Dopo il ddl Gasparri sul concepimento e la personalità giuridica del feto, pensavamo di averle viste tutte. E invece no: il Parlamento più ultra–cattolico della storia repubblicana ha pensato bene di superarsi in inventiva, presentando un disegno di legge che propone di fornire un sostegno alla buona e vecchia famiglia tradizionale.
Come? Prevedendo dei bonus per le coppie che scelgono di sposarsi. Badate bene, però: stando al testo del disegno di legge depositato dai leghisti Domenico Furgiuele, Simone Billi, Ingrid Bisa, Alberto Gusmeroli ed Erik Pretto, questo vantaggio (un credito d’imposta fino a 20mila euro) potrà spettare soltanto alle coppie che sceglieranno di sposarsi in chiesa, abbandonando un rito eretico come quello civile.
In particolare, il bonus sarà utilizzabile «Per le spese documentate connesse alla celebrazione del matrimonio religioso, quali la passatoia e i libretti, l’addobbo floreale, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, il servizio di acconciatura e il servizio fotografico — così è scritto nel testo depositato — a decorrere dal primo gennaio 2023, è riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 20 per cento delle spese fino a un ammontare complessivo di 20.000 euro». La spesa per lo Stato, nella proposta di legge, è quantificata in 120 milioni per il 2023, 90 milioni per il 2024 e 85 milioni per il 2025.
La proposta analizza i numeri dei matrimoni civili che «pur avendo subito un calo consistente nei primi mesi del 2020, avevano già mostrato in piena pandemia una variazione negativa più contenuta rispetto ai matrimoni religiosi». Quindi sostiene che «la diversa intensità nella diminuzione dei matrimoni è riconducibile anche alle diverse tipologie di celebrazioni e festeggiamenti, nonché al livello di partecipazione che in genere contraddistinguono le tradizioni del nostro Paese». Insomma, è la sintesi dei parlamentari: «Le ragioni che allontanano le giovani coppie dall’altare e che le portano a prendere in considerazione solo ed esclusivamente il matrimonio civile sono molteplici e di natura differente. Innanzitutto il matrimonio civile è di per sé una celebrazione meno onerosa rispetto al matrimonio religioso».
Per usufruire del bonus, attraverso il sistema della detrazione fiscale, bisognerà soddisfare alcune condizioni essenziali: oltre alla necessità di pronunciare il fatidico «Sì» in chiesa, i promessi sposi dovranno avere meno di 35 anni, aver dichiarato un reddito non superiore a 23mila euro (complessivamente), essere in possesso della cittadinanza italiana da almeno dieci anni e (ovviamente) sposarsi in Italia.
E meno male che Zaia stamattina aveva prospettato una Lega quasi normale: “Basta battaglie di retroguardia”. Pronta la risposta della Lega romana e salviniana: lo Stato paghi 20mila a chi si sposa in chiesa. Altro che “libera Chiesa in libero Stato”, qui siamo ancora al Papa Re. https://t.co/l6Eno4F03w
— Mara Carfagna (@mara_carfagna) November 20, 2022
Travolto dalle prime critiche – come quella di Mara Carfagna, che commentando la proposta ha ironizzato sul fatto che il nostro Paese sia tornato al «Papa Re» – il deputato della Lega Domenico Furgiuele, primo firmatario della proposta di legge, ha spiegato che la proposta è «volta a incentivare il settore del wedding, che per questioni di oneri prevedeva un bonus destinato ai soli matrimoni religiosi, durante il dibattito parlamentare sarà naturalmente allargata a tutti i matrimoni, indipendentemente che vengano celebrati in chiesa oppure no». Retromarcia dettata dalle polemiche? Staremo a vedere.