro album di debutto ci trovi un po’ di tutto, ragazze che portano una lasagna a un party, un tizio in biancheria intima seduto su una chaise longue, rocamboleschi sogni bagnati e gente strafatta al supermercato.
Conosciutesi al college sull’Isola di Wight, Rhian Teasdale ed Hester Chambers indossano entrambe una collanina che compone il nome del gruppo, progetto nato durante un’estate spensierata, passata a girare fra platee e backstage dei festival britannici. «È stato un periodo piuttosto divertente», spiega Rhian da un tavolino di un pub a Londra, «ci ha aiutato a capire che tipo di musica volevamo fare prima di iniziare a suonare come Wet Leg. Scrivo canzoni da quando avevo 17 anni, prima di allora non avevo mai pensato di far parte di una band, non prendevo neppure in considerazione la musica. Ma ho sempre amato cantare, fin da quando ero piccolissima, i miei tre fratelli maggiori possono dirti quanto fossi fastidiosa e assillante».
Il carattere irruento e irriverente delle due ragazze si sente perfettamente in Wet Leg, su cui la Domino ha investito innanzitutto ingaggiando Dan Carey alla produzione. L’album è il trionfo dell’alternative pop, con strofe assolutamente catchy, batteria spesso in fibrillazione e il binomio chitarra/basso in primissimo piano. L’uscita dei primi singoli ha immediatamente rivelato il potenziale esaltante della band, ma è con la sfrontatezza di Chaise Longue e il noise saturo di Angelica che l’attenzione è salita a livello internazionale. Una sorpresa ancor più inaspettata, se si pensa al recente passato delle due ragazze.
«Sia io che Hester abbiamo abbandonato l’università», spiega Rhian, «poi lei ha iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia come creatrice di gioielli fatti a mano, ha davvero molto talento. Io ho intrapreso una serie di lavori davvero di merda, vicoli ciechi come quello della cameriera. Poi, alla fine, ho trovato impiego come assistente ai costumi, soprattutto per programmi televisivi, sono stata molto fortunata».
Fino a qualche mese fa, infatti, le due ragazze suonavano il loro set, passavano il weekend assorbendo quanta più musica possibile e poi tornavano ai loro lavori quotidiani. «Fare musica e suonare sono una parte davvero importante della nostra vita, ma non siamo più due ragazzine, abbiamo entrambe 28 anni. Quando abbiamo iniziato con la band pensavamo solo a divertirci, non avevamo molte ambizioni, lo facevamo per noi stesse e per nessun altro. Tutto è partito dopo aver suonato con un paio di altre band di amici, abbiamo passato davvero una splendida estate andando in giro per i festival, guardando un sacco di concerti e divertendoci a suonare insieme. Quando la bella stagione è finita abbiamo pensato che sarebbe stato divertente farlo di nuovo, quindi abbiamo ricominciamo con la band in modo da poter essere nuovamente selezionate per suonare su palchi minori, in alcuni piccoli festival nel Regno Unito. Non avevamo neppure abbastanza canzoni per suonare un intero set, così ci siamo messe a scrivere velocemente per essere presenti nei nostri festival preferiti, come Green Man, Bluedot e End of the Road».
Uno degli elementi più efficaci del loro primo album sono proprio i testi, decisamente autobiografici, ironici, ammiccanti e sinceri. A rafforzare la loro potenza espressiva c’è la vocalità di Rhian Teasdale, che passa dall’apatia al dinamismo, dalla burla alla rima baciata, presentando una collezione di personaggi e di storie che pulsano di vita vissuta. «È divertente perché, quando ho scritto quei testi, non ho mai pensato di doverli analizzare o di dover raccontare di quelle persone. Sì, sono testi autobiografici e li ho impostati così perché, per certi versi, è il modo più semplice per scrivere… Quando stavamo preparando l’album volevamo solo fare musica che ci facesse sentire felici, ma poi le cose sono andate oltre e il nostro suono si è intrecciato con le nostre correnti sotterranee di disincanto e frustrazione. Ce ne siamo accorte solo dopo, guardando con occhi diversi ciò che avevamo fatto».
L’Isola di Wight possiede un’aura quasi sacra, soprattutto per il festival di fine anni ’60. Per Rhian è soltanto un punto di partenza – e talvolta di ritorno – ma per il resto della band è un luogo identitario. «Io ora vivo a Londra», racconta la cantante. «È da quando avevo 18 anni che continuo ad andarmene e tornare dall’Isola di Wight. Ma Hester viva ancora lì, così come il resto della band, e quando giriamo i nostri video lo facciamo lì, perciò l’isola ha una particolare importanza per il gruppo».
Il disco, però, è stato registrato nella capitale inglese nell’aprile 2021, prima che qualunque dei loro singoli divenisse pubblico e quindi al netto delle reazioni di critica e pubblico. «Quando alla Domino ci hanno detto che avremmo potuto lavorare con Dan Carey ci siamo subito entusiasmate, perché siamo una piccola band e non avremmo mai immaginato che lui potesse avere tempo per noi. Eppure l’ha fatto ed è stato fantastico, si è trattato di un’ottima unione, anche perché siamo grandi ammiratrici del lavoro che ha svolto con Fontaines D.C. e Squid, apprezziamo tanto la sua etichetta Speedy Wunderground. La nostra esperienza in studio era minima e alcune canzoni le avevamo scritte prima della pandemia, prima del lockdown. In quel periodo ero a Londra e ho deciso di tornare all’Isola di Wight, giusto per passare il tempo e impedirmi di impazzire. Allora, per due settimane, mi sono messa a scrivere una canzone al giorno, usando solo il software Garage Band. Quelle tracce erano molto diverse dal risultato finale che si può ascoltare su disco, ma c’era già una certa identità. All’inizio usavamo solo dei loop scadenti di batteria e provavamo ad ottenere una struttura solida per i brani, ma è stato tutto molto divertente, perché abbiamo lavorato con uno strumento multi-traccia davvero semplice, giocando con voci e cori, semplicemente immaginando come costruire un mondo intorno a una canzone».
L’album richiama una molteplicità di influenze, perlopiù di matrice indie, ma su tutte spiccano Parquet Courts (l’attacco di Wet Dream sembra arrivare da Wide Awake!), Dry Cleaning (anche per piglio vocale) Keren Ann (Ur Mum). Eppure Teasdale ci dice di aver ascoltato, durante i mesi di registrazioni, artisti distanti per stile come Viagra Boys, Julia Jacklin, Chats e Ashnikko. «Una cosa che ci siamo detti quando abbiamo formato la band è stata di non metterci limiti di genere», conferma Rhian, che ascolta musica in maniera completamente libera e priva di condizionamenti, chiaro esempio di approccio fluido alla fruizione digitale. «Per ora sono una specie di nomade e in un certo senso per me Spotify è una cosa grandiosa. Sono una persona a cui non piace molto stare ferma in un posto, quindi non ho una collezione di vinili. Mi piace l’idea di saltare da una stanza in affitto all’altra, quindi forse comincerò ad avere una collezione di vinili quando sarò grande. Sto ascoltando un sacco di playlist, ma ne ho anche una collaborativa e portarla avanti è anche un modo per rimanere in contatto con le persone che amo, anche quando non ho tempo per parlare con loro. Aggiungere canzoni alla playlist è un modo davvero dolce di comunicare».
Ora l’ascesa alla notorietà sta portando Hester Chambers e Rhian Teasdale a vivere costantemente in movimento, arrivando immediatamente negli Stati Uniti con un piccolo tour. Il 2022 sarà senza dubbio l’anno in cui la dimensione spaziale del loro rapporto con la musica cambia, ma senza dubbio il desiderio di girare per festival sarà esaudito. «Non mi sarei mai aspettata quello che è accaduto dopo il contratto con la Domino», conclude Rhian. «Sono tutte cose che non ci hanno mai interessato tanto, non avevamo questa ambizione, volevamo solo suonare ai festival, quindi ora è tutto molto strano e allo stesso tempo eccitante».