Lo scopo della festa è di farci dimenticare che siamo solitari, miserabili e destinati a morire. In altre parole, di trasformarci in animali. Per cui il primitivo ha un senso della festa molto sviluppato. Una bella fiammata di piante allucinogene, tre tamburelli ed ecco fatto: un niente lo diverte. Invece, l’occidentale medio arriva a un’estasi insufficiente solo alla fine di raves interminabili da cui esce sordo e drogato: non ha affatto il senso della festa. Profondamente consapevole di se stesso, radicalmente estraneo agli altri, terrorizzato dall’idea della morte, è del tutto incapace di accedere a una qualsiasi fusione. Tuttavia, si ostina. La perdita della sua condizione animale lo rattrista, ne concepisce vergogna e stizza; gli piacerebbe essere un festaiolo, o per lo meno passare per tale. È in una brutta situazione.
Che ci faccio con questi stronzi?
“Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18,20). Sta proprio qui tutto il problema: riuniti in nome di che cosa? In fondo, che cosa potrebbe giustificare l’essere riuniti?
Riuniti per divertirsi
È la peggiore delle ipotesi. In questo genere di circostanze (locali notturni, balli popolari, festini), che non hanno visibilmente nulla di divertente, un’unica soluzione: rimorchiare. Si esce allora dal registro della festa per entrare in quello di una feroce competizione narcisistica, con o senza opzione penetrazione (si ritiene classicamente che l’uomo abbia bisogno della penetrazione per ottenere la gratificazione narcisistica desiderata; prova allora qualcosa di analogo allo schiocco della partita gratuita nei vecchi flipper. La donna, il più delle volte, si accontenta della certezza che si desideri penetrarla). Se questo genere di giochi vi disgusta o se non vi sentite in grado di fare bella figura, un’unica soluzione: andarsene al più presto.
Riuniti per lottare (manifestazioni studentesche, raduni ecologisti, talk show sulle periferie)
L’idea, a priori, è ingegnosa: infatti, l’allegro collante di una causa comune può provocare un effetto di gruppo, un sentimento di appartenenza, addirittura un’autentica ebbrezza collettiva. Purtroppo, la psicologia delle masse segue leggi invariabili: si arriva sempre a un dominio degli elementi più stupidi e più aggressivi. Ci si ritrova dunque in mezzo a una banda di fracassoni sguaiati, persino pericolosi. La scelta è dunque la stessa che si presenta nel locale notturno: andarsene prima che ci scappi lo scontro, o rimorchiare (in un contesto qui più favorevole: la presenza di convinzioni comuni, i sentimenti provocati dallo svolgimento della protesta hanno potuto scalfire leggermente la corazza narcisistica).
Riuniti per scopare (locali per ammucchiate, orge private, certi gruppi new age)
Una delle formule più semplici e più antiche: riunire l’umanità su ciò che essa ha, in effetti, di più comune. Hanno luogo atti sessuali, anche se il piacere talvolta latita. È già qualcosa, ma è quasi tutto.
Riuniti per celebrare (messe, pellegrinaggi)
La religione propone una formula del tutto originale: negare audacemente la separazione e la morte affermando che, contrariamente alle apparenze, siamo immersi nell’amore divino mentre ci dirigiamo verso un’eternità beata. Una cerimonia religiosa, i cui partecipanti avessero la fede, offrirebbe dunque l’unico esempio di festa riuscita. Durante la cerimonia, alcuni partecipanti agnostici possono persino sentirsi pervasi da un sentimento di fede; ma rischiano poi una discesa penosa (un po’ come per il sesso, ma peggiore). Una soluzione: essere toccati dalla grazia.
Il pellegrinaggio, combinando i vantaggi della manifestazione studentesca e quelli del viaggio Nouvelles Frontières, il tutto in un’atmosfera di spiritualità aggravata dalla stanchezza, offre inoltre condizioni ideali per rimorchiare, un atto che diventa quasi involontario, addirittura sincero. Ipotesi estrema alla fine del pellegrinaggio: matrimonio + conversione. Al contrario, la discesa può essere terribile. Prevedere di far seguire subito un soggiorno UCPA con attività sportive sulla neve e sul ghiaccio, che si farà sempre in tempo ad annullare (informatevi prima sulle condizioni di annullamento).
La festa senza lacrime
Riassumendo, basta aver previsto di divertirsi per essere certi di rompersi le palle. L’ideale sarebbe dunque di rinunciare totalmente alle feste. Purtroppo, il festaiolo è un personaggio così rispettato che tale rinuncia comporta un forte degrado dell’immagine sociale. I pochi consigli seguenti dovrebbero permettere di evitare il peggio (restare soli fino alla fine, in uno stato di noia tendente alla disperazione, con l’impressione sbagliata che gli altri si divertano).
– Prendere bene coscienza in anticipo che la festa sarà inevitabilmente un disastro. Visualizzare esempi di fiaschi precedenti. Non si tratta per questo di adottare un atteggiamento cinico e disincantato. Anzi, l’accettazione umile e sorridente del disastro comune consente di arrivare a trasformare una festa fallita in un momento di gradevole banalità.
– Prevedere sempre che si rincaserà da soli e in taxi.
– Prima della festa: bere. L’alcol in dosi moderate produce un effetto socializzante ed euforizzante che resta senza reale concorrenza.
– Durante la festa: bere, ma diminuire le dosi (il cocktail alcol + erotismo diffuso conduce rapidamente alla violenza, al suicidio e all’omicidio). È più ingegnoso prendere mezza pastiglia di Lexomil al momento opportuno. Dato che l’alcol moltiplica l’effetto dei tranquillanti, si osserverà un assopimento rapido: è il momento di chiamare un taxi. Una bella festa è una festa corta.
– Dopo la festa: telefonare per ringraziare. Aspettare tranquillamente la festa seguente (rispettare un intervallo di un mese, che potrà scendere a una settimana in periodo di vacanze).
Infine, una prospettiva consolante: con l’età, l’obbligo delle feste diminuisce, la tendenza alla solitudine aumenta; la vita reale riprende il sopravvento.
Trad. Sergio Arecco
© 2022 La nave di Teseo editore, Milano