Giulia Massaglia e Stefania Caretta tengono gli occhi sul foglio bianco e li lasciano correre dietro al contorno di una matita che all’improvviso diventa il passamontagna più iconico della storia del fumetto. I loro disegni sono ora fughe rocambolesche, ora dichiarazioni d’amore sussurrate dopo un colpo milionario. Le due disegnatrici, che ormai tutti conoscono come “le Diabolike”, girano l’Italia per portare il re del terrore vicino al suo pubblico che da sessant’anni rimane fedele all’appuntamento in edicola per scoprire una nuova avventura. Durante gli eventi a cui partecipano è facile vederle impegnate in una specie di rituale fatto di movimenti possibili solo alle loro mani, in gesti che oggi hanno il compito di trasformare in immagini le storie nate dalla fantasia delle sorelle Giussani. Angela e Luciana nel mondo ultramaschilista del 1962 cambiano le regole con un’innovazione epocale: nel loro Diabolik, infatti, l’eroe protagonista e ancor di più l’eroina non sono buoni, anzi. Non solo sono cattivi, sono assassini.
Diabolik ed Eva Kant uccidono. Con il tempo poi il personaggio di Eva diventa sempre più indipendente anche dal compagno, a cui salva spesso e volentieri la vita. Angela Giussani, fondatrice della casa editrice Astorina, viaggia tutti i giorni in treno sulla tratta Milano – Saronno per recarsi da casa in redazione. Proprio tra attese e ritardi legge Fantômas e da quelle pagine immagina il personaggio di Diabolik, con i suoi occhi di ghiaccio, le sopracciglia inarcate e l’intelligenza sopraffina, che farà la fortuna della casa editrice dove Angela chiama anche la sorella Luciana a lavorare. Il primo numero esce il 1 novembre del 1962 e il fumetto va a ruba: che cosa mai racconterà mai quel libro che mette in copertina una donna terrorizzata sovrastata da due occhi minacciosi? Se lo chiedono tutti ancora oggi a ogni uscita. Da allora Diabolik è diventato un cartone animato, un film nelle sale cinematografiche con la regia dei Manetti Bros e da qualche settimana anche un podcast prodotto da Audible. Ma soprattutto continua a essere l’eredità di una squadra di donne che hanno iniziato una rivoluzione negli anni sessanta e che oggi non vedono l’ora di vedere dove le porterà. Ne abbiamo parlato con Giulia e Stefania, che ringraziamo per aver messo vicino due delle nostre cose preferite: Diabolik ed Eva con un numero di Rolling Stone tra le mani!.
Cosa rende Diabolik ed Eva così diversi nel panorama del fumetto italiano?
Spesso nei fumetti italiani il protagonista è un uomo o un gruppo di amici. In Diabolik invece questo ruolo è affidato a una coppia e la donna non è una fanciulla da salvare, ma colei che spesso tira il compagno fuori dai guai. Poi Diabolik è un antieroe, uccide a sangue freddo e senza alcun rimorso: riuscireste a trovare una caratteristica simile in un altro fumetto italiano?
Diabolik ha sessant’anni ma è uno dei fumetti più apprezzati in circolazione. Immagino che si sia evoluto con la società, come vedete il suo futuro?
Diabolik è rimasto fedele a sé stesso negli anni, anche quando intorno a lui il mondo cambiava. Già all’inizio era un personaggio fuori dalle regole del suo tempo, al punto che l’opera delle sorelle Giussani veniva considerata un esperimento di libertà, perché svincolata da tutti i limiti imposti a qualunque altro prodotto letterario dell’epoca. Poi nasceva dall’intuizione di due donne: questo fumetto è stato una rivoluzione su tutti i fronti. Oggi siamo purtroppo più preparati alla violenza e allo stesso tempo anche la sensualità femminile non scandalizza come succedeva negli anni sessanta. Insomma, Diabolik resta un’icona affascinante e soprattutto molto pop. Per questa ragione siamo convinte che l’anima della serie non verrà modificata, qualunque cosa accada. Saremo noi a cambiare piuttosto.
Cosa vi piace di Diabolik ed Eva e del modo in cui li disegnate?
Disegnare Diabolik ed Eva è molto difficile. Sono personaggi iconici e perciò devono essere trattati con attenzione, seguendo lo stile tracciato da Sergio Zaniboni (leggendario curatore delle matite sul re del terrore, ndr) senza adattarli troppo al proprio stile. Concedono poche libertà d’interpretazione: è un esercizio complicato stare dietro alla loro personalità. In ogni caso il nostro marchio di fabbrica sono le tavole ricche di dettagli.
Com’era la vostra vita prima di Diabolik?
Ci siamo conosciute lavorando nello stesso studio di disegnatori di Luigi Piccatto e per circa cinque anni abbiamo lavorato a Dylan Dog, Giulia come matitista e io come inchiostratrice. Poi abbiamo avuto la fortuna di entrare a far parte della famiglia Astorina.
Siete ormai conosciute come Le Diabolike. Cosa si prova nel sapere che Diabolik ha una storia nata dall’intuizione di una donna, Angela Giussani, e che continua attraverso il vostro lavoro?
Le sorelle Giussani hanno ideato un prodotto culturale innovativo nonostante i pregiudizi dell’epoca e i limiti che venivano imposti alle donne dalla società. Poi il fatto di essere noi stesse due donne ci fa capire quanto coraggio e forza fossero necessari. Tutto sommato però non metteremmo il fatto di essere una donna davanti a tutto: prima di ogni cosa siamo due professioniste e siamo orgogliose di avere una connessione con questa creazione che ha fatto la storia del fumetto.
Ci sono aspetti di Diabolik ed Eva che sentite ormai vostri?
Apprezziamo molto la loro complicità ed è un aspetto irrinunciabile nelle nostre relazioni. Per noi è sicuramente più facile immedesimarsi in Eva: crediamo di essere abbastanza decise nelle scelte che facciamo e attente verso gli affetti come lo è lei.
Nonostante sia considerato un “eroe negativo”, riconoscete in Diabolik principi che sono priorità del nostro tempo?
Diabolik è molto pragmatico, riesce sempre a ragionare e a risolvere i problemi senza farsi prendere dal panico. Dedicare più tempo a pensare prima di agire potrebbe essere un buon suggerimento per molti. E per quanto non sia propriamente uno stinco di santo agisce seguendo un suo codice e ama sinceramente la donna che gli sta accanto, mettendola in prima linea e affidandosi a lei in tante occasioni. Qualche uomo avrebbe da imparare.
E invece Eva che donna è?
Eva Kant è sensuale ma mai volgare, forte ma anche sensibile, capace di essere padrona della propria vita e complice dell’uomo che ama senza esserne succube. Insomma, sarà sempre un’icona da seguire e ammirare in qualunque tempo perché è un esempio positivo per le donne. Peccato che per vivere non faccia proprio un lavoro comune.
Come organizzate le vostre giornate e cosa significa sentirsi una squadra lavorando in coppia?
Le nostre giornate iniziano presto al mattino. Un tempo si lavorava anche di notte, poi da qualche anno ci siamo imposte di stare alla scrivania solo di giorno. La collaborazione con Stefania si basa sulla fiducia che poniamo l’una nell’altra. Io realizzo le matite delle tavole e lei le inchiostra libera di modificare ciò che ritiene opportuno. Discutiamo sempre insieme del risultato finale.
Cosa significa essere Le Diabolike nel panorama del fumetto italiano?
Beh, da grandi poteri derivano grandi responsabilità (ridono, ndr). Per esempio quella di non deludere le aspettative dei fan. Essere un duo ha di fatto i suoi vantaggi, ma non mancano i limiti. Per esempio a volte la gente ricorda solo il nostro nome di coppia artistica. E più in generale essere due donne a volte ti mette davanti a situazioni spiacevoli. Quando partecipiamo a qualche evento ci troviamo spesso a spiegare che siamo proprio noi le disegnatrici di Diabolik, e non le aiutanti di altri professionisti. L’idea che due donne possano disegnare fumetti sembra non convincere ancora tutti e capita di doverlo ribadire tra lo stupore di chi ci ascolta.
Perché il fumetto è capace di raccontare il presente?
Il fumetto è composto da tavole e testo, a volte persino solo illustrazioni. Viviamo nell’era delle immagini per eccellenza, in cui tutto deve riuscire a catturare l’attenzione immediatamente altrimenti non c’è storia. Il linguaggio fumettistico può pertanto far riflettere anche sui temi più complessi, e oggi finalmente si sta liberando del pregiudizio di chi lo considera solo una lettura per bambini. Inoltre il bello dei fumetti è che possono mostrarti tutto, passato, presente e futuro con estrema facilità: dopotutto basta una matita e l’immaginazione di chi la tiene in mano.
Quali sono i vostri punti di riferimento artistici?
Siamo cresciute con i manga giapponesi, fumetti capaci di farti sentire davvero legata ai protagonisti delle storie. Con gli anni abbiamo poi scoperto i grandi autori francesi. Considero (Giulia, ndr) Arzach di Moebius un capolavoro assoluto per l’elevazione del linguaggio fumettistico a vera e propria opera d’arte. In generale amiamo molto gli stili orientale ed europeo, nonché la scuola argentina. Siamo meno legate al mondo dei comics americani, pur ammirando alcuni disegnatori. Lo confessiamo: non ci piacciono molto le vite dei supereroi.
C’è spazio per altri eroi nel vostro cuore?
Prima di disegnare Diabolik ci occupavamo di Dylan Dog e continuiamo ad avere un debole per lui. Giulia invece ama più che altro le storie cupe con atmosfere esoteriche. Non a caso il suo sogno nel cassetto è di poter contribuire a qualche avventura di John Constantine di Hellbrazer, personaggio cinico e senza filtri, a volte decadente ma sempre molto onesto con sé e con i lettori.
Se doveste inventare una nuova avventura per Diabolik ed Eva, a cosa pensereste?
Ci piacerebbe disegnare una storia ambientata in Asia, perché ci permetterebbe di esprimere la nostra passione da lettrici di manga inserendo un linguaggio più dinamico e ambientazioni diverse dal solito.
Cosa c’è nel futuro delle Diabolike?
Giulia sta terminando il secondo albo di una nuova serie western che verrà pubblicata in Francia per la casa editrice Soleil. Il prossimo anno uscirà anche il suo quinto mazzo di tarocchi edito Lo Scarabeo edizioni. A me piacerebbe inchiostrare progetti in ambito videogame. Per Le Diabolike ci sarà sicuramente ancora Diabolik e chissà cosa potrà accadere ancora.