Sono tantissime le persone che credono alle leggende metropolitane più fantasiose, dai coccodrilli che escono dai tombini negli Stati Uniti ai tatuaggi attacca/stacca impregnati di LSD fino alle origini del Covid. Tra quelle che aleggiano sul pop internazionale ce n’è una che coinvolge i Queen e Michael Jackson. Entrambi pubblicano nel 1982 un album, ovvero Hot Space e Thriller. I due dischi, che nel 2022 compiono quarant’anni, hanno avuto un destino completamente opposto, ma potrebbero essere connessi. Corre infatti voce che Michael Jackson si sbilanciò dicendo che senza Hot Space il suo best seller non sarebbe mai nato.
È impossibile trovare una fonte certa di questa affermazione, se non una dichiarazione di Brian May. Eppure è una voce che continua a girare forse per l’inserimento nella pagina Wikipedia di Hot Space o per il passaparola ininterrotto. Potrebbe essere un falso storico, anche se le idee musicali dei Queen e di Jackson in quel periodo viaggiavano su binari talmente paralleli che non è difficile pensare vi sia un fondo di verità. Innanzitutto per motivi cronologici. Hot Space esce nel maggio 1982, Thriller nel novembre 1982, Jackson avrebbe avuto tutto il tempo per inglobare nel suo sound determinate intuizioni dei Queen verso una musica crossover, cosa che anche lui stava sperimentando.
Entrambi i dischi contengono vari generi (dalla disco al rock passando per R&B, elettronica, funk, pop melodico) che sulla carta sono un grimaldello per entrare in classifica. La grande differenza è che Hot Space otterrà tiepidi favori del pubblico e aspre stilettate dalla critica. Non viene perdonata alla band la svolta dance oriented impressa dal bassista John Deacon (da sempre anima soul della band), così come l’introduzione per la prima volta di drum machine e la prominenza dei sintetizzatori, a discapito dell’impianto rock di batteria e chitarroni. Una svolta sperimentale poi ricordata come un passo falso dalla stessa band. A detta di Roger Taylor, i Queen si erano spinti troppo avanti perché il disco potesse essere capito e perché loro stessi potessero mettere a punto la nuova formula.
Mentre il loro essere avanti veniva accolto con scetticismo, Michael Jackson in Thriller riesce a portare il concetto di musica contaminata allo stato dell’arte e a fare bingo su tutte le ruote. Questo perché Jackson ribalta la questione lavorando su un ampliamento del suono funk/dance verso altri lidi praticamente agendo in modo speculare ai Queen: partendo dal proprio background black anziché il contrario, cosa che è poi il vero tallone d’Achille di Hot Space.
Le similitudini? Già dall’apertura di Hot Space si trasale. Staying Power stranamente ricorda Wanna Be Startin’ Something, soprattutto nell’uso della batteria elettronica, nei fiati, nel groove di synth bass, nell’urgenza della melodia vocale, anche se il brano di Jackson è a doppia velocità. Sia nella ritmica sia nel giro di basso d’apertura, Dancer è spaventosamente simile a Billie Jean, ma poi passa a quello che chiameremmo rock coatto, Black Chat sembra Thriller in versione edonista e sfacciata, il basso sintetico serpeggiante di Body Language è un po’ nell’ossatura dell’album del re del pop e per quanto riguarda la commistione col rock più duro è chiaro che dentro Hot Space non c’è nulla di paragonabile a Beat It, ma roba come Action This Day, col suo riff e il cantato graffiante, ci va molto vicino (e attenzione, un anno dopo troveremo Van Halen a schitarrare nel mini album di Brian May Star Fleet Project).
Probabilmente la grande differenza sta qui: se Jackson si ispira a Hot Space è per brevi frammenti, o meglio per lampi circoscritti in singole canzoni e poi, ovviamente, per l’idea di fondo di mescolare bianco e nero, rock e funk. Ma è evidente che tra i due album c’è un abisso: Hot Space nasce con l’antica concezione della band che suona tutto da sola e che di fondo mantiene la sua attitudine rozza, mentre Thriller è uno dei primi esempi di catena di montaggio in fase di produzione, dove – per fare un esempio – al solo sintetizzatore ci sono 200 persone, tutte reclutate per delle peculiarità in cui eccellono singolarmente (per i solo o per le bassline o per i pad), e così via per gli altri strumenti. La produzione di Quincy Jones è di un perfezionismo certosino che mal si accomoda con l’urgenza rock dei Queen, sicuramente più avvezzi alla presa diretta. C’è anche da fare un distinguo sulla scrittura delle canzoni, che non sono tutte farina del sacco di Jackson, ed effettivamente un Rod Temperton difficilmente avrà avuto nella testa Freddie Mercury nel momento di comporre.
Dire quindi che Thriller non sarebbe esistito senza Hot Space è forse eccessivo, ma è indubbio che Jackson e i Queen si siano ispirati a vicenda. Jackson frequentò il backstage degli inglesi gustandosi tutti i loro show a Los Angeles nell’81. Nel 2020 Roger Taylor ha rivelato alla stampa che fu proprio grazie a Michael Jackson che i Queen pubblicarono come singolo Another One Bites the Dust. Il brano, scritto da Deacon, era stato sottovalutato dalla band, ma Jackson suggerì di farlo uscire su 45 giri perché sarebbe diventato sicuramente una hit. E così fu: ed è semmai il successo di quel singolo ad aver dato il La a Thriller, convincendo Jackson di essere sulla giusta strada per mettere su un capolavoro.
L’attento studio sulla presenza scenica e vocale di Mercury da parte di Jackson e un’ovvia stima del cantante dei Queen per l’esperienza incredibile dell’ex enfant prodige, giovanissimo eppure scafatissimo nell’ambiente vista l’esperienza coi Jackson Five, portò inevitabilmente i due a una frequentazione che per un po’ fu una vera e propria amicizia. È proprio in questo momento che le strade di Hot Space e di Thriller si incrociano: i due registrano tre duetti, State of Shock, There Must Be More to Life Than This e Victory. Il primo, un brano hard rock con venature funk scritto da Jackson e Randy Hansen, sarebbe dovuto entrare direttamente nella scaletta di Thriller, mentre il secondo, scritto da Mercury, era stato pensato per l’inserimento in Hot Space. Il terzo rimane a tutt’oggi inedito, ma darà comunque il titolo all’ultimo capitolo dei Jacksons con Michael in formazione.
Jackson ricicla State of Shock sostituendo Freddie con Mick Jagger e la inserisce nell’album Victory facendone una hit immediata. Dal canto suo, Mercury reincide There Must Be More to Life Than This per il suo primo disco solista Mr, Bad Guy interpretandola da solo. In Hot Space non ci sarà quindi alcun duetto con Jackson, partner idealmente “rimpiazzato” da Bowie – la hit Under Pressure fa parte dell’album. In entrambe le canzoni si nota una reciproca influenza quasi naturale: da una parte il cantato aggressivo ma comunque glam di Mercury che entra nel mondo di Jackson e dall’altra quello stupore quasi fanciullesco, ingenuo, che non riesce a capire i mali del mondo tipico del Jackson stile Heal the World che entra a far parte del lessico di Freddie.
A proposito di questo candore bambino, la fissazione di Michael Jackson per fare entrare in sala di registrazione il suo cucciolo di lama infastidì Mercury il quale, turbato, interruppe la collaborazione. Dal canto suo, Jackson era infastidito dal continuo uso di “polverine magiche” da parte del cantante dei Queen nelle session di registrazione. Questo particolare basterebbe per dire che sì, Thriller e Hot Space hanno un filo diretto che li unisce, ma la loro distanza è simile a quella tra l’acqua santa e il diavolo. Insieme però rappresentano un discorso pionieristico che è lo specchio perfetto di un periodo storico in cui si volevano abbattere le barriere e resettare musicalmente tutto. I fan di questa leggenda metropolitana possono stare tranquilli. Non possiamo comunque separare Hot Space da Thriller, come è impossibile separare lo yin dallo yang.