«Ma perché non prendono l’aereo?» è una delle frasi preferite dei razzisti di casa nostra quando un’imbarcazione colma di persone migranti affonda nel Mediterraneo.
Peccato che l’aereo in molti casi non sia un’opzione percorribile. Ottenere i permessi necessari per raggiungere in maniera sicura l’Europa è quasi impossibile. Anche se devi partecipare al funerale di un familiare, come hanno scoperto in questi mesi i fratelli di Alika Ogorchukwu.
Pochi giorni fa le esequie dell’ambulante di nazionalità nigeriana ucciso il 29 luglio a Civitanova Marche sono state rinviate – per l’ennesima volta – di un’altra settimana. Il legale della famiglia Ogorchukwu ha spiegato che i visti per i fratelli saranno validi a partire dal 10 settembre.
La libertà di movimento è un privilegio. Per accorgersene basta dare un’occhiata all’Henley Passport Index, la classifica di tutti i passaporti del mondo in base al numero di destinazioni raggiungibili senza visto.
Il passaporto italiano occupa il quarto posto della graduatoria insieme a Finlandia e Lussemburgo con 189 nazioni. Davanti a noi Germania e Spagna (190), Singapore e Corea del Sud (192), Giappone (193). Afghanistan, Siria, Iraq, Pakistan, Somalia e Libia sono invece alcuni dei paesi con i passaporti più “deboli”.
Ma non è sempre stato così, come ricorda la scrittrice Igiaba Scego nel Making of alla fine del romanzo La linea del colore (Bompiani, 2020). «I miei genitori, quando sono arrivati in Italia dalla Somalia negli anni Settanta, sono arrivati in aereo, niente barconi. La città di Roma, mi hanno sempre raccontato, era piena di studenti africani […] che studiavano medicina, ingegneria, architettura. All’epoca si poteva andare e venire con il viaggio legale. La migrazione non era l’unica scelta possibile. La gente poteva stare qui per un po’, studiare e ritornare al Paese».
Non sorprende purtroppo che il tema del viaggio legale sia assente in una campagna elettorale dove forze politiche a corto di idee monopolizzano il dibattito sui flussi migratori, invocando improbabili blocchi navali per fermare invasioni inesistenti.
I dati ufficiali del ministero dell’interno parlano chiaro: tra il 1 gennaio e il 29 agosto sulle nostre coste sono sbarcate 56.210 persone. «Nessuna emergenza numerica» secondo Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) intervistato dal quotidiano La Stampa.
Un altro dato eloquente fornito da Di Giacomo è la percentuale di migranti africani che resta all’interno del continente: oltre l’80%, con buona pace dello slogan di Giorgia Meloni “L’Africa in Italia non ci sta”. A quanto pare non sono poi così interessati a invadere il nostro paese.
Tuttavia questa settimana Salvini e Meloni, indiscussi campioni di cinismo in materia di immigrazione, sono stati battuti da Vincent Cochetel, inviato speciale per il Mediterraneo centrale e occidentale dell’Alto commissariato per i rifugiati (UNHCR).
Grieving for the loss. But the same mothers had no problem encouraging or funding their children to embark on those dangerous journeys. Like in Senegal, symbolically prosecuting parents for putting at risk their children could trigger serious attitudinal change on death journeys. https://t.co/lRAwT4MRWA
— vincent cochetel (@cochetel) September 6, 2022
«Sono addolorato per la perdita di vite umane, ma le stesse madri non hanno avuto problemi a incoraggiare o finanziare i propri figli, spingendoli a intraprendere quei viaggi pericolosi. Perseguire simbolicamente i genitori per aver messo a rischio i figli, come avviene in Senegal, potrebbe determinare seri cambiamenti di atteggiamento nei confronti di questi viaggi mortali», ha scritto in un tweet che ha suscitato non poco imbarazzo.
Cochetel rispondeva nel tweet a un ricercatore universitario che aveva condiviso la foto di una manifestazione in Tunisia di madri di persone scomparse nel Mediterraneo durante il viaggio verso l’Europa.
Auspicare la criminalizzazione dei genitori di chi è morto cercando un futuro migliore non si è rivelata una grande mossa per il funzionario delle Nazioni Unite. Le critiche lo hanno travolto e l’UNHCR ha ritenuto necessario ribadire con un commento ufficiale la propria contrarietà ad azioni penali contro chi ha perso i propri cari. L’inviato speciale si è poi scusato. «I miei commenti erano inappropriati. Mi dispiace soprattutto per le madri che hanno perso i loro figli. La mia frustrazione nel vedere così tante vite perse e l’impunità di cui godono i trafficanti non giustifica le mie parole».
Cochetel vorrebbe nascondere la sua visione colpevolizzante dei migranti (e delle loro famiglie) dietro la frustrazione per le vite perse e l’impunità dei trafficanti di esseri umani, ma i problemi dell’agenzia umanitaria dell’ONU vanno oltre le scuse inadeguate del francese, come denuncia quotidianamente l’account Twitter Refugees in Libya.
📃Insieme ad altre organizzazioni, Mediterranea chiede le dimissioni dell'inviato speciale #UNHCR @cochetel.
È inaccettabile l'accusa rivolta alle madri di essere la causa della scomparsa dei loro figli in mare!@Refugees #CochetelResignhttps://t.co/hOrG2ZqExh
— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) September 9, 2022
Uno degli episodi più drammatici è avvenuto tra ottobre 2021 e gennaio 2022. Per oltre 100 giorni circa duemila rifugiati si sono accampatati davanti agli uffici dell’UNHCR di Tripoli per chiedere alla comunità internazionale l’evacuazione verso un luogo sicuro. Nessuno ha ascoltato la loro disperata richiesta d’aiuto e l’11 gennaio le milizie locali, nell’indifferenza generale, hanno sgomberato il presidio e arrestato centinaia di persone che sono state ricondotte nei lager libici.
Il diritto alla mobilità è un diritto negato. Non solo in Libia. In Italia per smontare la gestione fallimentare dei processi migratori andrebbe innanzitutto abrogata la legge numero 189 del 30 luglio 2002, la cosiddetta Bossi-Fini. La normativa che regola l’immigrazione nel nostro paese in vent’anni ha creato irregolarità, marginalità sociale e sfruttamento. Una situazione ulteriormente peggiorata con l’approvazione durante il primo governo Conte dei “decreti sicurezza” di Salvini (senza dimenticare quelli Minniti-Orlando del 2017).
In queste settimane di acceso confronto politico il centrodestra ha confermato l’approccio emergenziale al fenomeno migratorio, rifiutandone il carattere strutturale. D’altra parte la retorica dell’invasione richiede proprio questo. Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Noi moderati puntano quindi sull’”usato sicuro” del contrasto all’immigrazione irregolare proponendo la reintroduzione dei decreti sicurezza modificati durante il governo Conte bis.
Il centrosinistra chiede l’abolizione o comunque il superamento della Bossi-Fini e l’approvazione di una nuova legge sull’immigrazione. Proposte verosimilmente destinate a cadere nel vuoto con una vittoria della coalizione di centrodestra data ormai per certa.