Da settimane alcuni analisti italiani sono impegnati nel racconto di un presunto processo di “moderazione” di Giorgia Meloni, che secondo questa vulgata si starebbe spostando progressivamente verso il centro.
Gli argomenti che, di solito, vengono impiegati per fornire un sostegno a questa argomentazione hanno a che fare con le sue posizioni sulla guerra d’aggressione russa in Ucraina.
A differenza degli altri due leader della coalizione di centrodestra, che per motivi diversi hanno mostrato qualche perplessità nei confronti dell’alleanza Atlantica (Salvini è finito nell’occhio del ciclone per via del suo passato filo-moscovita e Berlusconi, amico di Putin da tempi non sospetti, ha puntato il dito contro l’atteggiamento del governo e dell’Occidente, toccando anche il capitolo sanzioni), Meloni ha scelto di giocare a carte scoperte e non concedere spazio all’ambiguità. Ha sempre sposato la linea della Nato, sin dall’inizio del conflitto, rimarcando la necessità di evitare che l’Italia possa trasformarsi nel “ventre molle” dell’Occidente e allineandosi all’indirizzo del governo pur rappresentando l’opposizione: un atteggiamento strategico e prudente che le è valso un’importante crescita nei sondaggi. Anche le amministrative suggeriscono che Meloni abbia allargato il suo bacino di elettori potenziali; Fratelli d’Italia continua a mietere consensi senza soluzione di continuità: ha sorpassato la Lega in 22 capoluoghi di pronuncia su 26 e, all’indomani dell’Election Day, è ormai chiaro che la Lega ha abbandonato il ruolo di azionista di maggioranza del centrodestra. Insomma, Meloni sta studiando da premier: sa che le possibilità di prevalere nelle politiche sono altissime e, se nel prossimo futuro dovesse vedersi accordato un mandato per la formazione di un governo, dovrà farsi trovare pronta e irrobustire la sua capacità di sintesi (trovare una maggioranza non sarà semplice e lei, da politica navigata, ne è ben consapevole: all’occorrenza, dovrà essere pronta ad accordarsi anche con alleati attualmente insospettabili).
Al netto delle opinioni sulla guerra e delle sensazioni, però, è importante non dimenticare la cultura politica da cui Meloni proviene e le battaglie che ha portato avanti negli ultimi anni, che hanno ben poco di moderato: l’intransigenza sull’immigrazione clandestina, la difesa dei valori della famiglia tradizionale, i continui ammiccamenti agli schieramenti pro-vita, l’enfasi sulla sacralità del ruolo della madre e l’utilizzo strumentale della fede cattolica rappresentano, tuttora, il core business della sua comunicazione politica. Ne abbiamo avuto un esempio ieri, durante il comizio che la leader ha tenuto sul palco di Vox, partito di estrema destra – alleato in Europa – con cui Fratelli d’Italia ha storicamente ottimi rapporti.
La deputata romana, in visita in Andalusia durante il silenzio elettorale italiano per il voto di ieri, si è prodigata in un accorato discorso in spagnolo – una lingua che, è cosa nota, ha la capacità di farla esaltare – destinato a trasformarsi in un meme, anche per via del crescendo emotivo che ha caratterizzato tutte le fasi della sua filastrocca destrorsa – forse i tempi del “Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana. No me lo pueden quitar” sono tornati.
mi sfugge la matrice…#Meloni #Vox #Spagna #FdI pic.twitter.com/G1QyFuTQ06
— Sirio (@siriomerenda) June 14, 2022
Aldilà del potenziale memetico che siparietti del genere sono capaci di generare, quel che è conta è che le parole di Meloni, contrariamente al ciarlare di una certa stampa, di moderato non hanno proprio niente: è stato un discorso integralmente estremista, privo di zone grigie e articolato per coppie antitetiche, seguendo la logica del “sì” e del “no”, la più radicale che esista.
Lo ha reso chiaro lei stessa: «Non ci sono mediazioni possibili, o si dice sì o si dice no. Sì alla famiglia naturale, no alla lobby Lgbt, sì alla identità sessuale, no alla ideologia di genere, sì alla cultura della vita, no a quella della morte».
Successivamente, la leader di Fratelli d’Italia ha solleticato gli animi dei sostenitori delle “radici cristiane” dell’Europa, senza dimenticare di lasciare il giusto spazio a una punta di islamofobia: «Sì ai valori universali cristiani, no alla violenza islamista». Largo spazio anche a quelli che saranno i temi caldi della sua campagna internazionale: «Sì alle frontiere sicure, no alla immigrazione massiva». E ancora, senza che ci fosse un apparente legame tra le due cose: «Sì al lavoro per i nostri cittadini, no alla finanza internazionale». E poi il gran finale, con tanto di rimandi al pericolo della “sostituzione etnica” e ai vecchi nemici di sempre, i grigi burocrati di Bruxelles: «Sì alla sovranità del popolo, no ai burocrati di Bruxelles, sì alla nostra civiltà e no a chi vuole distruggerla».
Parole che dimostrano che, con buona pace dei teorici della moderazione, Meloni è sempre fedele a sé stessa: la mamma, la donna, la cristiana e, a questo punto, l’ultimo baluardo del sovranismo euroscettico in salsa italiana. All’estero lo sanno, in Italia vediamo di non dimenticarcene.