A un certo punto del primo episodio di The Kardashians, Saint, secondogenita di Kim Kardashian e Kanye West, dà un pugno contro la telecamera che sta riprendendo una scenetta d’ordinaria amministrazione famigliare (o quasi: c’è di mezzo un famoso sex tape, quel famoso sex tape). Villozza losangelina, la mamma Kim e il cuginetto Reign (figlio di Kourtney e Scott Disick) seduti attorno al tavolo, e Saint che, appunto, non ha più voglia di essere spiata, e allora colpisce la camera, e la mamma le dice: “Non puoi!”.
Saint non può, nessuno lì dentro può. Saint è nata davanti alle telecamere e, soprattutto, dentro l’occhio degli smartphone. Anche mamma Kim e tutto il clan sono nati, pubblicamente, davanti alla macchina da presa. A vedere il nuovo The Kardashians, che è di fatto uguale al vecchio Keeping Up with the Kardashians (da noi Al passo con i Kardashian: come se gli uomini avessero mai contato qualcosa, lì dentro), il primo effetto, e di certo il più straniante, è questo: là dove una volta c’era solo la televisione (o quasi), ora ci sono i social.
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Ma le Kardashian non possono rinunciare alla tv, nella misura in cui la tv non può rinunciare a loro. E dunque, se la vecchia reality-serie era partita nel 2007 sul pettegolissimo E!, la nuova la produce Hulu, cioè la tv dell’alta, altissima qualità (però comprata da Disney e quindi con l’occhio alla larga, larghissima platea: da noi a distribuirlo è direttamente Disney+, dal 14 aprile). E questo è il segno più evidente che tutto è cambiato, e tutto è rimasto com’era.
O-o-o, occhi di gatto, anzi di Gattopardo. Le tre sorelle che han fatto un patto (più una matriarca, più due sorellastre ancora piuttosto assenti, almeno nei primi due episodi) sembrano scritte da Tomasi di Lampedusa. Hanno costruito il loro regno, e negli anni – anni in cui è cambiato il rapporto globale con l’immagine pubblica e privata, in cui sono cambiate le amministrazioni negli Stati Uniti, in cui sono scoppiati scandali e movimenti che hanno trasformato la cosiddetta rappresentazione (che brutta parola) – quel regno hanno dovuto mantenerlo. Per farlo, devono ancora essere placidamente borboniche.
Il feudo, nell’impaginazione narrativa della nuova serie, è minacciato da ogni parte: qualcuno, dicevo, riesuma il vecchio sex tape (che colpo di genio!) che fece la fortuna/sfortuna di Kim, colei che ha inventato tutto. Kim che, nel frattempo, deve ancora gestire, più mediaticamente che intimamente, i postumi del divorzio da Kanye, ed è dunque alla ricerca del cosiddetto riposizionamento (altra bruttissima parola). Ci prova, e ci riesce, con il monologo del Saturday Night Live (ancora la vecchia, irrinunciabile televisione), per il quale chiede consiglio a Dave Chappelle (!) – e che diventerà l’occasione per farle incontrare il nuovo amore, Pete Davidson.
Tutto è uguale a prima, anche se è tutto nuovo: nuove case, nuovi business, nuove proposte di matrimonio. E Khloé che ancora si lagna per il suo body non più shamed. E Kourtney che ancora veste il ruolo della chioccia che pensa ad allargare il nido. Tutto è immutabile perché siamo noi i primi a volere che così sia. Kim Kardashian è il genio che ha cambiato l’America; la reality star che per gli Obama era un “cattivo modello” e che poi alla Casa Bianca ci è finita, in qualità di accompagnatrice di quel marito difficile nel momento in cui era ancora presentabile; la celebrity dei belletti e dei balletti (viene qui ricordata la sua rovinosa performance a Dancing with the Stars, quando sembrava che solo a quello fosse destinata, come se fosse una gieffina vip qualsiasi) che ora discetta di riforma carceraria, che viene intervistata da David Letterman, che si fa i selfie con Miuccia Prada.
Tutto è cambiato, tutto è uguale. Soprattutto, permane l’illusione, da loro genialmente prodotta sulle nostre sinapsi, di farci credere che stiamo sempre assistendo alla strettissima attualità – la loro, quantomeno – anche se di fronte ci sfilano accadimenti datati mesi e mesi prima. Il mondo – il loro, quantomeno – è cambiato, ci sono diciottomila post Instagram di mezzo, altre società aperte, altri bilioni macinati, altre mattane di Kanye, eppure tutto è ancora lì, perfettamente cristallizzato nell’essere eternamente presente, ed eternamente rilevante.
Il patto delle tre sorelle – ma soprattutto di Kim e di mamma Kris, la diarchia che di fatto amministra e governa il regno – è sempre quello, sempre intatto: agire e reagire con calma buddista e luddista a tutto quello che capita loro attorno, e intanto produrre il cambiamento. Anche se quel cambiamento non si vede quasi mai.
E, quando capita, dire a una delle ultime arrivate nel clan: “Dài un pugno alla telecamera, fai finta di non voler essere ripresa”, sapendo benissimo che è una scenetta più staged di quelle scritte apposta per essere recitate. E poi, a telecamere spente: “Voi giovani queste cose non le potete capire, perché per voi la morte non esiste, è qualcosa ad uso degli altri”. Quest’ultima è una frase del principe di Salina, ma potrebbe tranquillamente pronunciarla Kim. Che non morirà mai, perché è l’unica ad aver capito come si vive e sopravvive per davvero nel suo, nel nostro mondo.