Nel mio editoriale sugli scrittori premi Nobel ho citato Günter Grass (1927-2015), un autore che merita un racconto. Grass è stato uno dei maggiori e più popolari autori tedeschi, significa maggiori e popolari in assoluto. Come sanno essere i tedeschi. La cadenza di quella grandezza può essere dettata dai Nobel attribuiti ai tedeschi, un percorso che parte da Thomas Mann (1929), prosegue con Herman Hesse (1946), Heinrich Böll (1972) e Grass (1999). L’ossessione e la cultura di Grass erano il nazismo. Ha passato gran parte della sua vita a confrontarsi con quell’immane peccato originale della Germania. Un peccato che gli apparteneva, perché a 17 anni Günter era entrato volontario nelle famigerate Waffen-SS. Quando gli dicevano “eri un adolescente, non conta”, lui rispondeva “conta, eccome se conta”.
Per riscattarsi, lo scrittore ha impegnato la propria intelligenza, il talento e la vita. Non è stato l’autore, l’intellettuale che guarda da un angolo le vicende del mondo; ha partecipato, con assiduità, persino con violenza, alla vita anche politica del suo Paese. Venne definito “il sismografo spirituale della Germania”, il “piedistallo etico che denunciava la vera ulcera della Storia tedesca”. Sostenne la candidatura del socialdemocratico Willy Brandt e lo indusse a inginocchiarsi sulle rovine del ghetto di Varsavia, grande vergogna tedesca. Si arrabbiò molto quando il presidente americano Reagan rese omaggio, insieme al cancelliere Kohl, ai caduti delle SS sepolti accanto a quelli americani nel cimitero di Bitburg. Grass era uno spirito supercritico, se la prese sempre con tutti. Ma certo portava argomenti forti, veniva ascoltato. Pochi libri hanno influenzato cultura e società come Anni di cani (1966), Il mio secolo (1999) e Sbucciando la cipolla (2007).
E poi Il tamburo di latta, naturalmente. Un libro della Germania, e del mondo, del 1959. Il racconto è complesso, articolato, surreale, carico di simboli. A cominciare dalla decisione del protagonista Oskar, una volta intuita la situazione, di ritornare nel ventre della madre e comunque di non crescere, dopo i tre anni, per non entrare nel mondo degli adulti. La parabola viene raccontata, a posteriori, da Oskar, dal manicomio dov’è rinchiuso. Le fasi saranno poi quelle dell’opposizione, e quindi dell’adesione al nazismo. Il tutto cadenzato dal suono del tamburo. Alla fine della guerra, il ragazzo decide di crescere. Diventerà compositore di musica da tamburo, di successo, entrando e uscendo continuamente dal manicomio. Simboli potenti e suggestivi, da “leggere” conoscendo la storia di Grass, di cui Oskar è naturalmente l’alter ego.
E poi il film, del 1979. La produzione affidò il romanzo a Volker Schlöndorff, uno dei profeti del fondamentale movimento del cinema tedesco di quei decenni, insieme a registi come Wenders, Fassbinder, Herzog e Kluge. Il titolo era in buone mani. Sopra ho definito lo scrittore come uno fra i maggiori e popolari della Germania e del mondo. La popolarità: il grande salto in quel senso è indubbio che lo debba al cinema. Succede spesso. Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa e Il nome della rosa di Eco, per stare dalle nostre parti, devono molto al cinema, anche se la qualità dei romanzi era alta e riconosciuta. Ma apparteneva alla fascia che legge e si informa, alla cosiddetta intellighenzia. Coi film vennero aperti altri orizzonti, soprattutto quello del mercato. Non era un dettaglio. Un altro caso esemplare: quale sarebbe il peso di Harry Potter e di J.K. Rowling senza i film?
Grass era già un gigante letterario prima del 1979. Ma il film, come detto sopra, gli diede quella spinta esponenziale. La qualità, molto alta, della versione cinematografica – anche se riaccordata, semplificata secondo le regole del cinema – fece del Tamburo di latta non solo un libro, ma un libro/film. Inoltre, cosa rarissima, vinse sia la Palma d’oro di Cannes che l’Oscar, i due massimi riconoscimenti del cinema. E, a suggello, una cosuccia come il Nobel. Grass era dunque completo per l’universo. Davvero non potevi permetterti di non conoscere Günter e il suo Tamburo. L’intellighenzia ti avrebbe discriminato.