Jordan Tinti, conosciuto nel mondo della trap italiana come Jordan Jeffrey Baby, ha tentato di togliersi la vita a causa delle condizioni insostenibili all’interno del carcere di Pavia, dove è detenuto in attesa di giudizio dallo scorso agosto dopo aver rapinato un 41 enne nigeriano alla stazione di Carnate, in provincia di Monza, assieme al collega Traffik – con l’aggravante di aver agito per odio razziale.
Secondo quanto ricostruito, le guardie carcerarie sarebbero intervenute appena in tempo per evitare il peggio. «È stato trovato appeso con un cappio al collo», ha detto Federico Edoardo Pisani, legale del giovane, in un’intervista a Fanpage. Pisani ha anche riferito che, da qualche giorno, Tinti sta «compiendo atti di autolesionismo» e di essere preoccupato per la salute mentale e fisica del proprio assistito.
Secondo l’avvocato, a pesare sarebbe soprattutto l’insufficienza di personale, reputato insufficiente rispetto al numero di detenuti presenti nella struttura: «Il mio cliente mi racconta di una situazione in cui c’è personale penitenziario sottostimato. C’è uno psichiatra per 600 detenuti e tre referenti del Sert. Tinti ha avuto difficoltà anche per avere copia della sua documentazione sanitaria», ha spiegato.
«Dopo essere stato rinviato da un ufficio all’altro, si è causato alcuni tagli sul corpo solo per averla. Gli dicevano infatti che sarebbe dovuto essere il suo avvocato a chiedere la documentazione. Al legale precedente, però, è stato detto di far fare la richiesta al detenuto. Insomma la situazione in cui vive questo ragazzo è al limite di sopportazione massima», ha raccontato ancora Pisani, che ha anche sottolineato la buona condotta del trapper e il suo essere ancora formalmente incensurato, trattandosi della prima esperienza detentiva.
Pisani ha poi reso noto il contesto familiare delicatissimo da cui Tinti proviene, parlando dell’assenza di sua madre e della grave invalidità con cui convive suo padre, e ha fatto sapere di aver richiesto di sostituire la misura cautelare del carcere con quella degli arresti domiciliari: «L’eventuale sostituzione della misura sarebbe utile anche per il padre, che non ha una mano a causa di un incidente sul lavoro e, di fatto, è obbligato a fare diversi chilometri per vedere il figlio».
Il giudice ha però rigettato la richiesta di revoca, ritenendo gli arresti domiciliari “meno afflittivi”. «Ora ho presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Milano e l’udienza è stata fissata il 3 febbraio», ha concluso Pisani.