Figlio d'arte, attore generazionale, regista Nouvell-issima Vague. E anche emblema di un cinema militante, ma sempre leggero. Il "sognatore" Louis Garrel, lanciato da suo padre Philippe (e dal nostro Bertolucci) e arrivato a lavorare coi più grandi autori, piace a tutti: questa gallery serve a dimostrare il perché
The Dreamers – I sognatori (2003) di Bernardo Bertolucci
Dopo il primo film con papà a soli sei anni (Les baisers de secours nel 1989) e, da ragazzo, un paio di film in patria, è Bertolucci a, di fatto, scoprirlo e subito consacrarlo. Louis resta a Parigi: quella del Maggio più famoso di sempre, tra politica e sesso. Il triangolo con Eva Green e Michael Pitt è instant cult.
Les chansons d'amour (2007) di Christophe Honoré
Dopo un altro lavoro con Garrel senior, stavolta da adulto (Les amants réguliers, 2005), Louis si misura con un musical bobo-intellò diventato un culto (aridaje) cinefilo. Nelle mani di Honoré, il nostro sa dimostrare quali sono le sue corde migliori: quelle del mélo, ma sempre preso con leggerezza. Da recuperare (insieme alla deliziosa colonna sonora).
Un castello in Italia (2013) di Valeria Bruni Tedeschi
La (allora) compagna Valeria Bruni Tedeschi l'aveva già diretto nel precedente Actrices (2007). Ma è sei anni dopo che firma il titolo che determina la filmografia di lei, e offre a lui uno dei suoi migliori ruoli, ovviamente sospeso tra realtà e finzione. Indimenticabile.
La gelosia (2013) di Philippe Garrel
Al quinto con film con il padre, Louis centra uno dei personaggi che meglio rappresentano la sua storia artistica e famigliare. Stavolta è Louis (!), un attore fallito (!!) che manderà in crisi il rapporto con la compagna (Anna Mouglalis). Psicanalisi o fiction? Solo Cinema.
Il mio Godard (2017) di Michel Hazanavicius
I puristi dell'inventore della Nouvelle Vague hanno storto il naso, di fronte a questo ritratto firmato dal regista di The Artist. Ma tutti o quasi sono stati unanimi nel riconoscere a Louis la capacità di giocare con molta ironia su una delle più grandi icone del cinema francese. Con il solito "scazzo" che prende tutto poco sul serio: l'unica chiave possibile per interpretare "il genio".
L'uomo fedele (2018) di Louis Garrel
Il passaggio dalla recitazione alla regia era inevitabile, e non solo per questioni di Dna. Dopo la (riuscitissima) opera prima Due amici, si mette ancora più in gioco con quest'altro triangolo che lo vede diviso tra la vera compagna Laetitia Casta e la più giovane Lily-Rose Depp. Il cinema è una questione di famiglia, da sempre e per sempre.
L'ufficiale e la spia (2019) di Roman Polanski
Roman Polanski inaugura una stagione di Grandi Autori. E gli assegna una parte anch'essa iconica e delicatissima: quella del capitano Alfred Dreyfus, al centro dell'affaire che tenne in scacco la Francia di fine Ottocento. Un film enorme, punto.
Piccole donne (2019) di Greta Gerwig
Trasferta americana per l'ennesimo (e perfetto) adattamento del romanzo proto-femminista per eccellenza. Greta Gerwig gli offre la piccola ma cruciale parte di Friedrich Bhaer, il professore che fa aprire gli occhi a Jo sulla scrittura. La scena di ballo con Saoirse Ronan è unforgettable.
Rifkin's Festival (2020) di Woody Allen
Altro giro, altro grande autore USA. L'ormai reietto (vergogna!) Woody Allen torna in Europa per quello che pare a tutti gli effetti un film-testamento preventivo. Louis è il regista francese pieno di sé che fa perdere la testa a Greta Gerwig. Tutto perfetto, capacità di prendersi per il culo da solo compresa.
Prima di andare via
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