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Ecco come siamo arrivati allo scontro tra Swifties e Ticketmaster

Un’analista politica dell’American Economic Liberties Project spiega come i due colossi Ticketmaster e Live Nation sono riusciti a stabilire un monopolio nell’industria della musica dal vivo. Rovinandola

Ecco come siamo arrivati allo scontro tra Swifties e Ticketmaster

Foto press

«Non c’è un bel modo per dire a dieci milioni di Swifties “non ci sono biglietti”», ha detto il Ceo di Live Nation Michael Rapino dopo il colossale fallimento della vendita dei tagliandi dell’Eras Tour di Taylor Swift. «Loro hanno detto la loro sui social e noi ci dobbiamo fare i conti ogni giorno».

La rabbia dei fan di Taylor Swift non è l’unica cosa con cui deve fare i conti Rapino. Mentre la sua piattaforma non riusciva a gestire l’incredibile domanda di biglietti, si è saputo che il Dipartimento di Giustizia americano ha aperto un’indagine antitrust su Live Nation. Questo per la gioia dei fan che hanno passato ore, se non giorni, in fila online per comprare biglietti per i quali si erano pre-pregistrati, per poi venire buttati fuori dalla piattaforma o vedere quegli stessi biglietti raggiungere prezzi incredibili sul mercato secondario, anche 20 mila dollari l’uno.

Gli Swifties non si sono lamentati solo sui social. Hanno spedito decine di migliaia di lettere al Dipartimento di Giustizia come parte della campagna dell’American Economic Liberties Project, presso cui sono Senior policy analyst, per combattere il monopolio di Ticketmaster. Già in passato fan estremamente motivati e proprietari di locali indipendenti hanno chiesto al governo di fermare gli abusi di Live Nation/Ticketmaster. Potrebbe essere la volta buona proprio grazie all’attenzione creata dal caso Swift, che non è che l’ultima prova dell’abuso di posizione dominante di Live Nation/Ticketmaster. Dalle superstar globali agli artisti indie, tutti possono testimoniare di avere perso forza e denaro a causa del controllo esercitato dai due colossi.

Non è stato sempre così. Prima degli anni ’90 il prezzo medio dei biglietti nelle grandi città degli Stati Uniti era sotto i 20 dollari e i locali che ospitavano i concerti erano indipendenti. Nel 1991 Ticketmaster ha acquisito uno dei suoi maggiori competitor, Ticketron. L’allora Ceo Fred Rosen stimò che un terzo della crescita dell’azienda era dovuto ad acquisizioni come questa, grazie alla quale Ticketmaster ha acquisito il controllo del 90% del mercato della vendita dei biglietti, una quota stratosferica che annullava ogni possibilità di competizione sul mercato.

Nel corso del decennio Ticketmaster è diventata talmente potente da spingere gli artisti a protestare. I Pearl Jam, in particolare, hanno cercato di fare le cose a modo loro. Il loro sforzo ha dato il via a un’indagine dell’antitrust che però è caduta nel vuoto, lasciando al gruppo la sola possibilità di adeguarsi al monopolio di Ticketmaster.

Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio dei 2000, Live Nation, che all’epoca si chiamava SFX Entertainment, rafforzava la sua posizione nel mercato dei concerti e degli eventi. I promoter erano tradizionalmente piccole imprese indipendenti su cui le scene locali potevano contare. SFX (Live Nation) ha cambiato le cose. Dal 1996 al 1999 ha speso 2 miliardi di dollari per comprare le società degli organizzatori indipendenti. Quando è stata comprata da Clear Channel Communications controllava oltre 130 sale da concerti negli Stati Uniti.

L’accelerazione del processo, che a un certo punto ha visto 20 acquisizioni in meno di un anno, non ha lasciato scelta al Dipartimento di Giustizia se non di aprire un’altra indagine antitrust, che però è finita nel nulla. Col risultato, per dirla col giornalista Dave Marsh, «che una sola compagnia, Clear Channel, controlla sostanzialmente tutte le sale da concerto e i promoter d’America».

Ticketmaster e Live Nation sono riusciti nei successivi otto anni a controllare il mercato degli eventi dal vivo, la prima società lato sbigliettamento, la seconda lato locali e organizzazione dei concerti. Tra il 1996 e il 2003, il prezzo medio del biglietto per un concerto negli Stati Uniti è salito dell’82% (a fronte di un indice dei prezzi al consumo che ha fatto segnare un +17%).

Proprio come ci si aspettava, Ticketmaster ha stretto un accordo di esclusiva con Live Nation inaugurato quando quest’ultima si chiamava SFX. La partnership ha garantito a Ticketmaster un enorme ritorno economico. Ma nel 2008 Live Nation ha intravisto la possibilità di tagliare fuori Ticketmaster dal mercato della vendita dei biglietti per i propri tour. Perché mai lasciare ad altri una fetta della torta che poteva tenere per sé? Quando, nel gennaio 2009, è scaduto il contratto con Ticketmaster, quest’ultima ha visto scendere gli introiti del 78%.

Per riguadagnare potere, Ticketmaster ha acquisito la società di management più grande d’America, Front Line Management, rafforzando il proprio potere contrattuale. Nel giro di pochi mesi le due società hanno deciso che era più conveniente mettere in piedi un sistema comune, annunciando la fusione. Si realizzava il sogno di Rapino di trasformare Ticketmaster nell’equivalente musicale di Amazon.

Tutti, artisti, locali, promoter e altri servizi di vendita dei biglietti sapevano che la fusione significava la fine della competizione nel settore dell’intrattenimento dal vivo. «Organizzano i concerti, vendono i biglietti e il merchandise, sono agenti e manager degli artisti: controllano tutto», disse Jerry Mickelson, comproprietario di Jam Productions. Si è espresso all’epoca anche Bruce Springsteen, scrivendo che «l’unica cosa che peggiorerebbe per i fan la situazione dei biglietti è un sistema unico messo a punto da Ticketmaster e Live Nation» (di recente, il sistema di dynamic pricing di Ticketmaster ha creato non pochi guai ai fan di Springsteen).

Nonostante la grida di protesta, la guardiana numero uno dell’antitrust dell’amministrazione Obama, la vice procuratrice generale Christine Varney, non ha bloccato la fusione, ma ha negoziato un decreto che forzava le due aziende a fare piccoli disinvestimenti, concedere la licenza dei propri software per la vendita dei biglietti, promettere di non procedere a ritorsioni. Varney ha detto che il decreto «rafforza l’antistrust usando il bisturi, non il martello». Stando al Dipartimento di Giustizia, Live Nation ne ha ripetutamente violato i termini. 

Fan, artisti e proprietari di locali indipendenti stanno subendo le conseguenza di quella fusione, ovvero continui aumenti dei prezzi dei biglietti, spese aggiuntive che lo stesso CEO di Ticketmaster considera indifendibili, mancanza di una vera assistenza clienti, sempre meno locali indipendenti, sempre meno aiuto a piccoli e medi artisti. E zero ricorsi quando Live Nation e Tickemaster agiscono in modo scorretto.

Succede perché la società formatasi dalla fusione può raggruppare offerte o rifiutare servizi se gli altri player non ne accettano le condizioni. È probabile che le piccole e medie band si trovino a suonare in locali controllati da Live Nation. Saranno quindi costrette a vendere la maggioranza dei biglietti attraverso Ticketmaster, anche nel caso abbiano un altro servizio di biglietteria che offre i suoi servizi senza costi aggiuntivi. Se essere un musicista è diventato logorante lo si deve principalmente a questo. Per la maggior parte degli artisti che non hanno il potere di Taylor Swift, non c’è modo di vivere senza tour. Secondary ticketing, accesso obbligato a certe venue, impossibilità di controllare il prezzo finale per i fan: non somiglia a un tentativo di estorsione?

I fan di Swift non disperino. Grazie al loro attivismo, unito al lavoro svolto in passato da altri gruppi, artisti e fan operano in un ambiente meglio regolamentato. Il numero uno dell’antitrust del Dipartimento di Giustizia, Jonathan Kanter, è critico circa l’approccio usato in passato dall’agenzia e sta provando a rafforzare l’antitrust a livello federale. Non c’è da stupirsi che la sua agenzia abbia già iniziato ad investigare su Live Nation/Ticketmaster.

Membri del congresso, da Alexandria Ocasio-Cortez alla senatrice Amy Klobuchar, che siede nel sottocomitato antitrust del Senato, si sono espressi circa i danni causati da Live Nation/Ticketmaster e stanno chiedendo «misure correttive strutturali», il termine tecnico che significa forzare un’azienda a smembrarsi e disinvestire in modo da ristabilire la competizione nel mercato. Vari procuratori generali hanno aperto investigazioni, un primo passo verso l’apertura di cause che potrebbero costringere la società a cambiare il proprio modello di business.

Per ribattere ai precedenti interventi del governo, Live Nation/Tickemaster ha adottato argomenti solitamente utilizzati dai monopolisti, dicendo che la sua dimensione aziendale assicura prodotti di livello superiore e prezzi bassi. Chiunque abbia dato un’occhiata ai costi extra imposti da Ticketmaster la pensa diversamente. Ticketmaster ha anche testato alcuni di questi ragionamenti in un tweet e in un post sul proprio blog pubblicato a tarda notte dopo il flop della vendita dei biglietti di Swift. È stato subito cancellato e ripostato con un linguaggio più vago. Gli Swifties non se la sono bevuta e hanno risposto al tweet, e pare improbabile che se la beva l’antitrust.

Ci aspetta una lunga attesa dovuta ai tempi di attivazione dei meccanismi governativi, ma l’impressione è che i leader di oggi non vogliano ripetere gli errori fatti da quelli di ieri credendo alle promesse del gigante Live Nation/Ticketmaster. I fan si stanno mettendo alle spalle anni di pandemia e vogliono finalmente vedere dal vivo i loro artisti preferiti e perciò la richiesta di avere un mercato che funzioni correttamente potrebbe creare una pressione politica tale da far sì che l’antitrust non dimentichi per chi lavora.

Come ha detto l’ex proprietario di Ticketron Abe Pollin, «la competizione è ciò che rende grande questo Paese». Non ci resta che sperare che i regolatori ci lascino sperimentare questa grandezza.

Krista Brown è Senior policy analyst presso l’American Economic Liberties Project. L’articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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