L’elenco dei fatti serve a poco, niente. La lista infinita degli sconquassi idrogeologici, delle specie estinte e delle anomalie atmosferiche non impressiona più nessuno. Lo shock dura lo spazio di un’indignazione, schiacciata tra la trafila quotidiana e tutta la precarietà della vita di ogni giorno. Poi, l’orrore esistenziale evapora alla luce della più pura dissonanza cognitiva.
Siamo onesti: è una reazione sensata. È deprimente avere a che fare con la crisi climatica e con il declino generale della biosfera, sono d’accordo anch’io, viene in fretta voglia di passare oltre. Non possiamo davvero gestire questo carico di ansia e mancata lungimiranza di specie. Dobbiamo già fronteggiare guerre ed epidemie, il nuovo CEO di Twitter e persino Harry & Meghan. Preoccuparsi della desertificazione, degli ecosistemi in pericolo, dei migranti climatici che saremo o della crisi idrica a venire è un compito improbo.
E, in effetti, sembra proprio che la maggior parte di noi la pensi allo stesso modo (anche su Harry & Meghan, probabilmente). Pare proprio che, nonostante il parere in genere concorde dell’ambiente scientifico-accademico, il pubblico non voglia o non sappia affrontare la questione. Che magari non lo capiamo neanche, questo fantomatico cataclisma ambientale, e di certo non abbiamo voglia di metterci a studiare l’abecedario della nostra estinzione.
Può darsi che sia un problema di comunicazione. O, piuttosto (e come confermato a più riprese), la nostra specie non è particolarmente portata per l’autocontrollo, nemmeno quando si tratta della propria sopravvivenza. Tuttavia, visto che comunque tocca porre rimedio ai nostri errori e ai danni prodotti, conviene trovare un modo per convogliare al meglio il messaggio e per raccontare a quanta più gente possibile come stiamo rovinando l’unica Terra che abbiamo.
Bisogna riuscire a spiegare con empatia e coinvolgimento, nonché una buona dose di praticità, come diavolo stiamo riducendo questa nostra crosta terrestre e perché ci stiamo complicando così tanto la vita. Come riuscirci? Visto che ci si stanno cimentando persino le Nazioni Unite, proviamo con dieci videogiochi che, in un modo o nell’altro, trattano, narrano, indulgono e immaginano il collasso ambientale e le sue conseguenze.
1
Doveroso primo posto per uno tra i successi più inattesi dell’anno. Con la complicità del bel musetto del protagonista, questo gioco ha infatti scalato classifiche e preferenze dei giocatori. Lo ha fatto a forza di meme e reazioni indotte proprio nei felini domestici, comparsate sulla CNN e inaspettate conversioni tra le persone meno propense a dedicarsi ai videogiochi. Sono decine i video dove campeggiano gatti che cercano di interagire con lo schermo, così come sui social sono molteplici le reazioni squisitamente entusiaste di chi prima non reputava degno d’attenzione il cosmo videoludico. La carineria dell’insieme e le meccaniche piuttosto semplici bastano solo in parte a spiegarne il successo, tanto più che tutto è ambientato in un mondo dove la specie umana è… be’, estinta. In sostanza, pare proprio che molti tra noi abbiano voglia e bisogno di fusa e prospettive post-umane.
2
Podio meritatissimo per il lavoro senza fine di Paolo Pedercini e le sue mille declinazioni videoludiche. Il lavorio filosofico, ludico e politico di Molleindustria ha quasi sempre regalato un impianto critico originale, meccaniche spesso inattese e impreviste, significati tutti da cogliere nell’atto stesso del giocare. Lichenia è “un city builder per l’Antropocene” e per “creare habitat umani nel bel mezzo del caos climatico”. Nostro compito è quello di osservare e manipolare un inquinatissimo paesaggio in prospettiva isometrica. Non c’è niente e nessuno a guidarci, se non la nostra capacità d’interpretare i sistemi complessi e non lineari e le dinamiche sottese a questo mondo. Lo giochi gratuitamente e ti fa provare tutta la frustrante complessità di un mondo che abbiamo deciso di ignorare.
3
Senza ombra di dubbio questo gioco non fa molto per nascondere la sua vocazione al risveglio delle coscienze. Sottotitolato “L’estinzione è per sempre” e con claim tipo “Eco-Concious Survival Adventure”, quest’avventura dichiara da subito qual è il fulcro del suo discorso. Lo fa mettendoci nei panni di una volpe in procinto di partorire, per poi imporci di tenere in vita lei e la cucciolata, seguendone la storia. L’impostazione è quella di un’avventura a scorrimento orizzontale dai tratti survival, con una mappa relativamente ampia e una netta divisione tra le sessioni diurne e quelle in notturna. I nostri protagonisti possono affidarsi all’olfatto e a qualche altra skill per trovare cibo (si tratti di prede o di scarti) ed evitare i predatori. Ma su tutto vige la minaccia indotta dall’essere umano, un pericolo sbattuto in faccia a ripetizione e senza alcuna remora. L’endling, per la cronaca, è l’ultimo membro di una specie in procinto di diventare estinta. A causa nostra.
4
Cosa succederebbe se dovessimo fronteggiare una nuova glaciazione? Secondo questo gioco, probabilmente finiremmo per rinchiuderci in comunità che sopravvivono grazie a titanici generatori funzionanti a carbone. E non è nemmeno la parte peggiore. Come sorta di ibrido tra city builder, survival game e gestionale, Frostpunk riesce nell’impresa improba di farci sentire tutto il peso dello scontro tra i nostri sistemi valoriali e l’etica da mettere in campo quando si palesa la fine del mondo. A più riprese dobbiamo infatti scegliere chi salvare e chi sacrificare sull’altare della sopravvivenza di specie, quale nuova legge liberticida far passare e quanta propaganda diffondere. Non a caso, una delle meccaniche principali riguarda i modi in cui mantenere alta la speranza. Quando il vento gelido del collasso ambientale soffia impietoso, la società spegne la morale.
5
Will Wright è il creatore di uno tra i giochi più importanti di sempre, cioè SimCity, nonché quell’altra pietra miliare che risponde al nome di The Sims. Cosa poca risaputa, dopo il successo ottenuto con il suo simulatore di città, Wright ha dato vita nel 1990 a questo strano titolo, dove si controlla addirittura l’evoluzione di un intero pianeta. Ancora più bizzarro, al gioco ha lavorato in qualità di consulente James Lovelock, scienziato inglese noto per aver formulato (in parte insieme a Lynn Margulis) l’Ipotesi Gaia. Per molti versi, tutto sembra rispondere a un approccio decisamente pionieristico per i tempi, dove chi gioca deve confrontarsi con i sistemi complessi e può modificare la temperatura e la pressione atmosferica del pianeta, oltre alla velocità della deriva dei continenti, il tasso di riproduzione ed evoluzione delle forme di vita e molto altro. Un misconosciuto capolavoro, niente di meno. Che non a caso parlava già di riscaldamento globale e di rischio d’estinzione di massa.
6
Anche per l’altrettanto celebre creatura di Sid Meier a un certo punto è arrivato il momento di confrontarsi con l’implacabile realtà del cambiamento climatico (benché con una buona dose di pratico cinismo). Questa seconda espansione di una delle versioni più riuscite di sempre di Civ introduce nel gameplay alcune meccaniche derivate direttamente dal cambiamento climatico e dalle sue conseguenze. Ad esempio, include la necessità di tenere d’occhio la propria produzione di CO2 ma anche l’entrata in scena di fenomeni imprevedibili quali siccità e tempeste improvvise, così come soluzioni relativamente innovative come le barriere anti-inondazione (chi ha detto MOSE?). Soprattutto, cerca di immaginare un mondo fatto anche di insediamenti su strutture pseudo-galleggianti, l’impiego di tecnologie per la cattura del carbonio, vasti parchi eolici offshore e via sognando di questo passo.
7
Qualche anno fa il mondo dei videogiochi è stato scosso dall’arrivo, surreale e contraddittorio, della morte; per la precisione, della permadeath. Titoli come Spelunky e i Soulslike hanno riportato al centro dell’attenzione la possibilità (o necessità) di scontrarsi ripetutamente con invalicabili ostacoli, nemici e meccaniche che portano ripetutamente alla prematura dipartita del proprio avatar. Il filone dei roguelite ha poi cominciato a spopolare, infettando titoli anche molto diversi tra loro. The Flame in The Flood non fa eccezione. La protagonista è una giovane ragazza affiancata da un cagnolino e alle prese con un panorama post-apocalittico flagellato da un’enorme alluvione. Viaggia su una zattera, rubando scampoli di vita. Il suo scopo è semplice: sopravvivere. Per farlo, deve curare elementi basilari per ogni essere vivente: la fame, la sete, la temperatura, l’alimentazione e dunque l’energia a disposizione del proprio corpo. In caso contrario, muore. Esiste una sintesi migliore del nostro futuro?
8
Simile al già citato Endling, i titoli della serie Shelter (a cui aggiungere anche il gioco stand-alone Paws e il curioso MMO Meadow) sono stati tra i primi a farci compiutamente incarnare nei panni di una mente non umana. Nel primo gioco, ci troviamo a rivestire i panni di un tasso, nel secondo quelli di una lince, nell’ultimo quelli di una matriarca, una elefantessa. In ognuno di questi casi dobbiamo dare vita, nutrire e proteggere la nostra cucciolata (o la mandria) di fronte a una miriade di potenziali minacce. Cerchiamo cibo, scampiamo a predatori, fuggiamo davanti a incendi o inondazioni. Per riuscirci al meglio dobbiamo affrontare una specie di mondo aperto e volatile a causa del cambio delle stagioni. Quello che è più importante, però, è che sfuggiamo alle regole di un mondo antropocentrico, per riscoprire una forma di empatia diversa, inedita, spesso straziante. Un esercizio immaginativo fondamentale se vogliamo imparare l’arte della convivenza.
9
Se all’apparenza può sembrare una specie di incrocio tra il mondo dei Pokémon e quello di Animal Crossing, l’estetica estiva e zuccherina di questo gioco conduce in realtà in ben altri territori. Scopo dell’omonima protagonista, una bimba in vacanza dai nonni in un’isola mediterranea, è quello di scongiurare la costruzione di un hotel di lusso a tutto svantaggio della riserva naturale locale e dei suoi abitanti non umani. Per riuscirci, deve raccogliere una miriade di firme, e per farlo deve convincere diverse persone. Come? A forza di buone azioni, sessioni di pulizia dell’ambiente, salvataggio di animali, catalogazione delle diverse specie, ritrovamenti di animali domestici, riciclo e via con ogni sorta di side-quest e piccoli, significativi, gesti. È un titolo carino, dolce e rilassante. Nonché un regalo e augurio perfetto per i più piccini. Piccole Greta crescono.
10
Il più recente del lotto, sfortunatamente è forse anche il gioco meno riuscito dell’elenco (o il più acerbo, se vogliamo considerare i miglioramenti all’orizzonte) e tuttavia ha qualche inattesa freccia al proprio arco. Anche in questo caso siamo alle prese con un city builder e ci troviamo in un mondo sfigurato dal cambiamento climatico dove l’innalzamento del livello dei mari ha drasticamente cambiato volto alla società. A farla da padrone, difatti, è la presenza di veri e propri clan di sopravvissuti, ognuno dotato di una sua cultura che lo contraddistingue dagli altri. Questo piccolo elemento porta in dote un importante elemento di critica, una caratteristica fondante che sintetizza appieno il gioco. In pratica, la domanda tra le domande: come conciliamo le nostre differenze e come lavoriamo insieme per far davvero ripartire il mondo?