Harry Styles – L’uomo più desiderato del mondo
I suoi dischi volano. Hollywood lo cerca. I fan vogliono sapere tutto della sua vita privata. Abbiamo seguito Harry Styles a New York, Londra, Amburgo e al Coachella per capire come riesce a far sembrare tutto semplice anche quando non lo è
Harry Styles. Foto: Amanda Fordyce. Vestito e gonna Vivienne Westwood; scarpe ERL; gioielli HS own
In un venerdì sera a New York, Harry Styles ha messo su un grande show. Non uno show qualunque: per la prima volta ha fatto per intero il suo terzo disco Harry’s House. In quella sera di maggio, il pubblico della UBS Arena di Long Island era tutto piume, glitter e lacrime, come se avesse mutato pelle, un rito che si ripete ogni volta che Styles arriva in città.
Questa volta nei bis è accaduta una cosa nuova: Styles non ha chiuso come fa di solito con Kiwi, ma ha cantato per la seconda volta il suo nuovo singolo As It Was, una riflessione sull’isolamento e il cambiamento da ballare fino alle lacrime. Il pubblico ha reagito come nemmeno Styles poteva immaginare. E questo l’ha scosso. «Sceso dal palco sono andato dritto in camerino, volevo stare da solo per un paio di minuti», mi racconta due mesi dopo. «Dopo gli One Direction non mi aspettavo di provare emozioni del genere. È stato pazzesco ed ero, come dire, non spaventato, ma avevo bisogno di un minuto. Non ero sicuro di cosa fosse. Sapevo solo che quell’energia era incredibile».
A 28 anni, Styles ha raggiunto un nuovo livello di celebrità. Anni fa riempiva regolarmente gli stadi come membro degli One Direction, la sua boy band, ma in questa primavera/estate lo sta facendo da solo. As It Was è diventata la sua canzone più nota, stabilendo nuovi record di streaming, arrivando al numero uno in oltre 20 Paesi e passando 10 settimane di fila in vetta alla classifica americana. Visto che il suo pubblico è composto prevalentemente da ragazze, molti lo avevano relegato al ruolo di idolo belloccio per teenager (non c’è bisogno di citare decenni di storia della musica per dimostrare quanto questo preconcetto sia errato). Il vento è cambiato. «As It Was è stata apprezzata da un sacco di maschi», nota Styles. «Ma è strano anche solo dirlo perché non ho fatto il pezzo con lo scopo di conquistare gli uomini. Ma è successo».
Ho incontrato Harry prima della sua esibizione come headliner al Coachella, ad aprile. Era nel backstage con James Corden, Shania Twain, sua ospite al concerto, e la sua ragazza Olivia Wilde. Sono stata ai suoi concerti di New York e Wembley, a Londra, entrambi sold out. L’immenso amore mostrato dai fan nei confronti di Styles è semplicemente impossibile da ignorare e lo si poteva leggere sulla faccia di ognuno di loro, che fossero fan da «un anno, due anni, cinque anni, dodici anni», come dice spesso Styles nel suo discorso di ringraziamento a fine concerto. Mi è capitato di sentire la sua musica ovunque, anche quando non volevo. As It Was suonava in ogni taxi. Watermelon Sugar era la colonna sonora perfetta per far colazione. Golden era in sottofondo in una farmacia a Londra. E quando Late Night Talking è partita in un bar di Brooklyn, un uomo ha urlato «mi piace Harry Styles, lo ammetto», manco fosse un atto radicale di auto-accettazione.
In questo 2022 Styles potrebbe davvero trovarsi ovunque ma, al momento, è di fronte a me, seduto su una poltrona in una suite di un hotel di Amburgo, in Germania, in un afoso pomeriggio di giugno. Dopo un tuffo mattutino nel Mare d’Irlanda, è volato qui e si sta godendo un giorno di pausa nel bel mezzo del suo primo tour europeo dal 2018. Di persona, sembra più simile a quel tuo amico carino o a un fratello maggiore fanatico di sport piuttosto che all’icona queer che conosciamo. Ha lasciato boa e tute di pailettes in camerino, optando per una giacca sportiva blu della Adidas, pantaloni corti e sneakers di Gucci. I suoi capelli, spesso descritti come arruffati come quelli di un principe di un qualche romanzo, sono legati dietro con una pinza, l’accessorio tipico da day off.
Styles è un millennial anomalo: il suo telefono è in carica dall’altro lato della stanza e non si volta mai a guardarlo alla ricerca di una notifica. Mantiene il contatto visivo con chi gli parla e i suoi pensieri si dispiegano in un lento accento inglese. Più che zen, è quasi stoico: l’energia da buffone della classe che aveva quando il mondo s’è innamorato di lui 12 anni fa ai tempi degli One Direction è naturalmente scemata. Ma è ancora affascinante come non mai; ricorda ad esempio i dettagli delle nostre fugaci conversazioni avute in altre città dove lo stavo (professionalmente) stalkerando e si mostra sinceramente interessato a come sto passando il tempo ad Amburgo e come funzionano le deadline del magazine (tornando a New York, dopo aver sorpreso i suoi fan all’evento di Spotify per il lancio del nuovo album, mi ha chiesto cosa ne pensassi dell’ultimo lavoro di David Crosby, che ha amato). «Il mio prozio abita qui», dice a proposito di Amburgo. «Ha sposato una donna tedesca, ho una cugina da queste parti. Venivano sempre a farci visita quando ero un ragazzino e l’unica parola inglese che lei conosceva era “limonata”. Ma non so se davvero voleva della limonata o se era un modo per dirmi “dammi dell’acqua per favore!”».
Amburgo, dove canterà domani sera per più di 50 mila fan al Volksparkstadion, aspettava Styles da tempo. Il Love on Tour era infatti previsto per la primavera del 2020, alcuni mesi dopo la pubblicazione del secondo disco Fine Line. Sappiamo cos’è successo. Styles non ha potuto esibirsi fino allo scorso autunno, ma nel frattempo gli è capitata una cosa interessante. Mentre eravamo chiusi in casa, lui è riuscito ad arrivare primo in classifica con Watermelon Sugar, un brano così dolce che ci vuole un attimo prima di realizzare che parla di cunnilingus. Meno di un anno dopo, con quella canzone Styles ha vinto il suo primo Grammy.
Con l’aggravarsi della pandemia, Styles è tornato a Los Angeles, dove possiede una casa, e ci si è trasferito con tre amici. Insieme sono «usciti a far delle camminate, cucinato, lavato la lattuga e fatto cose del genere» prima di decidere di usare il tempo a disposizione per mettersi a provare a scrivere nuovo materiale. Lo studio di Malibu di Rick Rubin, lo Shangri-La, era disponibile, così Styles ci si è trasferito con i suoi produttori e collaboratori di lunga data Kid Harpoon e Tyler Johnson. «Non avevamo idea del perché fossimo in studio», mi racconta. «Abbiamo solo pensato che star lì assieme a provare far musica era pur sempre meglio che a stare a casa a far nulla».
Prima che se ne rendessero conto, i tre stavano registrando Harry’s House, il disco più radiofonico di Styles. Ispirandosi a Hosono House, un disco del 1973 di Haruomi Hosono, che Harry ha sentito per la prima volta anni fa, quando viveva in Giappone, ha costruito le canzoni come un dialogo interiore in un giorno qualunque della vita.
Quando si è potuto tornare a volare, Styles è rientrato a Londra. Con un amico ha guidato l’auto del suo padrino fino in Italia, ascoltando i CD jazz trovati nel cruscotto. Ha visitato la fontana di Trevi, probabilmente con i baffi che si era fatto crescere in pandemia, trovandosi lì con altre quattro persone invece della folla che solitamente anima il sito: «Ogni giorno mi dicevo “che momento strano, no?”, e mi rispondevo “sì, non ha senso”».
I suoi coinquilini, amici e collaboratori sono stati fondamentali per non farlo andare fuori di testa. «Avrei faticato parecchio se avessi dovuto affrontare quel momento da solo», dice quasi citando una frase del testo di As It Was, “Harry, non sei bravo a star da solo”. Dopo l’Italia, Styles ha raggiunto degli amici in Francia per poi tornare al lavoro ai Real World Studios, vicino a Bath, in Inghilterra. È poi rientrato negli States per riprendere il tour di Fine Line: Harry’s House era stato completato in gran segretezza.
Ora, oltre ai singoli e al tour mondiale, ci sono altri indicatori del suo nuovo livello di celebrità: la sua linea di abbigliamento, skin care e cura delle unghie chiamata Pleasing, una collezione con Gucci, per non dire della sua fiorente carriera cinematografica. Styles farà infatti parte del cast del thriller psicologico Don’t Worry Darling e della pellicola drammatica My Policeman, oltre ad esser stato arruolato dai Marvel Studios per recitare nella parte di Eros in almeno uno dei film della saga Eternals. «Tutto quello che è successo dopo X Factor mi sembra un regalo», spiega riferendosi al talent che ha portato alla formazione degli One Direction. «Andare in tv e cantare, non avrei mai pensato sarebbe potuto succedere».
E oggi, in questo hotel di Amburgo, Styles sta ancora provando a trovare un senso a tutto questo. Pensa all’amore, alla vergogna, all’onestà, all’importanza di essere gentile e alla terapia. Ed è preoccupato. È preoccupato di come riuscire a diventare una delle più grandi popstar del mondo, di quelle che si danno completamente ai propri fan, e continuare ad essere un buon figlio, fratello, amico, partner. Più tutto diventa grande, più Styles immagina una vita riservata. Come può l’uomo più desiderato al mondo tenere il meglio per se stesso?
Quando Styles ha fatto i due sold out allo stadio di Wembley a giugno, la prima cosa che ha fatto ogni sera, sceso dal palco, è stato farsi una doccia. La doccia post show è diventata un rito: una necessità igienica, certo, ma anche un momento cruciale di riflessione. E così che si sciacqua via le urla piene di amore e desiderio dei fan. Chiunque altro ne sarebbe sopraffatto. «Non è normale trovarsi di fronte a tutte quelle persone e vivere quel tipo di esperienza», dice. «Quando però ti lavi via tutto questo, non sei che una persona nuda nella forma umana più vulnerabile. Come un bambino nudo».
Le docce dopo Wembley oltretutto sono state particolarmente gratificanti. Quando gli One Direction, che Styles chiama «la band», hanno suonato qui nel 2014, Harry aveva la tonsillite. «Stavo malissimo», racconta. «Quando abbiamo suonato qui per la prima volta sono sceso dal palco, montato in auto e scoppiato in lacrime per la delusione». Il suo show solista a Wembley è stata una sorta di reunion: amici e famigliari hanno assistito a entrambe le serate. Sua mamma, Anne Twist, la sorella Gemma, gli amici e tutto il suo team hanno ballato vicino a Wilde e ai suoi due bambini. Anche il suo ex compagno di band Niall Horan è passato e lo si è visto sorridere durante What Makes You Beautiful.
Da quando è diventato una delle più grandi popstar al mondo, sono cresciuti il bisogno di privacy e di tenere quel “bambino nudo” lontano dall’occhio del pubblico. Una certa riservatezza lo ha aiutato a respingere le continue domande sulla sua vita sessuale, di quelle che gli venivano fatte quando era appena maggiorenne. Negli ultimi anni ha iniziato ad andare in terapia più regolarmente. «Mi sono ripromesso di andarci almeno una volta a settimana», spiega. «Faccio esercizi e mi prendo cura del mio corpo ogni giorno: perché non farlo anche con la mente?». Così ha iniziato a processare una parte di sé che non aveva ancora affrontato. «Molte emozioni ci sono sconosciute prima di iniziare ad analizzarle. A me piace guardarle in faccia. Piuttosto che pensare “non voglio sentirmi così”, preferisco domandarmi “perché mi sento così?».
Un’emozione di cui doveva liberarsi era la vergogna, quel tipo di vergogna che nasce quando la tua vita sessuale è continuamente sotto osservazione e tu stai ancora provando a darle un senso. Col passare degli anni, ha imparato a smettere di scusarsi per questo. Ha imparato ad essere vulnerabile in privato continuando comunque a proteggersi dallo sguardo del pubblico. Qualche volta però si preoccupa ancora di essere un «ipocrita» per via della sua riservatezza. I suoi concerti infatti sono diventati dei luoghi in cui sentirsi liberi e molti dei suoi fan vogliono condividere chi sono con lui. Sul palco, Harry aiuta le persone a fare coming out con i propri genitori, supportando il suo pubblico in ogni modo, dalle proposte di matrimonio alle rivelazioni di genere. Ma separare la sua vita personale da quella pubblica non è stata una scelta facile. «Mi piace pensare di essere aperto, abbastanza testardo e disponibile ad essere vulnerabile. Posso essere egoista qualche volta, ma penso di essere una persona che si prende cura degli altri». Dividendo la sfera pubblica da quella privata, ha trovato un vago equilibrio. «Non parlo mai della mia vita extralavorativa e credo che questo mi porti dei benefici positivi», spiega. «Ci sarà sempre un modo in cui verrò raccontato dagli altri, ma ho deciso che non passerò altro tempo provando a correggere o a ridirezionare questa narrativa».
La scelta di proteggere la sua vita privata non ha fatto altro che incuriosire chi è dall’altra parte della barricata. Per anni la sua sessualità è stato un tema di discussione, e di quasi ossessione. Harry, come Mick Jagger e David Bowie prima di lui, ha scelto un’estetica gender fluid, ma ha ripetutamente fatto notare quanto è controproducente dare etichette sull’identità delle persone. I critici accusano questo approccio di queerbating o di approfittare dell’estetica queer senza appartenere alla comunità. Chi è dalla sua parte invece sostiene che non è corretto costringere qualcuno a darsi un’etichetta per convalidare il suo genere o la sua creatività. Styles trova molte di queste discussioni stupide: «Ogni tanto le persone mi dicono, “Ti fai vedere solo con donne”, ma io non penso di farmi mai vedere pubblicamente con qualcuno. Se mi fanno una foto mentre sono con una persona, questo non significa che io abbia scelto di avere una relazione pubblica».
In realtà, ovunque lui si trovi c’è sempre Olivia Wilde. La coppia si è incontrata sul set del film da lei diretto, Don’t Worry Darling, ma di loro si è iniziato a parlare solo quando alcuni paparazzi li hanno fotografati mentre si tenevano per mano al matrimonio del manager e amico Jeffrey Azoff, nel gennaio 2021. Wilde e Styles hanno detto molto poco della loro relazione e i pettegolezzi hanno riempito questo silenzio. Molti utenti di Twitter si sono appellati alla loro differenza di età (come se non fosse totalmente normale che un uomo di 28 anni possa uscire con una donna di 39) e hanno criticato la dinamica sentimentale regista-attore (come se nella lunga storia di Hollywood non fosse pieno di coppie che si sono conosciute in questo modo).
Molto più intensi e spiacevoli sono i commenti di una certa frangia della fanbase di Styles che prende in giro Wilde per il modo di ballare o scrive lunghi tweet o prepara video di TikTok nel tentativo di screditarla malamente per cose dette una decina di anni fa. Se Styles deve mantenere uno standard elevato, la sua partner è chiamata a un’impresa impossibile.
Styles non è granché presente sui social. Usa Instagram per guardare post di piante o di architettura, non ha mai avuto TikTok e chiama Twitter «un posto di merda dove le persone provano ad essere orribili col prossimo», ma è comunque consapevole che ci sono piccoli e tossici angoli di internet che continuano a parlare male delle persone a lui vicine. «Questo non mi fa star bene», dice. Discutere di questo argomento è come camminare su una linea molto sottile. Harry vuole sembrare – e lo è – buono con i fan, ma non si può negare che, come ogni grande comunità online, c’è sempre una piccola parte anonima intenta a spargere odio. Nonostante le barriere che ha messo tra la vita pubblica e quella privata, a volte «c’è chi non rispetta questo confine». Di questa situazione gli tocca parlare all’inizio di ogni relazione, per quanto strano o prematuro possa sembrare. «Immagina di andare a un secondo appuntamento con una persona e dire “Ok, c’è una piccola parte del mondo online, non quello reale, che dirà certe cose, tutto sarà decisamente folle e molti saranno davvero crudeli con te… Comunque, cosa vuoi mangiare?”».
Nonostante sembri a suo agio con la propria fanbase, Styles si chiede ancora come poter reagire quando il rumore attorno si fa assordante. «È strano pensare che per avermi vicino bisogna essere esporsi a certe cose che sono su Twitter», dice. «Io voglio solo cantare. Non voglio far del male a nessuno». Quando le chiedo la sua esperienza con i fan di Harry, Wilde risponde in modo diplomatico. Come Styles, preferisce parlare della coppia come collettivo, «persone piene d’amore» capaci di costruire una comunità aperta. «Quello che non capisco della crudeltà a cui fai riferimento è che quella negatività tossica è l’antitesi di Harry e di ogni cosa cha fa», mi spiega. «Personalmente non penso che questo odio definisca la sua fanbase. La maggior parte di loro sono dei veri campioni di gentilezza».
Styles ha ottenuto il suo primo ruolo da attore protagonista a 4 anni, in una commedia chiamata Barney the Church Man. Dopo si è trasformato in Buzz Lightyear in una produzione di Chitty Chitty Bang Bang «perché nel negozio di giocattoli per qualche ragione c’era Buzz Lightyear». I suoi primi ruoli in opere teatrali includono: Razamatazz in Bugsy Malone (“il capobanda”) e il faraone ispirato a Elvis in Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat (ha poi davvero fatto un’audizione per Elvis di Baz Luhrmann, ma il regista lo ha scartato perché troppo conosciuto).
Eppure recitare non era parte dei suoi piani. È una cosa che gli piace, certo, ma suonare nella sua band, i White Eskimo, era tutta un’altra cosa. Quando hanno debuttato, vincendo, al concorso Battle of the Bands, qualcosa è cambiato: i professori hanno iniziato a guardare lui, e non viceversa. «Ero solo un esibizionista», dice con un filo di spavalderia. «Lo dico come se adesso non lo fossi più».
Mentre Styles stava preparando il suo debutto solista nel 2017, è tornato a recitare in Dunkirk di Christopher Nolan (il regista disse di non aver idea di quanto Styles fosse famoso). Allo stesso tempo la Marvel lo ha chiamato per il ruolo di Eros perché la regista Chloé Zhao non immaginava nessun altro se non lui. Il più eroico dei fratelli di Thanos è disegnato nel fumetto come un playboy intergalattico con una forza sovraumana e la capacità di controllare le emozioni delle persone (un ruolo che calza a pennello per la popstar più hot del pianeta). Il capo della MCU, Kevin Feige, ha fatto capire che ci sono progetti su Styles che, per adesso, è apparso solo in una scena nei crediti finali di Eternals, insieme a Pip, a cui ha dato la voce Patton Oswalt. «Sarebbe divertente se fosse tutto qui, vero?», ha scherzato Feige.
Il ruolo di Styles in Dunkirk ha attirato l’attenzione di Wilde mentre stava preparando Don’t Worry Darling. È stato così selezionato tra i papabili per il ruolo di Jack, l’affascinante ma misterioso marito di Alice, il personaggio interpretato da Florence Pugh. Styles aveva comunque molte ragioni per essere interessato a Don’t Worry Darling. Il secondo film di Wilde, infatti, aveva scatenato un’asta tra 18 differenti studi di produzione, dopo il grande successo della sua pellicola d’esordio, Booksmart.
Le trattative tra Styles e il team di Darling però non sono andate a buon fine; nel 2020, prima della pandemia, Styles sarebbe stato troppo spesso in tour per il mondo. Così il ruolo è stato affidato a Shia LaBeouf che, a fine dell’estate, è stato allontanato dalla stessa Wilde per una cattiva condotta sul set. «Volevo di nuovo recitare», racconta Styles, che ha passato gran parte della pandemia a guardare film con i suoi amici e collaboratori, rivedendo alcuni dei suoi lavori preferiti, come il belga Alabama Monroe – Una storia d’amore del 2012. Alcune notti, lui e i suoi amici mettevano alcuni titoli di film dentro un cappello e ne estraevano uno a caso («Avevano tutti gusti un po’ differenti, c’era chi voleva vedere Parasite e chi Le ragazze del Coyote Ugly»). Un mese prima dell’inizio delle riprese è stato annunciato che Styles avrebbe sostituito LaBeouf la, dimostrandosi perfetto per il ruolo di Jack, che trascina Alice nella remota e fittizia cittadina americana di Victory per lavorare a un progetto segreto di cui gli uomini non parlano con le mogli. Jack diventa un impiegato modello nel tentativo disperato di essere apprezzato dal proprio capo. «Stavamo cercando qualcuno con un innato e palpabile charme», racconta Wilde. «Tutta la storia dipendeva dal fatto che il pubblico avrebbe dovuto credere in Jack».
Styles ha girato Don’t Worry Darling da settembre 2020 a febbraio 2021 tra Los Angeles e Palm Springs. Era da undici anni che Styles non viveva nello stesso posto per così tanto tempo. Mentre era lì ha anche pensato di abbandonare completamente le scene, comprare un telefono usa e getta, smettere di far musica. «La realtà è che tu ti presenti sul set il primo giorno e per il 75% del tempo devi attendere», spiega. «Ho quindi pensato: “ok, passerò il tempo messaggiando qualche amico”». All’inizio era un po’ in ansia nell’accettare un ruolo così grande a fianco di star come Pugh, Chris Pine, Gemma Chan e Nick Kroll. «Quando fai musica ottieni una risposta immediata a quello che fai. Finisci di suonare una canzone e la gente applaude. Quando giri un film, e chiamano il cut, c’è una parte di te che si aspetta che tutti inizino ad applaudire, ma non accade. Ognuno, naturalmente, torna al proprio lavoro e ti viene da pensare “Oh, merda, ho fatto così schifo?». Il mestiere di attore gli ricorda quello del turnista: «Ti chiamano per fare la tua parte, poi qualcuno assembla il tutto e lo pubblica».
Il rischio potrebbe però pagare: lui e Pugh sono tra i più chiacchierati per la stagione dei premi cinematografici. Wilde racconta che c’è stato un momento «in cui ha fatto piangere tutti», nella scena della promozione di Jack durante una cena aziendale. «È una scena particolare, piena di rimandi fascisti e un disturbante numero di maschi», racconta Wilde. «La scena consiste in lui che sale sul palco con Frank (Chris Pine) per cantare a ripetizione questo viscido slogan dell’azienda: “Di chi è il mondo? Nostro!”. Un momento oscuro, infernale. Ma Harry l’ha portato a un altro livello. Era così nella parte in quel momento che ha iniziato a urlare le battute, in un ruggito primordiale, in una maniera così intensa che nessuno di noi si aspettava». Stando a quanto racconta Wilde, durante quella scena Pine si è fatto indietro, comprendendo che quello era il momento di Harry. «Il cameraman ha iniziato a seguirlo mentre si muoveva come un animale selvatico», ricorda Wilde. «Ai monitor eravamo tutti sbalorditi. Penso che anche Harry fosse sorpreso. Sono i migliori momenti per un attore, quando ti ritrovi fuori dal tuo stesso corpo».
Poco dopo Darling, Styles ha girato il più intimo My Policeman. Dopo aver letto il copione è rimasto così colpito da contattare il regista, Michael Grandage, per chiedere un incontro, presentandosi con tutte le battute del copione imparate a memoria. Styles nel film interpreta Tom, un poliziotto che inizia a provare dei sentimenti per un curatore museale chiamato Patrick (David Dawson). Ambientato negli anni ’50, quando nel Regno Unito avere una relazione omosessuale era ancora reato, il film vede la coppia frequentarsi di nascosto mentre Tom porta avanti un matrimonio di facciata con un’insegnante chiamata Marion (Emma Corrin). Il film si muove tra il passato e il presente, dove i tre si ritrovano ad affrontare terribili circostanze. «È abbastanza incomprensibile, oggi, pensare “Non potevi essere gay. Era illegale”», spiega Styles. «Tutti, me compreso, abbiamo fatto il nostro percorso per capire la nostra sessualità e sentirci a nostro agio a riguardo». Per lui, My Policeman è anzitutto una storia umana. «Non è solamente una storia gay su due uomini gay. Per me è una storia che parla d’amore e del tempo perduto». Secondo Styles, Grandage voleva porre l’attenzione su come fosse davvero il sesso tra due uomini nelle scene tra Tom e Patrick. «Spesso, nei film, il sesso tra persone gay è ridotto a due ragazzi che ci danno dentro, a cui viene rimossa tutta la dolcezza», ha continuato Styles. «Mi piace immaginare che a vederlo siano anche quelle persone che erano vive quando essere gay era illegale. Michael voleva mostrare questo atto di tenerezza, amore, sensibilità».
Darling e Policeman saranno presentati ai festival di Venezia e Toronto alla fine di questa estate, ma al momento Styles non pensa di girare altri film. «Non mi vedo a fare film per un po’», dice. Ci sono rumors su quanti lavori dovrà fare, per contratto, con la Marvel e c’è chi dice che stia già parlando in segreto con altri franchise (in risposta a chi sostiene che farà parte in una futura serie di Star Wars, risponde: «È la prima volta che sento questa cosa, immagino sia… falsa»). In questo momento non sta cercando nuovi ruoli. «Sono sicuro che arriverà il momento in cui ne vorrò altri, ma quando fai musica qualcosa succede sempre. Ti fa sentire creativo, ti nutre. Quando reciti per la maggior parte del tempo non fai nulla, aspetti. Certo, se questa è la parte brutta, rimane comunque un gran bel lavoro. Ma non mi fa sentire realizzato. Mi piace recitare, ma non penso lo farò spesso nella vita».
Come un vero principe, Styles mi invita ad assistere al concerto della filarmonica di Amburgo, otto ore prima del suo show. Nei passati tour, mi racconta, «attraversavo una marea di città e pensavo “sono stato qui sei volte e non ho visto nulla”». In questo tour, invece, si è interessato all’architettura. «È qualcosa che posso fare da me, sedermi da qualche parte e vedere cose».
Studiare i punti più riusciti di un edificio si adatta alla vita disciplinata e adulta da tour che si è creato. Styles si è infatti innamorato della routine on the road: 10 ore di sonno, iniezioni di vitamine e nutrienti, una dieta contro il reflusso gastrico che esclude caffè, alcol e certi cibi che possono creare problemi a una gola da cui dipende la felicità di oltre 50 mila fan. La scorsa notte ha dormito con due umidificatori. Quando ha aperto la porta della sua camera d’albergo, sembrava appena uscito da un bagno turco.
La Elbphilharmonie, Elphi in breve, è una struttura sorprendente che ricorda una bellissima vela. Styles indossa gli stessi abiti del giorno precedente, quando ci siamo incontrati, ha solo sostituito i pantaloncini con un paio di pantaloni gessati e una mascherina chirurgica a coprire il volto. Siamo entrambi in ritardo e non ci lasciano entrare in sala fino all’intervallo per cui ci avventuriamo tra i corridori e gli ascensori per esplorare grandi stanze trattate a livello acustico e godere di ampie viste su Amburgo. Harry si meraviglia di tutto. In una stanza a temperatura controllata piena di pianoforti chiede alla nostra guida quale sia il migliore, prima di sedersi ad uno e suonare per un paio di minuti di beatlesiana memoria (ha passato l’estate a suonare al pianoforte ogni mattina prendendo il caffè). Fa domande sulla pannellatura. E come un vero turista fa foto di tutto.
La prima volta che ho incontrato Styles è andata in modo molto simile. Nel suo primo tour da headliner, nel 2017 a San Francisco, andai nel backstage per intervistare Kid Harpoon. Styles entrò nella stanza mentre aspettavo e sembrava un tecnico delle luci qualunque e non l’headliner con una coda di fan che faceva il giro dell’isolato. Non era facile rapportarsi normalmente con lui (guardi su YouTube un video delle interviste più divertenti degli One Direction e d’improvviso ti ritrovi a pensare quanti loro cartonati ci starebbero nella stanza). Mi salutò come una vecchia amica e non come una che, ai tempi, ancora usava un portachiavi degli One Direction. Mi chiese come stavo, che facevo a San Francisco, se ero emozionata per lo show. Ricordo ogni momento di quella conversazione. Styles riesce a far sì che i suoi interlocutori si sentano ascoltati. Chiedete ai fan che l’hanno incrociato per caso mentre passeggiava a Central Park o a Hampstead Heath, racconteranno quel momento nei dettagli manco avessero incontrato il Papa (ok, il Papa non usa pinze per capelli).
Prima della seconda parte del concerto all’Elphi, il pubblico chiacchiera e ordina drink. Nessuno nota Styles quando arriviamo nella lobby (la mascherina aiuta). È divertente vedere una delle più grandi popstar del pianeta muoversi con tanta facilità, come se non avesse idea di quanto è famoso. «Se sei uno che pensa di non poter andare da nessuna parte e che ogni cosa è un problema, ecco, è così che diventerà la tua vita», spiega. «Ora a Londra vado ovunque. Se ti sposti solo in auto non vedi niente, e non è divertente».
Styles ricapitola gli impegni dei prossimi mesi: ad agosto, dopo aver chiuso il tour europeo a Lisbona, andrà in vacanza con alcuni amici, forse recupererà l’ultima stagione di Love Island che si è perso o guarderà The Bear per sapere se è bello come tutti dicono. La prossima parte del suo tour avrà lunghe serie di date a Los Angeles, New York, Austin e Chicago, una decisione che asseconda il suo bisogno di avere un calendario meno stressante nonché la possibilità di presenziare ai film festival e affittare studi per scrivere e registrare il quarto album. «Scrivo sempre», afferma. Lui e i suoi collaboratori stanno già lavorando su alcune nuove idee. «Ci piace da morire l’idea di rimetterci al lavoro, ed è strano visto che abbiamo appena pubblicato un album».
Più di ogni altra cosa, però, sta pensando al futuro. Prima o poi vorrebbe prendersi del tempo per sé, o almeno una pausa dal tour almeno visto che scrive sempre, e assicurarsi di essere una figura più presente per famiglia e amici. In compenso, ha imparato cos’è il vero amore. «La fantasia, o se vuoi la visione, la versione di te che le persone costruiscono ti fa sembrare privo di difetti. Ciò che apprezzo più dei miei amici è che mi ricordano costantemente che è ok aver dei difetti. Penso di essere abbastanza incasinato e di far errori di continuo. E questa è la cosa che mi fa sentire vivo: vedere le imperfezioni altrui e capire che non ami quelle persone nonostante i loro difetti, ma che le ami anche con i loro difetti».
Sta anche pensando a come sarebbe avere un figlio, un giorno. «Se avrò dei figli li incoraggerò a essere loro stessi, a essere vulnerabili e aperti». Sta anche pensando a quale messaggio trasmettere. Ammette che da ragazzino era disinteressato alla politica, o almeno a tutte le cose che non lo riguardavano personalmente. Diventando famoso ha iniziato a curarsene. «Mi sono guadato dentro e mi sono detto “non faccio abbastanza, anzi, non faccio niente”». Quando nel 2020 la conversazione sul razzismo sistemico ha raggiunto l’apice, Styles ha marciato per le strade e letto libri come How to Be an Anti-Racist di Ibram X. Kendi e The Will to Change di Bell Hooks. Ha iniziato a riflettere sull’uguaglianza di razza e di genere, essendo anche uno che assume molte persone per i propri tour. «Dire che una persona bianca non abbia un vantaggio in partenza è semplicemente falso», afferma.
Ci vediamo poco dopo che la sentenza Roe Vs. Wade è stata ribaltata dalla Corte Suprema. «Non posso immaginare quanto sia terrificante essere una donna in America in questo momento». Allo show di Amburgo, Styles ha mostrato fiero un cartello di un fan con su scritto “My Body, My Choice”. Il pubblico gli trasmette un’energia che lo riempie di ottimismo. «Mi sento fortunato a vedere un mare di gente, anche solo per questo tour, che si ritrova e condivide gli stessi punti di vista», spiega. «Queste persone sono meno spaventate di affrontare questa ferita, parlarne e fare qualcosa, rispetto alla generazione che ci ha preceduti».
Mentre aspettiamo che il concerto della filarmonica riparta, noto nel pubblico alcune ragazze con le loro famiglie e chiedo a Styles se pensa che qualcuno dei presenti verrà anche al suo show. Lui si guarda attorno tra le facce anziane del pubblico e risponde: «Meno dell’1%… ma io sarò presente a entrambi». Poi osserva l’orchestra con attenzione. Quando il direttore lascia il palco e torna per la standing ovation del pubblico, mi sussurra: «Sta per suonare la sua hit». Anche quando non si sta pavoneggiando davanti a 50 mila fan, cerca sempre di intrattenere chi è al suo fianco.
Usciamo prima del grosso del pubblico. Styles si ferma un secondo a fare qualche foto alla sala prima di dirigersi verso il suo concerto, dove salterà da una parte all’altra del palco spinto dalle urla dei ragazzi che hanno aspettato per anni questo momento. Come Harry, anche i suoi fan si fermeranno stasera, a centinaia, fuori dal Volksparkstadion. Faranno foto dei loro outfit, dei loro volti glitterati macchiati da lacrime e sudore, tra le pila di boa piumati abbandonati. Canteranno le sue hit con lui, tenendo puntati i telefoni per Night Changes degli One Direction e per Falling, la ballad di Fine Line. E quando l’eco del concerto si propagherà in città, probabilmente Harry si farà una doccia e si leverà di dosso tutte quelle sensazioni.
Tradotto da Rolling Stone US.